Un profetico lockdown. Segue (forse) l’Apocalisse

In Cinema

Quattro registi e sei attori giovani raccontano in “L’Uno” una sorprendente storia scritta per il teatro quasi due anni fa e diventata incredibilmente attuale. La notte di Capodanno tre coppie attendono in uno scantinato, chiusi da mesi per un coprifuoco, la misteriosa entrata in azione di un oggetto non identificato che da mesi sorvola minaccioso la Terra. Ma succederà davvero qualcosa?

L’Uno, film di Alessandro Antonaci, Stefano Mandalà, Daniel Lascar e Paolo Carenzo, ora disponibile sulla piattaforma Chili, è nato come testo teatrale, andato in scena lo scorso anno e poi adattato per il cinema, ma prima della pandemia. Rivelandosi così un’opera profetica, con molti punti di contatto con la realtà cupa e destabilizzante che stiamo vivendo. È la notte di Capodanno del 31 dicembre duemila e non si sa, in uno splendido seminterrato di design dove abitano Marta (Elena Cascino), architetto in carriera, e Tommaso (Matteo Sintucci), studente di comunicazione. Al cenone saranno presenti anche Giulio (Stefano Accomo) con Claire (Anna Canale), la sua nuova fiamma francese, e Cecilia (Alice Piano), sorella di Marta, con il nuovo ragazzo (Carlo Alberto Cravino). Il paese vive un lockdown che può ricordare quello reale contemporaneo, tanto che non è permesso nemmeno lo scoppio dei fuochi d’artificio, anche perché, dalle ore diciassette, vige il coprifuoco serale.

Sembrerà strano ma si tratta di un racconto scritto meno di due anni fa, quando tutto questo poteva sembrare fantascienza e nessuno avrebbe scommesso un solo centesimo sul fatto che sarebbe potuto succedere davvero. In realtà nel racconto ci sono tante situazioni anomale, misteriose, non di immediata comprensione, quasi paranormali. In cielo è presente da quattro mesi una particolare formazione volante, chiamata l’Uno, la cui forma non è ben definita; c’è chi ci vede un cerchio, chi un’ellisse e chi un quadrato. In un pirandelliano Così è (se vi pare), si muovono sei personaggi in cerca non di un autore bensì di un colpo di scena, un cambiamento, una rivoluzione che però non avverrà mai. Perché come Vladimiro ed Estragone che aspettano invano Godot nell’opera di Beckett, anche i protagonisti di L’Uno attendono che questa entità sovrannaturale operi qualcosa di dirompente (sarà la fine del mondo?), ma senza restarne appagati.

Negli ultimi anni, il cinema ha spesso raccontato lo squallore e la miseria del genere umano rinchiudendo i protagonisti di un film all’interno della stessa stanza, per cuocere a fuoco lento le loro tensioni e fare poi deflagrare i conflitti. Ne sono un perfetto esempio Carnage di Roman Polanski e Cena tra amici di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte, ma anche Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese, a cui L’Uno strizza più di una volta l’occhio. Le pedine sono pronte al gioco al massacro e l’esperimento sociale si coniuga con la commedia, che detta il tono. Mentre le ore corrono verso la mezzanotte, il film asseconda l’esplosione delle tensioni, la dimensione claustrofobica, il terrore che tutto possa finire nel cuore della notte.

Ma cos’è l’Uno? Una minaccia da combattere, un compagno di viaggio, una nuova speranza? A dimostrazione dell’origine teatrale, il lungometreggio rispetta anche i più classici canoni aristotelici, mantenendo rigidamente l’unità di luogo, tempo, azione, ma rispetta insieme i moderni generi cinematografici, iniziando come commedia e continuando da farsa per finire come thriller paranormale, introspettivo; tutto compresso in poco più di novanta minuti. Il film si sfilaccia un po’ quando tira in ballo nuovi personaggi e le rispettive linee narrative, e si apre a una dimensione più arcana, non trovando sempre la voce giusta per definire i contorni di una paranoia. Resta tuttavia un oggetto interessante, sicuramente apprezzabile per lo spirito ardito e indipendente.

L’Uno, di Alessandro Antonaci, Stefano Mandalà, Daniel Lascar, Paolo Carenzo, con Elena Cascino, Matteo Sintucci, Stefano Accomo, Anna Canale, Alice Piano, Carlo Alberto Cravino

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