Houria e la sua Algeria, le ferite del passato e una rinascita difficile

In Cinema

Il secondo film di Mounia Meddour (dopo “Non conosci Papicha”), anche questo intensamente interpretato da Lyna Khoudri, racconta le violenze subite da una ragazza che sognava di diventare una star della danza. L’aggressione di un rapinatore le impedisce di realizzare i suoi progetti e le toglie anche la parola. Il percorso verso una nuova vita sarà complicato, ma grazie alla madre, a un’amica e a un gruppo di autoaiuto fatto di vittime come lei, riuscirà a rielaborare i traumi che ha sopportato

Nell’Algeria di oggi due giovani donne, Houria e Sonia, lavorano come cameriere ma coltivano il sogno di vivere di danza, magari riuscendo ad attraversare il mare e a sbarcare in Europa. Nel frattempo, mentre si prepara a ballare Il lago dei cigni sperando di riuscire a conquistare l’interesse di un importante talent scout, Houria (che dà il titolo al film di Mounia Meddour) si aggira di notte sfidando il pericolo per andare a scommettere sui combattimenti clandestini di montoni. Il suo obiettivo a regalare un’automobile a sua madre, ma una forte vincita attira purtroppo su di lei l’attenzione di uno sconosciuto, che la aggredisce per rubarle il denaro. Houria si ritrova così in ospedale con una caviglia rotta, la prospettiva di una lunga e dolorosa riabilitazione, ma soprattutto traumatizzata, incapace forse per sempre di danzare e anche di parlare. La lentissima rinascita passerà attraverso il rapporto con altre donne, in primis la madre e l’amica del cuore Sonia, ma decisiva sarà anche la relazione con un gruppo di autoaiuto che raccoglie diverse altre donne costrette a rielaborare i traumi delle violenze subite, fuori e dentro la famiglia.

Al suo secondo film, la regista algerina Mounia Meddour torna a raccontare il proprio paese dal punto di vista della condizione femminile. Nell’opera d’esordio Non conosci Papicha, ambientata nell’Algeria degli anni 90, la protagonista era una studentessa (interpretata dall’intensa Lyna Khoudri) che frequentava l’università, sognava di fare la stilista e si ritrovava minacciata dai fondamentalisti islamici: una ragazza come tante costretta suo malgrado a trasformarsi in un’eroina, un simbolo dell’anticonformismo e della ribellione. Khoudri torna qui come protagonista e contribuisce in modo decisivo alla riuscita del film, tutto costruito intorno al personaggio femminile di Houdria, che cresce a poco a poco sotto i nostri occhi, esibendo le proprie ferite, mostrando fino in fondo l’estrema vulnerabilità del corpo e dell’anima, ma rivendicando anche l’indomabile coraggio di chi non si arrende e pretende di ottenere il proprio posto nel mondo. A qualunque costo.       

L’urgenza del dire appanna ogni tanto lo sguardo della regista e rende alcuni passaggi un po’ didascalici. Resta però del tutto convincente la rappresentazione del lento ritorno alla vita di Houria attraverso la ricerca di un nuovo linguaggio, nutrito di desiderio, immaginazione e audacia, ma anche, forse soprattutto, attraverso la pazienza dell’ascolto, del proprio corpo e del proprio destino, intrecciato con quello di un paese che ancora non ha fatto i conti con le sanguinose ferite della guerra civile. Ferite ancora ben lontane dall’essersi rimarginate. Basterà ricordare, per misurare la difficoltà del processo ancora in atto, che il conflitto fra forze governative e milizie islamiche, che è proseguito con fasi alterne fra il 1991 e il 2002, è costato 150.000 morti. Vittime che nella stragrande maggioranza dei casi non hanno ottenuto alcuna giustizia, perché un’ampia amnistia ha regalato a molti terroristi la libertà e la possibilità di sfuggire a ogni punizione per le stragi compiute in quegli anni. 

Houria – La voce della libertà, di Mounia Meddour, con Lyna Khoudri, Rachida Brakni, Nadia Kaci, Amira Hilda Douaouda, Salim Kissari

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