La tenera lotta di Pierre, piccolo allevatore travolto dalla “mucca pazza”

In Cinema

“Petit Paysan” di Hubert Charuel è stata la scoperta degli ultimi César, l’Oscar francese, vincendo quello per la miglior opera prima e regalandolo anche ai suoi due ottimi attori, Swann Arlaud e Sara Giraudeau. Nella storia del protagonista Pierre c’è molto dell’infanzia del regista, trascorsa in una fattoria, e del presente di tanti giovani francesi, che lasciano le città per lavorare in campagna

Quando andiamo al cinema per vedere un thriller ci può capitare di assistere a un omicidio seguito dall’occultamento del cadavere. Ma cosa succederebbe se ad essere nascosto non fosse un corpo umano ma quello di un animale, che per di più pesa 700 chili e oltre? È questa una delle premesse alla base della pellicola francese Petit Paysan, diretta dall’esordiente Hubert Charuel. Pierre Chavanges (Swann Arlaud), un allevatore che trascorre le giornate a prendersi cura delle sue mucche, è poco avvezzo ai contatti con le persone: la sua routine sarà però interrotta dalla scoperta che una delle amate quadrupedi ha contratto un morbo letale, e per tale motivo le autorità potrebbero intimargli di sopprimere l’intera mandria. Da quel momento cercherà con ogni mezzo di salvarle, aiutato dalla sorella veterinaria Pascale (Sara Giraudeau), e spingendosi oltre i limiti della legalità.

Sin dall’inizio del film, a metà tra il thriller e il dramma sociale, appare chiaro che quello dell’allevatore è molto più di un semplice lavoro per Pierre: la fattoria è il suo mondo e le mucche la sua famiglia, tanto che per lui ucciderle sarebbe come uccidere un essere umano. Proprio per questo si occupa costantemente di ognuna di esse, puntando più sulla qualità che sulla quantità dei prodotti. Questo gli rende però difficile instaurare relazioni con altri umani, e infatti quasi tutti i suoi contatti col mondo esterno, tranne quando viene a trovarlo la sorella, avvengono tramite internet.

Ma Pierre non è solo questo: egli è anche un riflesso del regista Charuel, cresciuto in un’azienda agricola del nord-est della Francia, e nella quale è stato girato il film, tanto che nel cast troviamo i genitori e il nonno. “Quella del protagonista potrebbe essere definita come la storia che sarebbe capitata a me se non avessi deciso di dedicarmi al cinema”, spiega il regista, aggiungendo il ricordo di quand’era bambino e imperversava il “morbo della mucca pazza”. E di come tutto questo è stato vissuto dai suoi genitori: “Se ne parlava tantissimo in televisione, ricordo in particolare un giorno in cui ci fu un programma che sottolineava l’importanza di applicare il principio di cautela, per cui bastava che un solo animale della mandria si ammalasse per sancire la morte di tutti gli altri. Mia madre, guardando la trasmissione, disse: «se dovesse capitare a noi, io mi uccido»”. Così, al centro del film troviamo soprattutto un forte senso di ingiustizia nei confronti di decisioni prese dall’alto, che si mostrano incuranti della sorte dei piccoli allevatori.

Arlaud, che fino ad oggi era un attore poco conosciuto fuori di Francia, mostra qui un grande talento recitativo, e lo stesso vale per la Giraudeau: così si può dire che i Premi Cesar da loro vinti sono più che meritati (e anche quello per la Miglior opera prima vinto da Charuel). Regia e sceneggiatura riescono poi a immergere lo spettatore in un mondo poco trattato al cinema, e a suscitare empatia anche in chi non vive in campagna. Perché Petit Paysan è un film che tocca nell’animo lo spettatore, e merita di essere visto sia dal pubblico urbano che da quello rurale. E nonostante il dramma narrato, Charuel vuole lasciare un messaggio di speranza, legato al fenomeno per cui oggi molti giovani emigrano, in qualche modo al contrario rispetto al passato, dalle città alle campagne: “Ho incontrato dei giovani parigini, che prima lavoravano nel mondo della finanza e dell’economia, ma poi hanno mollato tutto per coltivare grani antichi. Spero non sia una moda passeggera, ma un tentativo autentico di trovare una nuova strada”.

Petit Paysan, di Hubert Charuel, con Swann Arlaud, Sara Giraudeau, Bouli Lanners, Isabelle Candelier, Valentin Lespinasse, Clément Bresson, Marc Barbé, Jean Charuel, India Hair, Julian Janeczko

 

 

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