Pittori, siate infedeli!

In Arte

Una mostra, una storiella, e l’inizio di un possibile manifesto pittorico. Riflessioni profonde a partire da piccole mostre.

La galleria Monica De Cardenas ospita Sometimes my Eyes are the Eyes of a Stranger, personale del pittore rumeno Serban Savu (Sighișoara, 1978). Savu dipinge paesaggi antropizzati provenienti dalla sua Romania, ingrigita dal cemento del comunismo; una terra lattiginosa di prostitute e miseri bagnanti, percorsa da tir e punteggiata da case prefabbricate.

Serban Savu
Serban Savu, Truck, 2014.

Nel comunicato stampa della mostra si menziona l’interesse dell’artista nei confronti della pittura veneziana. Interesse che emerge ben poco dai dipinti, la cui luce soffusa e lontana si risolve in un’opacità che ricorda più la tempera che l’olio di cui sono fatti. Persino nella buona pennellata a tocco di cui Savu fa spesso uso per alberi e arbusti, il pittore mantiene una tale congruenza e ordine del gesto che viene da pensare alle illustrazioni popolari degli anni Cinquanta piuttosto che alla carnalità libera e sprezzante dei foschi veneti. Viene più spontaneo, piuttosto, l’accostamento alla malinconia sociale di Edward Hopper.

Serban Savu
Serban Savu, The Water Reservoir, 2014.

Ma ora vi racconto una storia: poche settimane fa, nello studio di un noto pittore iracheno based-in-Berlin, si è potuto assistere a una fervida lite tra il medesimo e un suo collega tedesco. Il tedesco aveva appena finito di dipingere un intero ciclo di opere ambientate nell’Iraq anni Ottanta; erano opere, queste, puramente pittoriche e totalmente infedeli al passato storico. L’iracheno, sconvolto, non poté far altro che reclamare l’illegittimità di quell’interpretazione, facendo appello alla propria testimonianza diretta e al diritto di veto che l’aver studiato in una accademia d’arte irachena gli conferiva.

L’esiguo pubblico convenne che, nella sfida tra i due, l’opera migliore era quella che non si era preoccupata d’essere fedele, e cioè quella del tedesco. Pittura e Fedeltà (sentimentale o politica, a una terra, ma anche alla propria visione) hanno ben poco da spartire.

Preferiamo continuare a ingannarci sognando che la Romania sia ancora Cioran, Ionesco, Eliade e Celan, o aderire alla realistica visione di Savu?

“Serban Savu”, Galleria Monica De Cardenas, fino al 28 febbraio 2015.

Foto: Serban Savu, Three Graces, 2014.

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