L’Heimat di Vinicio

In Weekend

Alta Iripinia, luoghi, facce, musica e vento nel lento e poetico andare de “Il Paese dei coppoloni”, film di Capossela sulle terre di origine che arriva dopo il libro ed è cerniera con il cd in uscita

Heimat. Questa è la parola chiave, per stessa ammissione di Vinicio Capossela nella microconferenza stampa post proiezione de Il paese dei coppoloni, film in programmazione martedì 19 e mercoledì 20 gennaio in molti cinema in giro per l’Italia (qui l’elenco completo)

Cosa vuol dire Heimat? In italiano una traduzione precisa non esiste. Non è casa, non è luogo natio, non è patria…è un luogo speciale, materno, dove si parla la lingua degli affetti. Per Vinicio questo luogo dell’anima, ma anche reale è la terra dove i suoi genitori sono nati e cresciuti, e che da piccolo ha visitato solo in forma di racconto orale.

Vinicio fa il narratore di un percorso molto personale e onirico, dove incontra e racconta mondi veri, ma visti con il suo occhio da ‘antropologo poetico‘, che mescola con dolcezza e genialità realtà e fantasie ambientate in Alta Irpinia e riprese con tatto e rispetto dal regista Stefano Obino.

Il film è parente stretto del libro, uscito lo scorso anno. Ed è cerniera naturale al nuovo cd di Capossela, che uscirà a marzo (Canzoni della cupa) e che riempie con le sue canzoni buona parte del racconto cinematografico. Suoni a metà fra le canzoni tradizionali di Calitri e dintorni e il vecchio west, quasi che Vinicio volesse raccontare queste “radici del sogno” dandogli un suono teoricamente fuori luogo (ci sono spesso strumentali blues con venature quasi country), ma in realtà perfettamente inserito nel contesto solitario e pieno di vuoto in cui si muove nel raccontare.

Le parole chiave del racconto, ripetute spesso dalla voce di Capossela, sono “Chi siete? A chi appartenete? Cosa cercate?” e la risposta che arriva sempre è quella di chi cerca musica e musicanti, per dare un senso a questo viaggio in paesi quasi abbandonati, dove l’assenza di chi se ne è andato non è mai stata riempita.

Case abbandonate dopo il terremoto degli anni ottanta, campi che hanno smesso di dare raccolti, voci e leggende di persone che resistono al tempo e alle mille crisi economiche… ma anche un’energia ancestrale, lenta ma presente. Vinicio trova poesia ed energia scovando trebbiatrici abbandonate che diventano macchine volanti, piuttosto che nei miti di quelle terre raccontati attraverso tradizioni antiche come quella di dare a chi si ama uno “storto nome”, ovvero un soprannome che racconta molto di più del nome vero. Per la cronaca, lo storto nome di Vinicio è “Guarramon”, chi vedrà il film capirà il perchè.

La narrazione del film è lenta, di quella lentezza necessaria a raccontare quelle terre e quel passare del tempo. Ma il film non ne risente più di tanto, anche grazie a qualche inserto live tratto dal concerto che Vinicio ha fatto proprio a Calitri per i suoi primi venticinque anni di carriera nell’estate del 2015.

Come sempre, straordinario poi è il cast, “l’ufficio facce” che Capossela trova e racconta con affetto e ironia complice, e che permette di (ri)scoprire realtà sconosciute e/o dimenticate. Tra le tante del “Paese dei coppoloni” va citato assolutamente Ciccillo di Benedetto, detto Cicc’Bennet, tenore dalle belle speranze infrante dalla storia che pero’ continua ad esibirsi con la sicurezza ignorante di chi è il migliore al mondo (e che proprio proprio il migliore non è…..)

Bel film, nel complesso. Cinematograficamente lento nella sua dolcezza, nel suo essere fedele al flusso narrativo di Vinicio, che fa pace con le sue terre di origine sognandole, scrivendole e poi omaggiandole con tante piccole cerimonie laiche – come quando brucia o bagna le pagine del suo romanzo restituendole alla terra – o come quando racconta con finezza e intelligenza la differenza fra sposalizio e matrimonio, mostrando con filmati d’epoca cosa voleva dire sposarsi in alta Irpinia nel secolo scorso.

Un western calitrano raccontato da un narratore che usa i suoi ricordi di infanzia per unire luoghi e volti, trasformandoli per noi spettatori in qualcosa di mitico.

Vinicio Capossela riscrive il suo mondo d’infanzia mancato facendolo diventare un altro pezzo del suo universo artistico unico e onirico. Se amate Vinicio, non potete perderlo.

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