L’enigma sta nel titolo: parola dei Coma Cose

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Hype Aura, il primo album del duo più interessante dell’indie milanese, è ricco di giochi di parole, non sense, rime irriverenti, alchimie musicali. Insomma una ventata di aria fresca e un pizzico di follia che scivola tra la Darsena e via Gola passando per piazza 24 maggio. E che contamina anche il titolo del disco…

A Milano non è raro vedere le stazioni della metropolitana completamente dominate da campagne pubblicitarie che occupano manifesti, schermi, tornelli e persino i pannelli sotto i corrimano delle scale. In gergo si chiamano station domination: a San Babila non è raro vedere case e scuole di moda, Netflix qualche anno fa aveva rivoluzionato la stazione di Porta Venezia. E in questi giorni, per chi passa dalla stazione di Porta Genova, nella zona sudest di Milano, non può non aver visto i faccioni del nuovo duo più interessante della musica indie della città. Fausto Lama, 38 anni, baffo fitto e cappellino in testa, e California, 30 anni, testa rasata, occhi scuri e vestiti di un paio di taglie più grandi del necessario.

Sono i Coma_Cose, e se ancora non li avete sentiti, è il momento di rimediare. Nati da un incontro casuale nell’inverno 2016, hanno pubblicato solo dieci giorni fa il loro primo album full-length, dopo aver raggiunto la notorietà (milanese prima, e nazionale poi) con i loro singoli dalle rime irriverenti ambientati tra le vie della vita notturna milanese, che da Porta Genova va a via Gola passando per piazza 24 maggio e il suo chiosco del pesce.

È raro sentire così tanto hype per l’uscita del primo disco di una band, eppure davvero il primo disco dei Coma_Cose è uno degli highlight del 2019 ancora prima di ascoltarlo. Hype Aura, uscito il 15 marzo per Asian Fake e annunciato con una diretta Instagram in cui i due hanno scritto i dettagli del disco su una parete. 9 brani che parlano di Milano, delle serate in Darsena, di birrette tra amici e di due ragazzi che si sono conosciuti in un negozio nel momento giusto.

Lui, Fausto, con un passato da musicista con il nickname di Edipo e qualche disco in curriculum e collaborazioni di un certo rilievo (tra cui spicca Dargen D’Amico). Lei, Francesca alias California, ex dj appassionata di elettronica e drum ‘n’ bass trasferitasi da Pordenone a Milano. Da quell’incontro fortuito nasce qualche provino, che circola tra amici e riscuote subito un grandissimo successo: e allora la coppia, che nel frattempo diventa tale anche nella vita sentimentale, trova sempre più alchimia musicale, forte dell’esperienza di lui e delle rime freschissime di lei. Arricchito dalle basi e dalla produzione dei bergamaschi Mamakass, il disco è davvero una ventata d’aria nuova sia per la scena rap che per il cantautorato indie.

“Mio nonno è tropicale quindi ho un avo cado”
“La tua musica l’accetto come Jack Nicholson in albergo”
“Oggi tutto bene, sì, ma domani-comio”

Era dai tempi del primissimo Caparezza (quello di Verità Supposte) che non si percepiva questa freschezza e questa voglia di giocare con le parole. Rime tra non-sense, musicalità, assonanze e un pizzico di follia che ripulite anche da quella componente politica che caratterizzava il rapper di Molfetta risultano ancora più leggere, divertenti e godibili. La chiave di tutto il lavoro dei Coma_Cose è forse proprio questa voglia di sperimentare con la lingua, di affiancare parole che inizialmente hanno solo una vaga assonanza ma che messe una vicina all’altra assumono tutto un altro significato. E allo stesso tempo fanno risaltare versi che raccontano in maniera perfetta la normalità di chi vive in una grande città e cerca il suo piccolo angolo di pace, nonostante paure e difficoltà – a proposito, se ancora non l’avete fatto, leggete bene il titolo del disco, che nasconde uno dei giochi di parole migliori.

“Ti dico i miei segreti, ma non senti perché portano via il vetro”

Coma_Cose,  Hype Aura, (Asian Fake)

 

Immagine di copertina © Melania Andronic

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