Vincenzo Paonessa a Palazzo Brancaccio. Spazi neutri tra il reale e l’immaginario

In Arte

Fino al 5 ottobre è possibile visitare a Palazzo Brancaccio di Roma la mostra “Mappe e tracce – Spazi neutri” dell’artista Vincenzo Paonessa, organizzata da Numm Contemporary Art con i testi di Paola Artoni e Andrea Contin. Una mostra complessa e seducente in un contesto sospeso quanto le opere in mostra, le sale dello spazio ‘Africano’, Biblioteca del Palazzo, che ospitano piu’ di cento opere dell’artista calabrese che oggi vive e lavora a Mantova.

Joseph Cornell visse una vita appartata nel suo quartiere natale, un sobborgo di New York. Dedicò tutta la sua esistenza alla famiglia, e quando il padre morì si dovette occupare della madre e del fratello gravemente disabile, che non poteva uscire di casa. È commovente pensare che Cornell nei suoi assemblage, composti in scatole, raccolga dal mondo cittadino newyorkese una serie di oggetti e rifiuti che raccontano una parte della città stessa. Lui porta a casa ciò che la strada gli ha mostra facendo vedere al fratello Robert ciò di cui non potrebbe fare esperienza, creando una piccola New York a casa propria.

L’opening di “Mappe e Tracce” di Vincenzo Paonessa a Palazzo Brancaccio a Roma

“Volevo rappresentare una giornata comune di Joseph Cornell che parte da casa la mattina e percorre Manhattan alla ricerca di oggetti per comporre le sue opere”: questo racconta l’artista Vincenzo Paonessa di fronte alla sua opera J. Cornell del 2019, esposta nel cuore della mostra “Mappe e tracce” presso Palazzo Brancaccio a Roma. L’artista in un certo senso assomiglia e non assomiglia a Cornell. Non è stabile in un singolo luogo dalla nascita ma è in dialogo con due territori diversi, la sua terra natale, tra la Sila e lo Ionio, e Mantova, terra completamente diversa legata ai canali, alla nebbia e alla pianura. Nonostante ciò anche Paonessa ricerca oggetti e li assembla in opere, così fa per le seggiole prodotte con una serie di legni trovati sulla spiagge della Calabria o con le cartine acquistate in negozi o su bancarelle, che unite assieme creano dei luoghi nuovi, mai esistiti né esplorati.

L’opening di “Mappe e Tracce” di Vincenzo Paonessa a Palazzo Brancaccio a Roma

Le mappe di Paonessa però non sono soltanto assemblaggi, raccontano qualcosa in più. Il luogo non è solo immaginario, ma è come se la geografia venisse manipolata e rivoltata a piacimento dell’artista: le cartine vengono lavorate in vario modo, elementi vengono cancellati o aggiunti, vengono giustapposte
sezioni del mondo lontane tra loro, vengono creati confini non reali. L’altro fattore importante è che in alcuni casi le mappe vengono lavorate con ago e filo, con cui Paonessa crea percorsi immaginari, evidenzia, decora, scrive e compie qualsiasi tipo di azione sulla carta. Già prima di lui c’è chi cuce, o per meglio dire fa cucire, mappe e planisferi, Alighiero Boetti, ma nonostante quando si parli di mappe non sia possibile non citarlo, nulla di più diverso potremmo trovare qui. Mentre Boetti fa creare planisferi a imitazione di quella che è la realtà, Paonessa prende questa realtà e la rende sua, la trasforma, ne crea una nuova.

L’opening di “Mappe e Tracce” di Vincenzo Paonessa a Palazzo Brancaccio a Roma

La mostra è allestita in una parte di Palazzo Brancaccio che difficilmente sarebbe stata scelta, al di là della biblioteca, tutta in legno, con una luce calda e curata, l’ingresso alla mostra che accoglie la sezione “Spazi neutri”, dove sono esposte le opere più recenti, si delinea su una serie di pareti scrostate o stuccate appena, che danno un’idea di non finito e un leggero senso di disordine che entra in perfetto dialogo con le opere qui esposte. Sulle pareti troviamo nuovamente delle carte geografiche, in questo caso di Europa, Asia e Oceania ripetute per due volte. Abbiamo sia cartine politiche che fisiche, sia antiche che moderne, sulle quali viene dipinta una grande sagoma rettangolare o quadrata che oscura la quasi totalità del continente interessato. I colori sono molto accesi e creano un contrasto assoluto con quella che è la cartina, evidenziandone anche le imperfezioni e lo stato di invecchiamento. Analisi a parte merita una cartina dell’Oceania intitolata Sparire, in cui il colore applicato è lo stesso azzurro con il quale la cartina descrive la parte più profonda del mare. Così facendo è come se cancellasse parte dell’Australia e dell’interno continente, di qui il titolo. Inoltre questa è l’unica opera della serie sulla quale vengono applicati oggetti, nello specifico delle carcasse di animali, trovate sulle coste delle sue spiagge natali, e foglie.

L’opening di “Mappe e Tracce” di Vincenzo Paonessa a Palazzo Brancaccio a Roma

Ci sono due ulteriori sezioni della mostra molto suggestive: le mappe cosmiche e la riproduzione dello studio d’artista. Le mappe cosmiche rappresentano un modo ulteriore di dialogare con la rappresentazione della realtà, ma una realtà più sfuggente e più lontana dal concreto e quasi impercettibile. In questa sala Paonessa fa dialogare il cosmo con qualcosa di materiale, mappe di città ideali o di edifici realmente esistenti, realizzate in terracotta e dipinte di nero. Crea queste piante che molto devono all’influsso Mantovano, specialmente in dialogo con opere del Quattrocento, quando il mito della città ideale rinascimentale si fa forte. Tra le opere presentate spicca, la sezione del Tempio di Santa Maria della Consolazione a Todi, con una pianta centrale a croce greca e quattro absidi. L’opera disposta in verticale è quasi come fosse un crocifisso, nella sezione centrale presenta, al posto della struttura a base circolare della cupola, una mappa cosmica. L’artista spiega che con questa opera vuole rappresentare la struttura del Tempio stesso che spinge le sue fondamenta fino al cielo, in una strana unione tra suolo e cosmo.

L’opening di “Mappe e Tracce” di Vincenzo Paonessa a Palazzo Brancaccio a Roma

Infine, salendo le scale, si arriva nell’intimo di Paonessa, una ricostruzione del suo studio personale che, a detta dell’artista, è molto simile al vero. Qui una grande mappa cosmica, che da opera è diventata supporto di lavoro, è circondata da una serie di suggestioni: le foglie sulle pareti spoglie e grigie, le cartine accatastate negli angoli, alcune chiuse altre aperte… Opere in lavorazione, ad esempio le canne di bambù che in fondo trovano incastrate delle conchiglie, reinterpretazione di un’opera precedente che vedeva rami di alberi incastrati in capitelli a foglie d’acqua, una sorta di crasi tra la sua Magna Grecia e il paesaggio padano. Chiosa ideale di una esposizione variegata che riesce a racchiudere in uno spazio le note salienti di un artista complesso e sfaccettato, un “inquieto viandante” a metà fra il mare, i monti e la pianura, fra il passato e il presente, fra la terra e il cosmo, fra il reale e l’immaginario.

Vincenzo Paonessa, “Mappe e tracce” – Spazi Neutri, Palazzo Brancaccio, Roma, fino al 5 ottobre 2025

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