Saranno in milioni a protestare contro il despota Trump la prossima settimana com’è già successo a giugno: unica arma per dire no ad una situazione nuova e terrificante di caccia ai migranti, compressione dei diritti e repressione di ogni dissenso
Qualche giorno fa ho visto un video raccapricciante. Un uomo latino americano stava guidando ed è stato fermato da due agenti ICE – United States Immigration and Customs Enforcement – che lo hanno tirato fuori dalla vettura e hanno tentato di ammanettarlo. Perché? Non si sa, probabilmente era un immigrato senza il permesso di soggiorno e gli agenti di ICE, il cui compito è di arrestare e deportare stranieri senza visto, criminali o membri di gang violente, ormai ogni volta che vedono una persona con il colore della pelle un po’ più scuro, lo portano via. Questo signore ha lottato con tutte le sue forze, cercando di scappare. La gente in mezzo alla strada ha cominciato ad insultare i poliziotti e a filmare la scena. Ad un certo punto, un poliziotto è riuscito a far cadere a terra il signore e si è messo a cavalcioni su di lui, come se fosse un animale. Intanto, attorno a questa scena agghiacciante sempre più persone urlavano disgustati dalla violenza a tal punto che, per paura di essere linciati, gli agenti si sono messi in macchina e sono scappati. Il signore si è rialzato e anche lui è scappato. A parte la scena, quello che mi ha colpito di più erano le sue urla di terrore, il suo volto sconvolto da quello che gli stava accadendo, il modo in cui i due poliziotti si sono lanciati sul suo corpo come se fosse stato quello di un manichino. È successo a Chicago, che recentemente è stata invasa da truppe militari mandate da Donald Trump, che descrive la città come “la peggiore del mondo”, benché il sito della Trump Tower di Chicago la descriva come bellissima, tranquilla, perfetta per i turisti. Descrizione che è stata tolta dal sito due giorni fa dopo che un giornalista l’ha letta durante il telegiornale.
Quelle immagini rappresentano gli Stati Uniti: l’uomo che viene attaccato è il simbolo di quegli americani, e sono tanti, che subiscono la violenza, il sopruso, il razzismo e il totalitarismo della polizia e cioè dell’amministrazione Trump. Poi c’è chi protesta e cerca di fermare queste ingiustizie. Questi ultimi vengono chiamati dall’amministrazione gli antifa, e cioè antifascisti e, secondo il neo dittatore, sono il gruppo terroristico nazionale più pericoloso degli Stati Uniti, allo stesso livello di Isis, Al Qaida, malgrado non esista un gruppo vero e proprio. Non c’è un leader, non c’è un’agenda, non c’è una sede. Antifa è l’ombrello sotto cui vengono messe tutte le persone contrarie all’amministrazione. In poche parole: chi è contro il regime è un terrorista.
Siamo messi così, qui in America, in una situazione nuova e terrificante: le città con sindaci democratici insediate dai militari; annullare i visti di chi è contro il presidente; tagliare i fondi delle università che non sono conformi all’ideologia dell’amministrazione; i giudici che si occupano di immigrazione licenziati perché invece di seguire la giustizia non seguono gli ordini dall’alto; i desaparecidos; il terrore di protestare; l’annullamento di servizi e organizzazioni per aiuti umanitari sia nazionali che mondiali; la vendita di armi a altri dittatori; il crollo di tutti quei valori conquistati per i diritti sociali, per una democrazia che ambisce a proteggere chi ha più bisogno. Un Paese potente, aggressivo e ottuso sta rimpiazzando velocemente quello di cui molti americani andavano fieri. Velocemente, dico, perché ogni giorno vengono prese decisioni sempre più gravi rispetto al presente e al futuro che non si riesce a star dietro ad ogni dettaglio e ci si sente così sopraffatti da rimanere come immobili, incapaci di reagire.
Io spero che prima o poi questa vertiginosa epoca dispotica si riesca a fermare. Spero che i responsabili di queste atrocità un giorno pagheranno davanti a un tribunale tipo Norimberga, in cui chi era convinto di essere dalla parte del giusto sia obbligato a capire di essersi fottutamente sbagliato. Ora come ora sembra impossibile che si arrivi alla fine di questa tragedia, ma malgrado tutto sono fermamente convinta che la giustizia prima o poi prevarrà. Nel frattempo, è essenziale non farsi intimidire, scendere in piazza, servirci dei nostri diritti per esprimere sdegno e opposizione. La risposta dei giovani (e non solo) italiani a ciò che è accaduto alla flottilla sia un esempio di civiltà anche per gli americani. Protestare significa mantenere viva la democrazia ed è l’unico mezzo che abbiamo per far sentire chiaro e forte il nostro dissenso. Sono state indette per il 18 ottobre manifestazioni in tutti gli Stati Uniti e l’organizzazione No Kings si aspetta un’enorme partecipazione. Speriamo.
Nel mio piccolo, la voglia di lasciare questo paese è ormai quasi difficile da domare: mio marito sta per ottenere la cittadinanza italiana e la speranza di trasferirci tutti in Europa sembra sempre più reale, ma sarebbe estremamente complesso. Luca, nostro figlio autistico a basso funzionamento, con la sindrome di Down e una forma acuta di epilessia, renderebbe questo trasferimento quasi impossibile. Forse è meglio stare qui e partecipare alla disfatta di Trump in modo attivo. Luca e Elio, nostro figlio trans, sono vittime di questo regime e il nostro dovere di genitori è quello di lottare, non solo per loro ma per tutti. Siamo innegabilmente sconvolti, terrorizzati, ammutoliti da quello che sta accadendo davanti ai nostri occhi, ma determinati e incazzati abbastanza da voler rimanere e partecipare a cambiare le carte in tavola.