Tre moschettieri tutti all’aria aperta, tra le bellezze di Francia

In Cinema

L’ennesima versione per immagini dell’intramontabile romanzo di Dumas porta la firma di Martin Bourbulon e si rivela credibile e confezionata al meglio. Ben recitata da un cast di gran divi (Romain Duris e Louis Garrel, Vincent Cassell ed Eva Green) e attori più giovani, come il protagonista Francois Civil, è divertente nei duelli, solida nel plot, considerevole nel budget. E girata quasi tutta tra manieri e altri monumenti di Parigi, Versailles e dintorni. Già pronto il sequel, in cantiere forse altri due kolossal

Ci sono film così perfetti da creare, in chi prova a replicarli, un inesorabile e giustificato senso d’inferiorità. A maggior ragione se, come nel caso della saga de I Tre Moschettieri, già la fonte d’ispirazione comune è un classico senza tempo della letteratura mondiale, adattato e riadattato in ogni salsa sul grande e piccolo schermo fin dagli albori del cinema stesso (la prima versione su pellicola è addirittura del 1909).  Eppure, ogni volta che in sala si proiettano le avventure degli spadaccini più famosi di Francia, per chiunque sia cresciuto a pane e film di cappa e spada è impossibile non pensare innanzitutto alla serie di trasposizioni anni ’70 firmate da Richard Lester, probabilmente ancora oggi la versione più realistica, se non la più fedele, del romanzo di Alexandre Dumas.

Il miglior complimento che si possa dunque fare a I Tre Moschettieri – D’artagnan, nuovo tentativo di emulazione diretto da Martin Bourboulon (già dietro la macchina da presa in un altro kolossal storico made in France, Eiffel, prodotto per Sky Original), è che alla trilogia di Lester si riesca ad avvicinare con successo a più riprese. Innanzitutto nella credibilità dei duelli, ovviamente primo, irrinunciabile parametro di valutazione visto l’argomento trattato: a coordinare gli stunt, eseguiti interamente dagli attori protagonisti senza l’ausilio di controfigure, pare abbia contribuito nientemeno che la medaglia d’oro olimpica di scherma Yannick Borel. Il risultato, tra una citazione e l’altra dalla versione del 1973, è l’efficacissima costruzione di combattimenti più simili a una rissa con ausilio di spade che non all’elegante e surreale incrociar di lame in pellicole d’epoca alla Errol Flynn.

Ma l’ingaggio del pluricampione originario della Guadalupa è soltanto uno dei tanti indizi di come la produzione franco-spagnolo-tedesca, capitanata dallo storico colosso Pathé, non abbia assolutamente badato a spese, pur di sbaragliare la concorrenza ad altissimo budget di certi suoi imbarazzanti predecessori a stelle e strisce. Lo stesso cast ne è forse la dimostrazione più lampante: a guidare il nutrito gruppo di protagonisti sono, almeno in locandina, due nomi di grido come Eva Green e Vincent Cassel. Entrambi, per la verità, si rivelano ben presto più utili a richiamare il grande pubblico che convincenti nella loro interpretazione, rispettivamente di una Milady da fumetto e di un Athos interessante, ma che troppo in fretta lascia ad altri il palcoscenico.

Fortuna che proprio gli “altri” siano il vero cuore di I Tre Moschettieri – D’artagnan, mostrando un affiatamento e una distribuzione dei ruoli così azzeccata da riuscire sempre ad aggiungere qualcosa al racconto, anche nelle sue parti ormai già viste e riviste. Romain Duris è un ottimo Aramis, Pio Marmaï un Porthos profondo e mai caricaturale, Louis Garrel e Vicky Krieps una coppia di reali di Francia finalmente “umani” e di spessore, e persino il belloccio François Civil sdrammatizza ogni posa o espressione quanto basta per regalare un D’Artagnan di cui voler avere di più a proiezione terminata.

Niente paura: il film di Bourboulon non è che il primo di due capitoli girati in contemporanea (e infatti questa prima parte si chiude immancabilmente col più classico dei “to be continued”), e dovrebbe dunque regalare almeno un prossimo appuntamento nelle sale a dicembre di questo stesso anno. Qualora entrambi gli episodi dovessero rivelarsi l’atteso successo al botteghino in Francia e all’estero, sono già in cantiere due sequel tratti da Vent’anni dopo e Il Visconte di Bragelonne, in cui si narrerà, tra le altre cose, la celeberrima vicenda di quella maschera di ferro già vestita da Leonardo di Caprio con risultati discutibili e tragicomiche concessioni al mainstream.

Invece, è forse questo il principale punto di forza tanto della regia di Bourboulon quanto della sceneggiatura di Matthieu Delaporte e Alexandre De La Patellière: la capacità di regalare due ore di buonissimo intrattenimento senza mai esagerare, girando ottime scene d’azione, inseguimento e intrigo, e nel contempo smorzando i toni quanto basta per evitare strappi al realismo di atmosfere, costumi, dialoghi e ambientazioni. Il resto lo fa la splendida cornice di Parigi, Versailles e dintorni, al punto che, come dichiarato dalla produzione, il tempo passato nei teatri di posa è stato inferiore alle 24 ore in 150 giorni sul set, avendo girato tutto il resto quasi esclusivamente in esterni e location da cartolina.

I tre Moschettieri – D’artagnan, di Martin Bourboulon, con Eva Green, Vincent Cassel, François Civil, Romain Duris, Pio Marmaï, Louis Garrel, Lyna Khoudri, Vicky Krieps

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