Il Cristo e il Manigoldo: due statue in trasferta

In Arte

In occasione della riedizione de “il gran teatro montano” di Giovanni Testori, ecco in trasferta due tra le più celebri sculture del Sacro Monte di Varallo: le statue lignee del Cristo e del Manigoldo provenienti dalla Cappella dell’andata al Pretorio saranno prima al Castello Sforzesco e successivamente presso Casa Testori a Novate Milanese.

Il 1965 è la data in cui un luogo magico come il Sacro Monte di Varallo Sesia e il suo straordinario protagonista, Gaudenzio Ferrari, ritornano prepotentemente nella letteratura artistica sotto il segno de Il gran teatro montano di Giovanni Testori: un volume che, pubblicato da Feltrinelli, ridisegna da capo a piedi un brano della storia dell’arte piemontese e italiana di inizio Cinquecento.

Giovanni Testori, vien da sé, è l’autore che più di tutti per innamoramento e vocazione critica ha saputo ribaltare tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento la figura di Gaudenzio,  da pittore quasi sconosciuto,  a grandioso maestro che riversa sia in pittura sia in scultura la profondità dei sentimenti umani.

Ma gli scritti di Testori, oltre a rivelare numerose acquisizioni e scoperte su Gaudenzio scultore, hanno il merito di avere puntato i riflettori sul meraviglioso contesto scenografico della Valsesia, una valle di per sé chiusa nell’arco alpino ma in contatto con la più alta cultura artistica occidentale.

Il sacro Monte di Varallo è la massima espressione di questa apertura. Difatti, su questo monte, intorno alla fine del Quattrocento un frate francescano di nome Bernardino Caimi che in passato era stato custode dei luoghi sacri in terra santa, volle costruire una nuova Gerusalemme che riproducesse la vita di Gesù; un’idea che scaturiva a fronte delle considerevoli difficoltà nel compiere dei pellegrinaggi nel vicino oriente.

Dunque la vita di Cristo e i suoi luoghi sono ricostruiti all’interno dei confini del Ducato di Milano, in un insieme di cappelle che si sono succedute nel corso dei secoli assumendo forme diverse e accogliendo svariati artisti, ma che hanno avuto nel pittore nato a Valduggia il più importante artefice del loro tratto iniziale di storia.

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Nonostante il significativo apporto che diede Testori, tuttavia, il Sacro Monte di Varallo è purtroppo ancora oggi poco conosciuto e la sua stupefacente bellezza sembra inversamente proporzionale alla sua fama.

Qualcosa però sembra cambiare in questa direzione e nell’ultimo anno appena trascorso, l’anno che ha festeggiato i Cinquant’anni dall’uscita del volume di Testori, Giovanni Agosti ha curato una nuova edizione  – sempre per Feltrinelli – de Il gran teatro montano. Una riproposta, quella di Agosti, non legata al mero fatto celebrativo della ricorrenza o dell’ “omaggio a”, ma volta a una significativa rivalutazione di un libro che è stato poco considerato rispetto allo spessore critico dei contenuti e quasi sempre di difficile reperibilità. La nuova edizione restituisce, in aggiunta al testo completamente ricorretto, l’esatto apparato fotografico originario e degli altri scritti del medesimo autore riguardanti Gaudenzio. è inoltre arricchita da due saggi dello stesso Agosti che inquadrano da un lato la nascita del volume del 1965 con le sue vicende editoriali e il complicato legame tra la casa editrice e le arti figurative, dall’altro i rapporti tra Giovanni Testori e Gaudenzio Ferrari.

Spetta sempre ad Agosti la meritevole idea di portare a Milano, come fosse una trasferta del “gran teatro” – prima al Castello Sforzesco e successivamente presso Casa Testori a Novate Milanese – due tra le più celebri sculture del Sacro Monte di Varallo,  le statue lignee del Cristo e del Manigoldo provenienti dalla Cappella dell’andata al Pretorio (numero XXXII).

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Le vicissitudini di questo gruppo scultoreo realizzato in legno – e non in terracotta come la maggior parte delle altre sculture – , coincidono con la storia cinque-seicentesca delle Cappelle. Le due statue provengono, insieme a una terza scultura lignea rappresentante un Soldato romano che minaccia Cristo con un bastone, sicuramente da cappelle più antiche rispetto a quella in cui si stagliano oggi, la XXXII appunto, allestita a partire dal 1628.

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La ricostruzione spetta naturalmente a Testori che,  studiando la cappella e seguendo quanto viene descritto in una delle ottave della prima guida a stampa del Sacro Monte pubblicata a Milano nel 1514, si accorge che il Cristo si trovava nella Cappella XL: l’attuale Cappella della Pietà, allora denominata Cappella della spogliazione di Cristo. Testori vede nelle fattezze di Gesù la mano di Gaudenzio e assesta l’esecuzione scultorea entro il 1514.

E ancora affascina la ricostruzione del misterioso aguzzino che trascina Cristo alla Croce: Francesco Sesalli nella sua famosa guida del 1566 cita le due statue nella cappella XL  come opere attribuite a Gaudenzio Ferrari. Testori nel 1965 non si sbilancia sull’attribuzione del Manigoldo a Gaudenzio, ritenuta plausibile invece da Vittorio Viale qualche anno dopo. Dopo il recente restauro magistralmente eseguito dalla Bottega Gritti, il Manigoldo si è però rivelato di una espressività dalle forme di leonardesca memoria che non si sposa affatto con l’arte del pittore di Valduggia. Dunque il Manigoldo farebbe la sua comparsa nella Cappella XL dopo l’intervento di Gaudenzio, probabilmente tra il 1514 e il 1566, la data della citazione del Sesalli.

La visita di questo gruppo scultoreo che oggi si può mirare esposto nelle sale inerenti le sculture e i mobili del Castello Sforzesco fino ad aprile per poi passare in quelle di Casa Testori è quanto di più bello sta succedendo a Milano per ciò che riguarda la storia dell’arte moderna. Lo studioso, una volta visionato l’eccezionale Manigoldo, potrà cercare nuove ipotesi e nuove luci per ridisegnare la storia, mentre il visitatore, ammirando la figura del Cristo ancora giovanissimo con la barba di riccioli biondi e il volto rigato dal sangue vivido, potrà riflettere sull’amore di Giovanni Testori per la grandezza di Gaudenzio Ferrari.

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Arriva il gran teatro montano. Due sculture dal Sacro Monte di Varallo: omaggio a Giovanni Testori

Castello Sforzesco, Museo dei Mobili e delle Sculture Lignee, 16 marzo – 3 aprile 2016

Casa Testori, 9 aprile – 8 maggio 2016