La vera storia di “Gola profonda”, che “tradì” il suo Presidente (Nixon) per non tradire il suo Paese

In Cinema

In “The Silent Man” l’ex giornalista e oggi regista Peter Landesman (che già aveva narrato le ore dell’omicidio Kennedy nell’ottimo “Parkland”) ricostruisce la figura del vicedirettore dell’Fbi Mark Felt (un perfettamente cupo Liam Neeson), uomo chiave del caso Watergate nel 1972-74: fu lui a passare al Washington Post le clamorose notizie che portarono alla caduta dell’amministrazione repubblicana

Se al cinema funzionasse come ai concerti, con le giovani band promettenti ad aprire le esibizioni live di artisti ben più titolati, The Silent Man verrebbe proiettato prima di The Post, Il Caso Spotlight, o dell’ottimo (e quindi ignorato) The Good Shepherd – L’ombra del potere di Robert De Niro, e nessuno avrebbe nulla in contrario. Presa da sola, ahimè, la pellicola di Peter Landesman è il classico film destinato a restare nelle sale italiane (quelle piccole) cinque o sei giorni al massimo, per poi sparire nel dimenticatoio forzato degli “avrei voluto e potuto, ma non mi hanno lasciato”: una trama intricata e mai banale, ottimi attori in ogni parte e un vago spirito di denuncia politica.

Certo, a essere onesti non è un film di cui si sentisse particolarmente il bisogno, tra la complessità di alcuni passaggi, le conoscenze richieste al pubblico in sala per non perdere pezzi a proiezione in corso e la scelta di una storia non proprio attuale (se non nel parallelismo un po’ forzato con gli screzi odierni tra Trump e Federal Bureau), per usare un eufemismo. E le vicende che nel biennio 1972-1974 portarono al crollo dell’amministrazione di Richard Nixon, in seguito allo scandalo Watergate, sono per certi aspetti già complesse se viste da fuori, figuriamoci se raccontate dal punto di vista del loro inside man per eccellenza, il vicedirettore, dell’epoca, dell Fbi.

Comunque The Silent Man riesce a essere un prodotto di nicchia, forse, ma interessante, orchestrato bene e recitato meglio. Innanzitutto perché la regia e la sceneggiatura dell’ex giornalista investigativo Landesman (Parkland, Zona d’ombra) spiegano soltanto lo stretto necessario, tralasciando toni troppo didascalici per concentrarsi su una cronaca a scatole cinesi, un claustrofobico gioco di intrighi e complotti dietro alle porte chiuse degli uffici governativi a stelle e strisce. Una scelta coraggiosa, che se da un lato sortisce l’effetto di confondere a più riprese lo spettatore meno preparato, dall’altro lo cattura irrimediabilmente, garantendone l’immedesimazione nell’accerchiato protagonista, un Liam Neeson ormai più che abituato al ruolo del “solo contro tutti”.

Proprio l’attore nordirlandese, gigante per statura, recitazione e curriculum, merita indubbiamente una menzione speciale per l’interpretazione che dà qui di “Gola Profonda”, quel Mark Felt, vicedirettore FBI che con la sua collaborazione con il Washington Post fu il vero deus ex machina delle dimissioni del presidente Nixon. Supportato da comprimari di assoluto spessore come Tom Sizemore e Diane Lane, è comunque il suo one man show, imponente, carismatico e mai eccessivo, a fare da fulcro all’ora e mezza (durata ideale, viste le caratteristiche di cui sopra) di pellicola. E nei rari casi in cui la macchina da presa volge l’obiettivo altrove, lo fa per mostrare stanze anguste, colori opachi e sguardi furtivi, a circondare e costringere il protagonista in una gabbia di segreti, bugie e sospetti verso tutto e tutti.

Non è un caso: tratto dalle memorie dello stesso Mark Felt, The Silent Man ribadisce l’eterna necessità, non soltanto americana, di un organismo imparziale e indipendente che controlli i controllori, anche a rischio di anteporre gli ideali alla ragion di stato. Così facendo, in parte rischia a tratti la beatificazione tutta hollywoodiana di un personaggio e di un ruolo comunque controverso, con tanto di immancabile (e sostanzialmente inutile) sottotrama familiare. D’altro canto, è innegabile che la centralità dell’ottima recitazione di Neeson, con il suo mix di tono compassato e mimica nervosa, finisca con l’avere la meglio sulle mancanze di una narrazione volenterosa ma acerba, rendendo se non altro giustizia al dissidio interiore di una figura integerrima costretta, per la prima volta, a tradire in nome di un bene più grande.

The SIlent Man di Peter Landesman, con Liam Neeson, Diane Lane, Tom Sizemore, Marton Csokas, Tony Goldwyn, Michael C. Hall

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