Disagio interiore della pop star Timi

In Teatro

Di Skianto convince tutto, dalla regia alle musiche, passando per la recitazione. Tranne il testo che non incide quanto i tacchi brillantinati del protagonista

Tre anni fa Filippo Timi, in un incontro con gli allievi della Civica Scuola di teatro di Milano, raccontava di dirigere i propri attori in prova intervenendo con incisivi e ripetuti «mi annoio!» in caso di azioni o scene poco riuscite. Penso che l’ottanta percento della sua cifra stilistica risieda proprio in questa esclamazione. Perché, indipendentemente dal registro o dal genere, i suoi spettacoli non annoiano, ma conquistano con scenografie, costumi, recitazione, inserti video e improvvisazioni ogni pubblico che affrontano.

Timi è un fenomeno, una pop star che non fa impazzire i ragazzini ma le madri, solitamente in crisi di mezza età, e anche buona parte del mondo dello spettacolo – nonostante alcune solite, elitarie ed esigenti voci fuori dal coro. È lui quell’emblema di personalità prorompente, attore abilissimo e modello di un kitsch affascinante che è forse quel restante venti percento del suo carattere teatrale. C’è chi dice che questo personaggio non sia riuscito, pare troppo caricaturale, e chi d’altra parte non solo lo apprezza ma lo venera, nonostante o in virtù del suo stesso essere «mezzo orbo, mezzo balbuziente e mezzo frocio».

Non c’è in Skianto solo una sostenuta attenzione dello spettatore, ma c’è del disagio. Un disagio interiore che è trasmesso dai forti contrasti dello spettacolo: luci stroboscopiche si alternano alle atmosfere cupe del cemento a vista delle pareti, monologhi su impossibilità di espressione e desiderio di morte sono bruscamente recisi da balletti e musiche assordanti. Non lo ritengo uno spettacolo sulla disabilità, quanto una necessità di riflessione sul malessere che ciascuno affronta quasi esclusivamente dentro di sé, da ragazzo come da adulto. Il monologo di Timi appare un fuggevole pensiero sulle difficoltà di relazione col nostro corpo e col mondo, perché spesso solo «dentro ero tutto un’acrobazia».

La regia, le musiche, l’eccezionale recitazione di Skianto sono molto efficaci, meno il testo che non approfondisce e non incide quanto i tacchi brillantinati di Filippo Timi. Lui riesce però a sedurre ancora con le immagini, le suggestioni e i suoi pattini a quattro ruote che emozionano più delle favole, che d’altronde «so’ ‘na cazzata».

“Skianto” di e con Filippo Timi, voce e chitarra Andrea Di Donna, luci Gigi Saccomandi, costumi Fabio Zambernardi

(Visited 1 times, 1 visits today)