Passione e crudeltà: Romeo e Giulietta tra i boss del Gargano

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In “Ti mangio il cuore” Pippo Mezzapesa porta sullo schermo la storia della prima donna “pentita” nella guerra tra i clan della quarta mafia italiana, quella pugliese. Che esplode quando lei, già sposata, si innamora, ricambiata, del giovane rampollo della banda rivale. Il film abbina gli omicidi e le faide alla vicenda sentimentale, che avrà un finale doppio, tragico e salvifico. Il tutto è immerso in un forte bianconero e valorizzato dalla bravura della cantante Elodie, inedita e penetrante protagonista

La prima cosa che salta agli occhi è la fotografia di Michele d’Attanasio, nitida, contrastata, cruda, espressiva: nel film tutto è davvero bianco o nero, compreso il sangue. Gli sfondi e gli ambienti sono squallidi, luoghi dove gli uomini vivono letteralmente insieme alle e come le bestie. Le immagini di Ti mangio il cuore, passato all’ultima Mostra di Venezia nella sezione Orizzonti, forse possono ricordare i corti e le opere della coppia siciliana Ciprì-Maresco, ma qui non c’è davvero alcuna ironia. Perché il 41enne regista pugliese Pippo Mezzapesa, David nel 2004 per il corto Zinanà e una carriera ventennale con molti short, qualche documentario e due film (Il paese delle spose infelici e Il bene mio) porta sullo schermo il libro-inchiesta omonimo di Carlo Bonini e Giuliano Foschini, anche co-sceneggiatori, inviati di Repubblica ed esperti sui temi della criminalità organizzata italiana, che raccontano l’ormai nota quarta mafia italiana, quella pugliese, responsabile di 400 omicidi dagli anni Ottanta ad oggi, l’80% dei quali rimasti tuttora senza colpevoli 

Delitti firmati sparando al volto – perché deturpare le sembianze significa cancellare anche la memoria – opera di personaggi simili a quelli di Anime nere nell’intrecciare nei moventi e nel pathos delle azioni ragioni di famiglia, di cuore e di danaro. Forse un po’ letterari a tratti, ma netti, scolpiti, anche nelle loro evoluzioni da agnelli a lupi talvolta, o nelle relazioni ancestrali uomo-donna. E qui il film gioca la sua carta più forte, Marilena, una “domina” che riaccende la faida tra due famiglie, provoca gli uomini con la sua bellezza (una vera scoperta la 32enne cantante romana Elodie, al suo secondo film dove canta il leitmotiv originale Proiettili), e lascia il marito per mettersi col giovane rampollo del clan avverso. Insieme vittima e protagonista della tragedia, mai smette di ragionare con la sua testa, e la sua inaccettabile autonomia infine la porterà ad essere la prima pentita realmente vissuta della mafia foggiana (Rosa di Fiore ne è il personaggio reale ispiratore). E’ questo un tema cardine forse più del libro che del film, da cui sono spariti poliziotti, magistrati, investigatori, come non esistessero nella vita reale. Perché tutto è concentrato sull’arcaica, truculenta bestialità dei rituali di morte e di vendetta tra le famiglie. 

Ti mangio il cuore inizia raccontando la decennale inimicizia tra i Mezzatesta e i Camporeale, clan criminali che spadroneggiano nell’agreste Gargano accanto ai Montanari di Michele Placido che alla fine usciranno vincenti. Ma il promontorio, noto come meta vacanziera, mai è stato così poco turisticamente attraente, seppure a tratti risulti anche bello nella sua asprezza. Lo controllano criminali che sembrano venire da un tempo remoto, una sorta di far west mediterraneo retto dal principio che il sangue si lava col sangue. E un padre ucciso si deve vendicare con almeno sette vittime della parte avversa. A riaccendere la faida, che pareva sopita, c’è l’amore proibito, da principio quasi alla Romeo e Giulietta, tra Andrea, riluttante erede dei Malatesta, e Marilena, bellissima moglie di un boss dei Camporeale. La passione è totale e fatale come la guerra che scoppia sull’altipiano. Dopo vari delitti la donna, prigioniera nella fattoria-fortino dei Malatesta, contesa e oltraggiata, obbedisce alla forza che le viene dall’essere madre di figli di entrambi i clan. Ed è di grande efficacia la sequenza della sua fuga, nel mezzo di una processione piena di donne velate, che scorre in parallelo alla fine del suo amore assoluto e impossibile, vittima di tradimento oltre che della sua folle sete di vendetta.

Siamo in un tempo senza tempo, un mondo esploso che pare non avere precisi connotati, anche se ci riporta alla reale guerra tra i clan che dura da decenni. In cui c’è chi ha leccato il sangue delle vittime e ha fatto sparire i cadaveri dandoli in pasto ai porci, in nome di codici arcaici che sembrano venire da guerre lontane, omeriche, shakespeariane. Ma il racconto è collocato nel 2004, e i fatti sono scanditi dalle note di Domenico Modugno, della disco-music, dei primi rap, dalle musiche di Theo Teardo come sempre belle, coinvolgenti. Mezzapesa è efficace, come nei suoi precedenti lavori, nello scolpire i volti delle sue storie. Accanto a Elodie, si fanno apprezzare Francesco Patanè (parecchia tv alle spalle, ora al suo secondo film dopo Il cattivo poeta), Francesco Di Leva (Nostalgia, Qui rido io, Il sindaco del Rione Sanità), Livia Vitale (la madre di lui, “l’albero del veleno”, bravissima anche per sfumature e mezzitoni), Michele e Brenno Placido, figlio d’arte, Tommaso Ragno.

Spiega Mezzapesa “Il titolo del film racchiude la doppia anima di questa storia, fatta di spietatezza e passione. Una guerra per la vendetta, rinfocolata dall’amore impossibile di due giovani che lottano per salvarsi ma sono risucchiati dal male e dalla sua ineluttabilità. Un contesto arcaico, imbestiato, un promontorio della paura isolato dal mondo, abitato da gente che parla un idioma crudo, permeato di sacralità, in cui la legge che decreta vita e morte è quella della montagna”. È questo lo scenario del racconto, che rispetta i canoni del crime ma è anche una romantica, disperata storia d’amore. “In bianco e nero come i contrasti vitali, viscerali che volevo mettere insieme. Ti mangio il cuore è un film in cui il sangue sgorga copioso, e l’avvicinamento all’azione è scandito da perduranti ritualità. La mia attenzione è stata puntata più sull’attesa dell’agguato che sulla sua messa in atto, più sulle ripercussioni, sui segni che s’incidono nell’anima dei protagonisti. Con la curiosità viva di chi esplora e racconta una materia magmatica, un racconto bruciante e primitivo. il film è stato una promessa e una sfida, anche per me”.

Ti mangio il cuore di Pippo Mezzapesa, con Elodie, Francesco Patanè, Francesco Di Leva, Livia Vitale, Michele Placido, Brenno Placido, Tommaso Ragno.

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