La musica che gira intorno / 40

In Musica

Pop, rock, indie-rock, ambient, cold wave, folktronica, psichedelia, industrial, no wave, classica, lirica, jazz: i nuovi album, le ristampe, gli eventi musicali significativi

GLI APPUNTAMENTI
Spiral Stairs è in realtà Scott Kannberg, già chitarrista dei gloriosi Pavement di Steven Malkmus. Sonorità indie lo-fi e sbilenche. Mercoledì 27 all’Arci Ohibò, ore 21.
Jukka Reverberi, chitarrista dei Giardini di Mirò, e Claudio Rocchetti (in Zaire, ottima psichedelia nostrana) in concerto con il progetto di manipolazioni elettroniche Spartiti, giovedì 28, al Santeria Social Club, ore 21.
Les Siestes Eléctroniques, festival di “musiche avventurose” che si tiene a Tolosa, approda nei nuovi spazi dell’Institut Français, in corso Magenta 63. Sabato 30, ore 16, gratuito.
Rhys Chatham, chitarrista americano che vive a Parigi, sperimentatore con i più bei nomi del minimalismo e della new wave, suona domenica 1 ottobre, alle 16, al Santeria Social Club.
-Inizia alla Scala “Prima delle prime”, appuntamenti gratuiti di presentazione delle novità in cartellone. Lunedì 2 ottobre, alle 18, si parla di Die Freischütz, ovvero Il franco cacciatore di Carl Maria von Weber, in scena alla Scala dal 10 ottobre al 2 novembre, direttore Myung-Whun Chung.

POP & ROCK
The John-Pauls – Free chains/ Now won/Oh shit!/I am a songbird
Loro sono quattro ragazzi di Austin, Texas, tutti con lo stesso cognome, John Paul. Fanno un post-punk che sa di garage, un indie-rock scheletrico e lo-fi con due voci che si alternano (lui è Philip, lei Mikila, più dolce e carezzevole), due chitarre, pianoforte e batteria. In Forget to remember to forget (***1/2) vibrano echi di minimalismo Velvet Underground e pagine “slacker” dei Pavement. Ipnotica Free chains, partecipata Oh shit! Degno di nota il video di Now won, realizzato dal regista Philip Niemeyer filmando per sei mesi le piscine di Austin. La conclusiva I am a songbird ricorda i primi Strokes.


 

Moon Duo – Ripples/ Dead West pt. 2/ New dawn/ Creepin’
Famolo strano, suoniamolo strano. Attivi dal 2009, i Moon Duo sono una costola dei Wooden Shjips, space e psychedelic rockband di San Francisco. Il chitarrista Ripley Johnson e la tastierista e cantante Sanae Yamada propongono una versione pop-friendly della psichedelia, ricca di citazioni sixties (Velvet Undergrpound, Doors) ed eighties (Cure, Siouxie & The Banshees, Spiritualized), improvvisando su un tappeto ritmico ossessivo. Decisamente prolifici, i Moon Duo hanno realizzato tre dischi quest’anno, Occult architecture vol. 1 & 2 e Killing time. Voto complessivo ***1/2.



 

Amanda Palmer & Edward Ka-Spel – Pulp fiction/ Shahla’s missing page/ The clock at the back of the cage/ Rainbow’s end
Lei, Amanda Palmer, proviene dalle Dresden Dolls; lui, Edward Ka-Spel, dai Legendary Pink Dot. I can spin a rainbow (***1/2) mischia ambient, cold wave, folktronica, teatralità, con una resa finale tra ninna nanna e Mago di Oz deragliato. Più atmosfere musicali che canzoni, con archi, piano, computer e disturbi elettronici tenui.

 

Colter Wall -Thirteen silver dollars/ Motorcycle/ Kate McCannon/ Snake mountain blues/ Fraulein/ Bald butte
Giovane promessa del cantautorato americano, Colter Wall ha 21 anni, è canadese e si è trasferito nel Kentucky dal Saskatchewan. Voce alla Johnny Cash, passione per Townes Van Zandt, lo paragonano a Steve Earle e Parker Millsap. In Colter Wall (****) spiccano Snake mountain blues di Van Zandt e il classico fifties Fraulein, che era nel repertorio di Bobby Helms e Hank Locklin, ma anche in quello del grande Townes.


