Non sono un assassino

In Cinema

Il protagonista di “Tre metri sopra il cielo” e “Mio fratello è figlio unico”, ottimo comprimario in “Loro” di Paolo Sorrentino, trova un nuovo filone di interprete, il cinema noir: Netflix l’ha voluto come killer della “Milano da bere” in “Lo spietato” di Renato De Maria, mentre Andrea Zaccariello ne ha fatto un pezzo grosso della polizia indagato per omicidio – e per giunta del suo più caro amico, un giudice – in “Non sono un assassino”. Un buon thriller con Alessio Boni, Claudia Gerini, Edoardo Pesce

Un giudice (Alessio Boni) viene trovato morto nella sua casa di campagna, isolata tra i trulli pugliesi. L’ultimo a vederlo vivo è stato il vicequestore, nonché suo amico fraterno, Francesco (Riccardo Scamarcio), che diventa subito il primo nella lista dei possibili indagati. A difenderlo in tribunale sarà un amico altrettanto fraterno, Giorgio (Edoardo Pesce), da qualche tempo abbandonatosi all’alcol e a un amore all’apparenza non corrisposto. Non sono un assassino di Andrea Zaccariello accompagna lo spettatore in due viaggi paralleli grazie a giochi di flashback e colori (il passato è più luminoso del presente), senza mai distogliere lo sguardo da Scamarcio, praticamente sempre presente nella scena.

Lo scopo di questi passaggi è far conoscere il personaggio a chi guarda, cercare di entrare nella sua mente e in quella dei suoi amici, tutti conosciuti durante il periodo universitario, mentre studiavano legge. Ma chi ha ucciso davvero il giudice? Ci sono testimoni? E, se sì, sono credibili? Il film di Zaccariello (Ci vediamo domani) cerca di rispondere a queste domande mantenendo una linea di regia stabile, lineare, come a farci capire che i personaggi, in fin dei conti, non sono cambiati nel tempo, restano sempre gli stessi amici, come prima, amici per sempre.

Ancora una volta, luci e ombre della fotografia trasportano lo sguardo verso qualcosa di più grande, e forse le ricerca della verità, o della giustizia, dipende dai punti di vista. Va meno bene riguardo ai dialoghi, dove il racconto risulta essere ridondante, poco realistico e concreto. Prendiamo ad esempio il ruolo svolto da Claudia Gerini, ovvero l’avvocato della controparte: parla sottovoce, stancamente, e non si comprende come mai il suo personaggio sia così turbato da questo caso di cronaca nera. Sembra quasi che non voglia accusare Francesco, bensì difenderlo. Che i suoi ideali siano crollati? Non si saprà mai, se non guardando il film.

Un altro personaggio che si discosta dagli altri è l’avvocato difensore, il quale ha una storia a sé da raccontare, quella del suo amore non corrisposto, inutile e contorto contorno in una storia già difficile da seguire. Il giudice, infine, che è freddo, perentorio, a tratti felicissimo a tratti distrutto e sconsolato. In tutto questo mescolarsi di voci solo la verità fatica a farsi sentire, ad alzare la sua voce, così come la consapevolezza riguardo a cos’è giusto e cosa no.

Non sono un assassino però, certamente fa riflettere sullo stato attuale dei tribunali italiani, e su come viene gestita la legge: bisogna concludere tutto al più presto per passare al prossimo caso, perché quello dove è ambientato questo giallo è un paese piccolo, dove tutti conoscono tutti. Non si può che fare così. Senza entrare nei dettagli, o in qualche altra piccola incongruenza tecnica e di sceneggiatura, è un film da vedere, se non altro per la recitazione di Scamarcio. Che nonostante sia a a tratti fredda, quasi piatta, mostra la sua evoluzione di attore, passata da quando faceva il bricconcello in Tre metri sopra il cielo all’idealista di Mio fratello è figlio unico, e ora all’uomo risoluto, non solo nel film di Zaccariello ma anche in Lo spietato, un titolo di produzione Netflix, fresco di uscita, che lo vede protagonista.

Non sono un assassino, di Andrea Zaccariello, con Riccardo Scamarcio, Alessio Boni, Edoardo Pesce, Claudia Gerini, Sarah Felberbaum.