La nera notte americana delle armi e delle stragi (a scuola e nei cinema)

In Cinema

“Dark Night” di Tim Sutton rievoca la terribile strage del 2012 nel cineplex di Aurora, dove il 25enne californiano James Holmes uccise con una pistola dodici spettatori. E lo fa con uno stile e uno script molto originali, raccontando la vita di almeno 3 possibili “indiziati” del massacro nelle ore precedenti. In bilico tra fiction e documentario, un nervoso e potente canto contro le armi, reso attuale dai continui episodi analoghi che accadono negli Usa, in cui non si vede la strage nè si sentono gli spari

Sei personaggi in cerca di … si muovono a rilento nel torpore della Florida del sud, spettatore aggiunto e atono della più ordinaria routine. Abulici, senza ambizione diversa da un decoroso quieto vivere più simile alla sopravvivenza che alla vita, alcune esistenze fantasma sono indagate in Dark Night, terzo contributo registico di Tim Sutton che dopo Pavilion (anche questo di ambiente giovanile) e Memphis (storia di un cantante soul-blues in crisi), svelando fin dal titolo l’evento di cui (non) si parla nel corso di tutta l’opera, riprende il filo del racconto artistico sugli spari e le stragi americane di massa aperto, quasi in contemporanea, da Michael Moore con Bowling a Columbine (2002) e Gus Van Sant in Elephant (2003) che partivano dallo stesso terrificante fatto di cronaca accaduto tre anni prima.

Anziché citare direttamente la strage del cinema Aurora, quando durante la proiezione di The Dark Knight Rises, nel 2012, l’allora 25enne californiano James Holmes tolse sparando con una pistola calibro 12 la vita a dodici spettatori, Sutton allenta e dilata l’evento seguendo con passo un po’ voyeuristico le esistenze di alcuni individui nelle ore che precedono il massacro. La tragedia viene e non viene annunciata fin dai primissimi fotogrammi, da luci rossi e blu che si riflettono sull’occhio di un ragazzo solo in un parcheggio avvolto nel buio (location analoga alla strage reale), luci che non provengono da uno schermo ma dalla sirena di un’auto della polizia e troveranno la loro destinazione finale in un crescendo di vite-fantasmi, nel buio della sala cinematografica.

Lavorando prevalentemente con attori alla prima esperienza, Sutton crea un’opera di fiction ma dalle movenze semi-documentaristiche, osservando come pesci in un acquario un’adolescente ossessionata dal suo corpo, un artista che risponde a domande di un interlocutore che non si vedrà mai, un giovane che ha commesso un crimine non ben identificato e un ragazzino dallo sguardo vitreo che mangia biscotti al cioccolato in una cucina vuota. L’eco sommessa della tragedia, protagonista fin dal titolo, è lasciato alla nostra immaginazione: così, chi guarda resta spiazzato da un finale-non-finale, che è chiamato a trovare in qualche modo da se stesso, districandosi in quel patchwork di esistenze-isola che è nel complesso Dark Night.

La domanda circa l’identità dell’autore dell’eccidio viene alimentata dal “sadismo calcolato” di Sutton che in qualche modo depista lo spettatore, mostrando un veterano della guerra in Iraq e un giovane che si tinge i capelli d’arancio, entrambi possibili indiziati. Lo scopo è tendere i nervi dello spettatore, che mai vedrà il tragico epilogo finale degli eventi. E il risultato è un nervoso e potente canto contro le armi, purtroppo reso sempre attuale dal continuo susseguirsi di episodi analoghi di cui si ha notizia dagli Usa, tanto più efficace quanto di spari non se ne sente neanche uno.

Dark Night, di Tim Sutton, con Eddie Cacciola, Aaron Purvis, Shawn Cacciola, Anna Rose, Robert Jumper, Karina Macias, Rosie Rodriguez

 

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