Diario americano: l’ora di DeSantis

In diarioCult, Weekend

Ritratto del governatore della Florida che si candida alle primarie repubblicane e cerca di scavalcare a destra Trump. Ritratto di un’America che vuol fare strame dei diritti e odia il diverso

L’altra mattina mio marito si lamentava perché era stato svegliato dagli uccelli che, secondo lui, non facevano che cinguettare fuori dalla finestra di camera nostra. “Ma cos’avranno poi da dirsi di primo mattino”, mi chiedeva con i capelli tutti in aria e il viso ancora stropicciato di sonno. “Come fai a non sentirli?”

A parte il fatto che io non ho mai neanche sentito i miei tre figli piangere di notte, figurati gli uccellini pettegoli, non credo comunque che mi darebbero poi così tanto fastidio da lamentarmi di prima mattina. Malgrado il mio rapporto pessimo con tutti i volatili, di cui sono terrorizzata perché – e questa è la mia teoria – siccome sentono l’odore della mia paura, mi attaccano sempre, (“Cosa ne direbbe Freud?”, mi chiede Dan quando vuole fare lo spiritoso), forse mi arrabbierei per altre cose. Considerato tutto, pensa però che bella cosa di cui lagnarsi! Forse è un modo come un altro per non concertarci su quello che sta accadendo in questo strano Paese.

Ron DeSantis è il governatore della Florida e da qualche giorno uno dei candidati alle primarie repubblicane per la prossima corsa presidenziale. Repubblicano e bigotto, sta facendo una gara con Trump su chi riesce a dire e fare le proposte di legge o addirittura le leggi più restrittive per i cittadini che a loro non piacciono: la comunità LGBTQ, gli immigrati, o chi loro considerano i più deboli, tipo le donne.

Mentre a Trump piace “prendere le donne per la fica”, e cerca disperatamente di difendersi di fronte a chi lo accusa di atti di violenze sessuali nei loro confronti, DeSantis ha stabilito che nelle scuole non si possa parlare della storia della popolazione afroamericana perché non vuole che quelli bianchi si sentano in colpa. È un tipo così.

Ma la sua battaglia più feroce l’ha dedicata ai diritti per le persone LGBTQ: restrizioni dei diritti alla sanità per persone transgender; restrizioni da parte degli insegnanti, che non possono utilizzare la parola gay in classe per non incoraggiare alcun orientamento sessuale o identità di genere; divieto alle persone transgender di usare bagni pubblici creati per loro (sono obbligati a usare quelli del loro genere alla nascita); divieto ai ragazzi di partecipare a show pubblici che contengono anche implicitamente linguaggio o atteggiamenti che possano lontanamente essere rimandati alla comunità LGBTQ. È apertamente contrario a quello che qui si definisce woke beliefs, e cioè le ideologie contemporanee nate negli atenei americani virate a proteggere i diritti delle persone generalmente emarginate.

Ron DeSantis fa sul serio. Qualche giorno fa, Jenna Barbee, un’insegnante di quinta elementare della Florida, ha mandato a casa un foglietto di autorizzazione per poter mostrare ai suoi studenti un film della Walt Disney, Strange World. Sarebbe stato proiettato dopo un lungo compito in classe, così che i ragazzi potessero fare qualcosa di bello. Inoltre, ha scelto il film perché parla dell’ambiente, argomento che stavano studiando durante l’ora di scienze.

Gli studenti portano alla maestra il foglietto firmato dai genitori, fanno il compito in classe e, tutti contenti, si mettono a vedere il film e se ne tornano a casa. Uno dei ragazzini racconta alla mamma la trama del film e spiega che uno dei personaggi della storia ha genitori di etnia diversa ed è gay. La mamma denuncia la maestra presso il Dipartimento dell’Istruzione dello Stato della Florida e cominciano così le indagini. Il crimine sarebbe quello di indottrinare i ragazzi all’orientamento sessuale e all’identità di genere. La legge viene chiamata da noi critici “Don’t Say Gay”, cioè, non si può parlare dell’esistenza di persone gay.

Pur essendo una notizia che ha fatto scalpore, è stata quasi subito messa in secondo piano, come capita adesso con le sparatorie nelle scuole. Eventi drammatici ed estremamente preoccupanti a cui il popolo americano si è in qualche modo rassegnato, desensibilizzato. Questo è il terrore vero: il fatto che se ne parli con lo stesso tono con cui si annuncia il matrimonio di Ben Affleck e Jennifer Lopez.

L’anno prossimo ci sono le elezioni presidenziali. I candidati ufficiali sono Donald Trump e Joe Biden. Quest’ultimo è ormai troppo anziano per un altro mandato, che dura quattro anni: continua a fare gaffe, quando lo si guarda alla televisione si ha sempre paura che cada, o si faccia male, proprio come quando osserviamo le nostre mamme anziane. In un momento critico come questo, in cui la guerra in Ucraina, Putin e la Russia stanno portando avanti violenze e distruzioni e indirettamente coinvolgendo il resto del mondo, un Paese potente come gli Stati Uniti deve essere governato da una persona pronta a qualsiasi evenienza.

L’altro candidato, beh, si è già detto tutto e non è ancora abbastanza. Eppure, il 71% dei repubblicani sono pronti a votarlo ancora, insistendo sul fatto che tutti i crimini che gli sono stati imputati sono falsi. E ora vedremo che effetto farà sull’elettorato la candidatura DeSantis. Biden, intanto, ha la più bassa approvazione di tutti i tempi.

Ben vengano, dunque, gli uccellini che ci svegliano la mattina. Sicuramente anche loro stanno progettando una fuga da un Paese morbosamente contrario a fare in modo che i diritti siano uguali per tutti. Un Paese ideologicamente in ginocchio. Dovremmo, invece di lamentarci, seguire il loro esempio e andarcene, altro che dormire.

Dobbiamo solo capire dove: ormai neanche la Grecia è dalla nostra. 

Foto di Isabella Fischer/unsplash

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