La musica che gira intorno/21

In Musica

Belle scoperte, italiane. Ascoltate le incursioni nella musica napoletana di Canio Loguercio, suggestivo cantautore potentino trapiantato a Napoli, e non perdetevi il jazz solare ed eclettico del gruppo cagliaritano Musica ex Machina, per non parlare di Emiliana Torrini e dei suoi The Colorist. E non finisce qui

Canio Loguercio – Ballata dell’ipocondria
Nato a Campomaggiore in provincia di Potenza e trapiantato a Napoli, l’architetto Canio Loguercio è dal 2004 un singolare e suggestivo cantautore che allarga la forma-canzone facendola diventare performance. Campo d’azione prediletto per le sue incursioni il canzoniere napoletano classico, idioma d’elezione delle passioni, sciolto negli acidi della poesia contemporanea (Lello Voce, Tommaso Ottonieri, Rosaria Lo Russo sono alcuni degli autori con cui ha lavorato), impreziosito da collaborazioni con artisti come Peppe Servillo e Maria Pia De Vito. L’ultimo lavoro di Canio Loguercio, il recente Canti, ballate e ipocondrie d’ammore (***1/2) si può ascoltare integralmente su YouTube.

 

Big Star – I’m so tired/ Holocaust/ Kizza me
Disco bello e maledetto, Third dei Big Star ebbe una gestazione quanto mai movimentata. Flashback: siamo nel 1978, il gruppo del geniale e autodistruttivo Alex Chilton, assistito da Jim Dickinson alla produzione, si sta sfasciando fra liti, nevrosi ed eccessi vari. Le sedute di registrazione si trascinano per mesi, l’album uscirà soltanto quattro anni dopo con un montaggio arbitrario da cui Chilton è stato estromesso. Anche così, sarà la prima pietra dell’edificio indie rock e influenzerà decine di gruppi, fino ai Radiohead. Oggi escono, nel monumentale cofanetto Complete Third (*****, tre cd per tre ore e ventidue minuti di musica) le tracce integrali di quei caotici mesi. E si resta abbagliati dalla varietà e ricchezza dell’universo cupo di Chilton, si tratti di cover sballate (I’m so tired dei Beatles), di gemme allucinate (Holocaust) o di rasoiate assai prossime al punk (Kizza me). Ma in Complete Third c’è molto di più, pensate alla camera del tesoro e sarete vicini al vero.


 

Macy Gray – Annabelle/ Redemption song
Mi devo ricredere su Macy Gray, diva un po’ appannata del nu-soul che avevo cancellato dalla mia lista dopo l’indecorosa comparsata di Sanremo 2012 a fianco di Gigi D’Alessio. Mi devo ricredere perché questo Stripped (***1/2), con jazzisti di vaglia come Wallace Rooney alla tromba e Russell Malone, suona proprio bene. E la sua voce agretta, per un momento lontana dal circo pop, ne guadagna in espressività. Canzoni per lo più sue, con l’eccezione della splendida Redemption song di Bob Marley.

 

Josienne Clarke & Ben Walker – Nione times along/ Something familiar/ The waning crescent
Coppie del folk inglese. C’erano una volta Richard e Linda Thompson e John e Beverly Martyn, ci sono oggi Josienne Clarke e Ben Walker. Assieme dal 2010, tre dischi e svariati Ep all’attivo, acclamati dalla critica, con Overnight (****) svariano dal folk cameristico alle atmosfere West Coast, offrendo pregevoli riletture elisabettiane (il John Dowland di Weep you no more sad fountains) e di cantautorato attuale.

 

Jodie Devos – Sort cruel… funeste flamme di Rossini/ Je suis nerveuse, je suis frévreuse di Offenbach
Un “concept album” insolito e intelligente, valorizzato da una luminosa e squillante esecuzione. Ovvero Il était une fois… (****1/2), c’era una volta, arie d’opera e brani d’argomento fiabesco dal repertorio musicale sette-novecentesco, trascritte per quartetto d’archi e pianoforte e rese con trasporto non privo di amabile ironia da due giovani e già perfette interpreti, la soprano belga Jodie Devos e la mezzosoprano francese Caroline Meng. In repertorio Offenbach, Massenet, Isouard, Serpette, il Rossini dell’Italiana in Algeri e molti altri. Incantevole.

 

Django Reinhardt – Babik/ Swing 39/ Nuages
Campione con il violinista Stéphane Grappelli del leggendario quintetto dell’Hot Club de France, il belga di etnia sinti Django Reinhardt (1910-1953) fu chitarrista tra i più grandi e autore fecondo e notevole (Nuages, che ascoltate qui, è opera sua). Ancor più notevole se si pensa che non soltanto non sapeva leggere la musica, ma era completamente analfabeta: imparò appena a scrivere nome e cognome per poter firmare gli autografi. Addirittura prodigioso, se si pensa che la sua maestria tecnica è frutto di una ferrea autodisciplina per superare una grave menomazione: l’anulare e il mignolo della mano sinistra saldati insieme nella cicatrizzazione, in giovane età, in seguito all’incendio della roulotte che divideva con la famiglia, incidente che gli fece perdere anche l’uso della gamba destra. Eroe della chitarra, ammirato da Duke Ellington e dai boppers, Reinhardt è stato regolarmente ristampato. L’ultima antologia, Souvenirs (*****), consente di scoprirlo a chi ancora non lo conoscesse.

