Sangue + dollari = sogno americano. L’ultimo capolavoro di Scorsese

In Cinema

In “Killers of the Flower Moon”, film n. 26 dell’80enne regista newyorkese, Robert De Niro e Leonardo Di Caprio incarnano una straordinaria coppia di caratteri. Complessi e malvagi, reali esempi e prototipi insieme della sanguinaria avidità di potere e denaro che sta nell’impasto fondativo dei moderni States. La ricchezza che arriva dal petrolio, l’implacabile volontà di sottrarla agli abitanti nativi, sterminandoli, l’idea di superiorità di una razza sulle altre; così Fairfax, Oklahoma, capitale negli anni 20 del Novecento della nazione indiana Osage, cade nelle mani del “progresso” dei bianchi

È un grande affresco storico, ma soprattutto un atto di riparazione, Killers of the Flower Moon, il nuovo film di Martin Scorsese, ambientato nell’Oklahoma dei primi anni 20 del Novecento e dedicato a una serie di delitti destinati a rimanere in gran parte impuniti. Ernest Burkhart (Leonardo DiCaprio) ha combattuto nella Prima Guerra Mondiale e torna nella nativa Fairfax ancora con la divisa addosso e negli occhi come un’ombra, un perenne senso di smarrimento, tra paura e diffidenza. E ottusità. Sì, perché Ernest non è molto intelligente e proprio per questo può trasformarsi nel burattino perfetto nelle mani di suo zio, il potente William Hale (Robert De Niro). Fairfax era allora la prospera capitale della Nazione Indiana degli Osage, un terreno che sembrava privo di qualunque valore economico e proprio per questo era stato concesso dal governo americano ai pellerossa, alla tribù degli Osage appunto, che si era ritrovata d’improvviso incredibilmente ricca, perché proprio lì sotto, in mezzo a quella terra brulla, era stato scoperto un immenso giacimento petrolifero.

Una ricchezza che ovviamente fa gola a molti, in primis a William Hale, che dietro l’immagine di allevatore tranquillo e uomo d’affari rispettabile, amico e difensore degli indiani, cela un’anima nera guidata solo dall’avidità. Come un grande burattinaio, zio Hale, detto il Re, muove le sue pedine. E prima di tutto convince Ernest a sposare Molly (Lily Gladstone), nativo-americana appartenente a una delle famiglie più abbienti di Fairfax. Ma intanto gli Osage cominciano a morire, di strane malattie, di consunzione, di improvvisi moti di malinconia che possono portare al suicidio. Muoiono per una rapina finita male, per un bizzarro scambio di persona, per un inconsulto atto di violenza da parte di uno dei tanti balordi che affollano la vivace cittadina e che ogni giorno sbarcano dai treni in cerca di fortuna. Continuano a morire, uno dopo l’altro – proprio come accade alle sorelle e alla madre di Molly – e le loro concessioni petrolifere passano di mano in mano, e come in una corrente inarrestabile finiscono nelle mani degli uomini bianchi. Nella totale indifferenza di ogni autorità, com’è ovvio aspettarsi, dal momento che il potere è in mano esclusivamente agli uomini bianchi.

Insieme allo sceneggiatore Eric Roth, Scorsese adatta per lo schermo il romanzo omonimo di David Grann (edito da Corbaccio con il titolo Gli assassini della Terra Rossa) ma prendendosi alcune libertà. In particolare, cambia il protagonista. Nel libro di Grann si tratta di un agente del Bureau of Investigation (allora appena nato e ancora privo della qualifica “Federal”) spedito in Oklahoma a indagare tra mille difficoltà e omertà. Nel film diventa Ernest Burkhart, un personaggio a cui Leonardo DiCaprio (in una interpretazione a dir poco magnifica) riesce a dare uno spessore e una complessità davvero notevoli. Ed è nella sua faccia da burattino stupido e crudele che vediamo riflesso il fondo nero di ogni storia di prevaricazione e violenza: nella sua ottusità venata di sentimento, nella sua debolezza che diventa rancore, nel suo essere venale ma soprattutto ignorante, nel suo amore per la moglie sincero nonostante tutto, peccato che entri in rotta di collisione con un amore altrettanto forte, quello per il denaro!

Anche Robert De Niro, naturalmente, è ampiamente all’altezza della sua fama, e regala al personaggio una sottigliezza e una consapevolezza di sé che brilla di una luce crudele proprio perché capace di giustificare qualunque delitto, qualunque disumana efferatezza con la convinzione del proprio diritto innato e assoluto a governare il mondo: legittimato dalla propria superiorità nei confronti degli altri, tutti gli altri (anche se qui ovviamente si parla di nativi-americani), inevitabilmente appartenenti a una razza inferiore che può e deve essere spazzata via.

Giunto al ventiseiesimo film, Scorsese torna ai suoi temi (e agli attori) più cari e ancora una volta si interroga senza paura sulla storia del suo paese, sull’avidità degli uomini, sulla violenza della conquista, sul sangue di cui è intrisa la terra e gran parte del “sogno americano”. Un affresco potente, dolente, feroce. Imperdibile.

Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese, con Leonardo DiCaprio, Robert De Niro, Lily Gladstone, Jesse Plemons, , Brendan Fraser, Tantoo Cardinal, Pat Healy, Louis Cancelmi, Scott Sheperd (II), Gary Basaraba, Tatanka Means, Sturgill Simpson, Michael Abbott jr., Jason Isbell, William Belleau

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