La geniale architetta Blanchett cade e risorge tra nevrosi e melassa

In Cinema

In “Che fine ha fatto Bernadette?” Richard Linklater si misura con un tema stuzzicante: la caduta e la resurrezione, psicologica e professionale, di una geniale architetta americana. Ma nonostante l’ottima prova di Cate Blanchett, irresistibile nella prima parte, il film finisce per essere discontinuo

Bernadette Fox (Cate Blanchett) è stata un geniale architetto: vent’anni fa, a Los Angeles, ha progettato e costruito case che hanno fatto storia. Poi, qualcosa è andato storto: che cosa, lo scopriremo soltanto verso la fine di Che fine ha fatto Bernadette?, il nuovo film di Richard Linklater, come in una sorta di thriller delle emozioni e dei sentimenti. Lei si è rifugiata a Seattle, la città più piovosa d’America, insieme al marito Elgie, geniale informatico (bello e ricco come si conviene) e alla figlia Bee, adolescente fin troppo saggia. Lui è Billy Crudup, lei la bravissima esordiente Emma Nelson. A dare man forte al racconto interviene anche la brillante Kristen Wiig, attrice comica di razza nei panni di una sventurata vicina che si ritrova la casa devastata da un’ondata di fango, gentilmente propiziata dall’ineffabile Bernadette.

Che nel frattempo ha deciso di fare a tempo pieno la mamma e la moglie, ma della casalinga di provincia non ha propria la tempra, e infatti combina disastri, tra una riunione scolastica mancata e un tentativo di azzoppare la madre più popolare della scuola. Per non parlare della casa in cui Bernadette e famiglia abitano: una villa vittoriana immensa e fatiscente, piena di fascino ma quanto mai scomoda, ai limiti dell’assurdo. Fascinoso e sghembo è in realtà l’intero film, incentrato su un personaggio e un tema estremamente interessanti: un’artista, dotata di un grandissimo potenziale creativo, che a un certo punto della vita smette di creare e non solo si inaridisce, ma diventa proprio una mina vagante, una persona sgradevole, difficile, persino pericolosa per sé stessa e per gli altri.

Solo quando tocca veramente il fondo, mettendo a rischio tutto, ritrova le risorse per risalire la china e trovare un nuovo slancio, insieme alla possibilità di un nuovo inizio, a fresh start, come dicono gli americani. Il punto è che è molto più facile raccontare il baratro, il lento sprofondare e perdersi, la paura, l’ansia e le tante e intrecciate nevrosi. Mettere in scena la rinascita, il lento processo di ricostruzione e riparazione dei torti e degli errori, è ben più difficoltoso, da tutti i punti di vista.

Cate Blanchett è peraltro perfetta nel tratteggiare questo ritratto di donna bella e danneggiata, tirannica, generosa, infelice e sorridente, stordita e lucidissima. Gran parte delle sequenze che la vedono protagonista, nella prima parte del film, sono meravigliosamente coinvolgenti, buffe, commoventi, trascinanti. La scena in cui insieme alla figlia, in macchina, canta a squarciagola Time After Time – seguendo la voce rauca e magnetica di Cyndi Lauper – è semplicemente perfetta. Però poi, dopo una prima (divertentissima perché decisamente cattiva) pars destruens, inizia la pars construens, la ricostruzione di sé stessi e del mondo.

E sembra di assistere, scena dopo scena, alla pedissequa messa in pratica dei consigli di un manuale americano di self help: ovvero, come si esce da una profondissima crisi personale in quindici giorni ritrovando sé stessi col sostegno della propria famiglia. Non che sia impossibile (o poco allettante) rinascere così facilmente, ma raccontata così la storia di Bernadette Fox, che ritrova il proprio talento creativo a bordo di una nave diretta in Antartide, tra pinguini e buoni sentimenti, sembra veramente una favoletta ricoperta di melassa familiar-creativa, veramente irrealistica e poco coinvolgente. Peccato, da un regista sensibile e avventuroso come Richard Linklater era lecito aspettarsi di più.

Che fine ha fatto Bernadette? di Richard Linklater, con Cate Blanchett, Billy Crudup, Kristen Wiig, Laurence Fishburne, Emma Nelson.