 

Mimes of Wine – Below a fire/ Hour/ Birds of a feather
Laura Loriga, cantante e pianista bolognese di stanza a Los Angeles, è dal 2006 l’animatrice dei Mimes of Wine, formazione aperta che per il notevole La maison verte (***1/2) vede Luca Guglielmino alla chitarra, Helen Delangie al violoncello e Matteo Zucconi al contrabbasso. Atmosfere notturne e ipnotiche di folk-goth stranito, dolcezza che gioca a rimpiattino, come se Joni Mitchell avesse incontrato i Radiohead.

 

Jerry Garcia – Roving gambler/ Sitting on top of the world
Dear Jerry – Shady grove/ St. Stephen/ Ripple
I Grateful Band, la storica formazione di San Francisco, esordivano giusto cinquant’anni fa. Che fossero la rockband più amata d’America, quella con il pubblico più folto e fedele ai concerti, si sapeva. Come si sapeva che il culto per il loro leader Jerry Garcia (1942-1995) è cresciuto nel tempo. Anche così, però, si resta sorpresi di fronte al diluvio di ristampe, omaggi e inediti. La serie Garcia live dedicata alla Jerry Garcia Band è arrivata al settimo volume (****) che copre il 1976, l’album di esordio Grateful Dead (*****) del 1967 vede un’edizione deluxe per il cinquantesimo anniversario, con l’originale rimasterizzato e l’aggiunta di un live a Vancouver del 1966. Nel campo dei tributi, da segnalare il caloroso doppio Dear Jerry – Celebrating the music of Jerry Garcia (****), registrato il 14 maggio 2015 a Columbia nel Maryland con tutti i Grateful Dead superstiti e ospiti d’eccezione del calibro di Los Lobos, Mickey Hart, Widespread Panic, Allen Toussaint, Jorma Kaukonen, Buddy Miller, Peter Frampton, David Grisman e molti altri. Infine, prezioso ritrovamento, le prime incisioni del 1962 di un Jerry Garcia ventenne e già saldo in sella: Folk time (****), contagioso repertorio di ascendenza folk e blues con la formazione degli Hart Valley Drifters. Una festa dell’asbbondanza.



 

The Colorist & Emiliana Torrini – Blood red/ When we dance/ Jungle drum
Smagliante avventura live per Emiliana Torrini. Nata nel 1977 a Kopavigur da madre islandese e padre italiano, album di esordio nel 1995, vicina alla scena trip-hop inglese, da qualche anno Torrini evita la band fissa e sceglie di volta in volta i partner: orchestre sinfoniche come quella di Reykjavik, avant-jazz berlinese, flamenco andaluso. Stavolta, nell’ottimo The Colorist & Emiliana Torrini (****), i compagni di viaggio sono i belgi di The Colorist Orchestra, che rivestono a nuovo alcune delle sue composizioni più note, in un electro-pop di sorvegliata libertà.

 

Amerigo Verardi – Brindisi-Ai terminali della via Appia/ Chiarezza
Il brindisino Amerigo Verardi è una piccola leggenda dell’indie rock italiano. Già leader negli anni ’80 della formazione più importante della nostra neopsichedelia, gli Allison Run, ha poi proseguito con altre formazioni (Betty’s Blues, Lula) e come solista, affiancando a quella di musicista l’attività di produttore (Baustelle, Virginiana Miller). Ora ritorna con un doppio album ambizioso, Hippie dixit (***1/2) che aggiorna la sua psichedelia tra la Via Appia, il Mediterraneo e il Nirvana. Un po’ Julian Cope, un po’ Syd Barrett, con un occidentali’s karma meno paraculo di quello di Gabbani.

 

Musica Ex Machina – Pane di rose/ Lupogufo vs. orangotopo/ Buttermoon swing
Gran bella sorpresa dalla Sardegna, da Cagliari. Uno splendido album, Sfarinati di cereali per l’alimentazione umana (****) del quartetto jazz Musica Ex Machina, che poi sarebbero Guido Coraddu al pianoforte, Francesco Bachis alla tromba e al flicorno, Mauro Sanna al basso elettrico e Simone Sedda alla batteria. Attivi dal 2006, i Musica Ex Machina fanno un jazz solare ed eclettico, di contagiosa presa ritmica e grande opulenza melodica. Hanno all’attivo, prima di questo, numerosi altri dischi, tra i quali La notte che arrivò l’inverno, rilettura con voce recitante del Maestro e Margherita di Bulgakov.

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