Elezioni americane: il primo duello dal nostro salotto

In diarioCult, Weekend

Hillary ha vinto, noi però abbiamo sofferto, inveito o, al contrario, ci siamo chiusi in un silenzio nervoso guardando il dibattito tra lei e Trump. E quanto è lungo il mese che abbiamo davanti…

È stata la prima cosa uscita dalla bocca ancora impastata di sonno di Emma: «Sono agitata: stasera c’è il dibattito tra Hillary Clinton e Donald Trump! Posso stare alzata fino a tardi per vederlo?». L’ultima volta che mi aveva chiesto una cosa del genere è stata la Notte degli Oscar. E infatti l’evento di lunedì scorso è stato così un po’ per tutti gli americani, la serata in cui i due candidati hanno per la prima volta condiviso un palco.

Il fermento lo si sentiva dappertutto: sono andata a fare la spesa, per esempio, e il cassiere mi ha chiesto immediatamente se avrei seguito il dibattito. Notavo gente che comprava patatine, birra, snack perché in molti avevano organizzato il “Debate Party”. Agli americani, in generale, piace molto invitare amici a vedere eventi importanti alla televisione: famosi sono per esempio le mega feste per il Superbowl, che io cerco di evitare ogni anno. Ecco, la politica vista come uno show mi ha fatto un po’ pensare a come qui tutto possa in un certo senso diventare, in qualche modo, trash. Mi piace molto, lo ammetto, questo aspetto dissacrante, sdrammatizzante e quasi profano dei miei fellow Americans.

Emma torna da scuola con una maschera che aveva fatto di Trump che suda e con gli occhi preoccupati perché la Clinton, come dice lei, «lo schiaccerà sicuramente». Io, invece, accetto il consiglio di Giallo Zafferano e per cena propongo i saltimbocca alla romana, ma stasera si mangia presto perché poi c’è lo show. Dan, mio marito, lo vedo abbastanza provato: la sua espressione mi ricorda quella che aveva durante gli anni di dottorato, qualche ora prima di dare un esame importante. Sofia, che ha 17 anni e quest’anno segue un corso di storia contemporanea in cui studiano Putin, il genocidio in Ruanda e l’Isis, sembra anche lei particolarmente interessata alla seratona davanti alla TV. Luca, ventenne autistico, rifiuta i saltimbocca e si fionda sulle bistecche impanate che avevo preparato per lui in in caso di rifiuto.

Birretta, occhiali e un po’ di tensione: così mi presento io alle 20.30 quando la Cnn comincia a mostrare il conto alla rovescia dell’inizio del dibattito. E poi arrivano: lei, vestita di un rosso acceso che ricorda un po’ la rabbia e un po’ la sua forza e lui, con una cravatta di un blu sbagliato e la capigliatura che tutti tristemente conosciamo. Le regole del gioco vengono spiegate in modo chiaro e conciso dal giornalista: per ogni domanda ci sono 2 minuti per rispondere e poi venti minuti per discuterne. Vietato interrompere.

I primi venti minuti sono abbastanza preoccupanti. Lui sembra stranamente in ottima forma: parla di economia, di commercio come se avesse davvero delle proposte interessanti, spiazzando lei, che ovviamente se ne intende ma non vuole usare i termini populisti che tanto piacciono a lui. Si capisce che Hillary vuole mantenere un livello abbastanza alto della conversazione, e dare un’immagine presidenziale ai cento milioni di spettatori. Emma, che non ne capisce nulla di commercio, se ne va a letto, un po’ delusa. Poco dopo la segue Sofia, che deve finire i compiti. Pessimo segnale, anche in casa nostra.

Poi finalmente lui perde la calma e ritorna a essere il solito Trump: parla a vanvera, inizia un discorso ma non lo finisce mai, spiega fatti come se fossero veri, ma che sono fonte della sua immaginazione megalomane. Soprattutto, attacca: interrompe sempre, prende molto più spazio per parlare, sprizza testosterone da tutti i pori. E Hillary sta calma: sorride alla telecamera anche quando lui dice cose allucinanti, tipo che ha fatto bene a non pagare le tasse federali, perché non vuole sprecare i suoi soldi in quelle stupidaggini, o che non è vero che ha appoggiato la guerra in Iraq. Lei non lo interrompe, e quando è il suo turno, le bastano meno di due minuti per screditare ogni frase lanciata dal suo rivale. Io, lo ammetto, a questo punto sono in piedi che urlo al televisore: «Ma che cazzo stai facendo, Hillary? Perché non sei più aggressiva? Dai, mordi anche tu!». Ricevo messaggini da amiche femministe sconvolte dalla violenza di lui nei confronti di Hillary: «Ecco, la misoginia tipica dei fascisti! Povera Hillary», a cui rispondo: «Povera Hillary un cazzo: se non è in grado di dibattere con Trump, come farà mai a diventare presidente?». Insomma, il clima diventa difficile da gestire. Dan è sempre più cupo, e parla poco. Si apre un’altra birra.

Invece, alla fine, aveva ragione Hillary a non dire niente. Ha lasciato che lui si scavasse la propria fossa da solo: non ha certo bisogno di nessuno per fare la figura del fesso. Hillary invece ha mostrato cosa vuol dire essere presidenziali, diplomatici, razionali facendo semplicemente farci fare un confronto con l’ignoranza e la maleducazione di Trump. A un certo punto lei guarda la telecamera e dice: «Lo avete sentito bene, vero?», come dire: «Cosa vuoi che risponda a uno che non fa che insultare e dire fesserie?».

Ha vinto lei. Anzi no: ha stravinto lei. Spero solo che la capacità intellettuale di chi va a votare sia a un livello più alto rispetto a quella di Trump, ma ho ancora tanti dubbi in proposito: ce ne sono tantissime di persone come Trump, in giro, ignoranti, violenti e maleducati. La vittoria del dibattito di Hillary Clinton è senza dubbio un segnale di speranza, ma non rivela ancora nessuna certezza. Bisognerà aspettare ancora un lunghissimo mese prima di sapere com’è veramente questa America strampalata.

 

(Visited 1 times, 1 visits today)