 

White Hills – A trick of the mind/ Attack mode/ Sugar hill/ Stop mute defeat
White Hills sono soprattutto i fondatori Dave W., chitarra e voce, ed Ego Sensation, basso e voce, unici membri fissi della formazione. Newyorchesi, attivi dal 2005, prolifici. In Stop mute defeat (***1/2) prende corpo la narrazione sinistra – alla Burroughs, è stato detto – di una New York notturna e mutante, gotica e violenta. Psichedelia con grandi tracce di industrial, noise, no wave, tra Berlino e lo spazialismo degli Hawkwind. Chitarre acide, ritmica martellante, nuvolaglie di synth, dissonanze, sferragliamenti. Un disco politico e oscuro, distopico, minaccioso.

 

IL RECUPERO
Francis Albert Sinatra & Antonio Carlos Jobim – The girl from Ipanema/ Dindi/ Quiet nights of quiet stars/How insensitive
Ritorna Francis Albert Sinatra & Antonio Carlos Jobim (****), un classico datato 1967 con due inediti che celebra l’incontro di The Voice con la bossa nova. Piacevoli, raffinati e fragili, spumosi inni alla joie de vivre che sanno d’acqua, sole e vento. Elegie senili del desiderio intrecciate con malizia a un erotismo sottotraccia (The girl from Ipanema), attimi di depressione latente (Quiet nights of quiet stars, Corcovado), sottili cadenze chopiniane (un’umorale How insensitive). Sinatra si produce qui in un rarefatto gioco di stile, con lo stesso languore vocale di «quando avevo avuto la laringite». La produzione è di Sonny Burke, agli arrangiamenti provvede Claus Ogerman. Al contrabbasso José Marino, Dom Um Romao alle percussioni evita le spazzole affidandosi alle mani, mentre il grande Jobim affianca Sinatra nel canto e lo accompagna con chitarra e pianoforte.


 

IL JAZZ
Jazz at Lincoln Center Orchestra – Django/ Piazza Navona/ Pulcinella/ Two bass hit
Jazz at Lincoln Center Orchestra è una formazione diretta dal trombettista di New Orleans Wynton Marsalis, che vede qui come pianista ospite il concittadino Jon Batiste, leader degli Stay Human e bandleader del The late show with Stephern Colbert, seguito talk show della Cbs. The music of John Lewis (****) rende omaggio al grande pianista, che fu bopper con Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Miles Davis e Kenny Clarke e poi inventore di un suo jazz da camera con il Modern Jazz Quartet, nonché propugnatore del third stream che fondeva jazz e musica sinfonica e cameristica. Django è intima e sofferta più dell’originale: grandissimo il pianista in solitudine. Piazza Navona – Marsalis offre un assolo spumeggiante, Batiste riesce a entusiasmare – e Pulcinella sono prelevati da The comedy, album del 1962 che il Modern Jazz Quartet dedicò alla nostra commedia dell’arte. Two bass hit è offerta nell’arrangiamento di Gillespie, con assoli di Carlos Henriquez al contrabbasso, Marsalis tra Satchmo e Roy Eldridge, Batiste enciclopedico.



 

Viktoria Tolstoy – Calling you/ As time goes by/Kiss from a rose/ New world
Viktoria Tolstoy, nome d’arte di Louise Viktoria Kjellberg, è una cantante svedese, pro-pronipote di Lev Tolstoj per parte di madre. Attiva dal 1994, si è dedicata al jazz con esiti gradevoli e non memorabili. Così così, ma non spiacevole, è anche questo Meet me at the movies (***) dedicato, come si può facilmente intuire, alla musica da film. Buoni musicisti svedesi di contorno, in particolare Iiro Rantala al pianoforte, ma abbastanza letterali loro e lei, e incapaci di veri affondi. Bocconi troppo grossi Seal (Kiss from a rose, da Batman forever) e soprattutto Bjork (New world, da Dancer in the dark). Meglio allora Calling you da Baghdad Cafe – ma io ho nelle orecchie l’inarrivabile cover di Jeff Buckley – e la corretta e un po’ sbiadita As time goes by da Casablanca.



 

LA CLASSICA
Roberto Prosseda esegue Mendelssohn
Roberto Prosseda, classe 1975, premio Venezia 1997, ha una biografia artistica ricca. Assiduo frequentatore del nostro ‘900 (ha inciso le integrali pianistiche di Petrassi e Dallapiccola), dal 2005 a oggi si è prodotto in una maratona pianistico-discografica propiziata dalla Decca, dieci cd dedicati a Felix Mendelssohn Bartholdy (****), con 59 prime registrazioni assolute, compresa l’integrale delle Romanze senza parole. Nel suo lavoro di scavo e riscoperta, Prosseda affronta anche repertorio poco noto o del tutto sconosciuto, compresa la produzione a quattro mani e per due pianoforti, che esegue in duo con la moglie Alessandra Ammara. Fluido, sicuro, ammirevole.



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