Teatro, passione civile

In Teatro

Al Teatro Franco Parenti arriva il tempo della passione per il “civile che è in noi”

Esistono momenti storici durante i quali chi era presente sentiva di essere attore dell’apertura di un nuovo orizzonte, della possibilità di un cambiamento reale. Se l’Italia ha conosciuto un momento simile, è stato senza dubbio il Sessantotto, di cui ricorre il cinquantennale. Una ricorrenza che il Teatro Franco Parenti non poteva esimersi dal celebrare, in un momento nel quale – chiosa la direttrice artistica Andrèe Ruth Shammah – più che mai in questi giorni il sentire collettivo di allora può essere un’utile misura per affrontare il presente.

Recuperando termini erroneamente considerati frustri, quali contestazione, o “passione civile”, che dà il titolo alla rassegna. Perché gli eventi di quei mesi siano ancora portatori di una lezione, tuttavia, è necessario che l’attenzione si orienti non solo alla memoria, ma al presente e alle sue caratteristiche peculiari. Un intento che trova applicazione evidente nella grande quantità di giovani – pur di già comprovato talento – che affollano il cartellone della rassegna, incarnando personalmente la realtà dell’oggi, di cui è simbolo il numero sempre più alto di seconde generazioni, portatori di concetti di cittadinanza e identità nuove.

Alberto Malanchino è uno di loro, italiano e burkinabè, ed proprio dal suo viaggio alla ricerca della propria famiglia africana e della “parte nera di sé” commenta il regista Maurizio Schmidt, che nasce Verso Sankara (dall’8 al 20 maggio, foto), attraverso cui arriva in teatro la figura del Che Guevara africano, Thomas Sankara, avvolta dal suono del percussionista griò Moussa Sanou.

Una vicenda individuale e collettiva insieme, quella del progresso portato in tre anni da Sankara, efficace apertura di una rassegna che sceglie di veicolare la riflessione attraverso le storie, le vite, “il civile che in noi”. Lo stesso col quale chiamano a confrontarsi due testi che portano nelle fabbriche.

Da un lato c’è Acciaio Liquido (foto in copertina), di Marco di Stefano, che rilegge la tragica morte di sette operai della Thyssenkrupp, nel dicembre 2007, per la regia di Lara Franceschetti e ben otto attori in scena (17-18 maggio) dall’altro Capatosta, (29-31 maggio) di Gaetano Colella, che immerge nelle viscere dell’Ilva di Taranto.

Il presente è tratteggiato attraverso vicende di cronaca e di dramma che può esplodere nel momento più inaspettato, come in Pioggia, di Marco Pezza, (23-25 maggio) che vede nel presente conflittuale il portato proprio di una passione civile ormai dimenticata. La stessa che invece animava Paolo Borsellino, omaggiato in Essendo Stato di Ruggero Cappuccio (15-20 maggio).

Il Sessantotto era però anche il tempo di slogan come “la fantasia al potere”. Ed è proprio la fantasia la cifra distintiva della costruzione del “jolie mai” che si sta per aprirsi nelle sale di via Pierlombardo. C’è spazio per l’arte in tutte le sue declinazioni: c’è “il delirio dissacrante” del cinema di quegli anni, da Carmelo Bene a Jodorowsky, e c’è la stand up comedy di Edoardo Ferrario.

Ma – soprattutto – a pervadere tutto lo spazio che il teatro lascia libero è la musica, a cui “il Sessantotto ha aperto le frontiere”. Musica di nostalgia e di rivalsa, come quella di Eleonora Bordonaro, che ritrova le voci antiche delle donne di Sicilia per raccontare le donne del presente.

Linguaggio moderno in un contesto classico: una cifra stilistica che trova la sua apoteosi nella nuova edizione di Electropark Exchange, che tra marzo e luglio porta nella sala grande la musica elettronica attraverso quattro serate di caratura internazionale, che ospiterà artisti provenienti dagli Stati Uniti e dal Canada, punteggiate da ben tredici workshop sulle tecniche della musica contemporanea, il linguaggio di chi ha oggi l’età dei ribelli di allora e che oggi è chiamato a dire la propria su quel momento storico. Il parare dei ragazzi, sarà reso noto in giugno, ma il sentore è che la percezione dei giovani sia quella di “un’utopia tradita”.

Di cui però resta la possibilità degli incontri. La stessa che si vuole provare a replicare in una notte da trascorrersi in tenda, ai Bagni Misteriosi, il 18 maggio. In attesa del concerto per Pianocity del maestro Andrea Vizzini, ma soprattutto aspettando l’alba, anche quella di un tempo nuovo che possa portare cambiamento, di cui il teatro vuole tornare ad essere agente.

(Visited 1 times, 1 visits today)