Venezia, la cinephile: il glamour c’è ma non si vede

In Cinema

Tornano Sokurov e altri maestri, c’è un Leone per Tavernier, tanti documentari e omaggi a Welles e Monicelli. Ma i divi “Made in Usa” non mancano di certo

Come ogni anno, nel salire sul vaporetto diretto al Lido di Venezia, inizio a pensare alla Mostra del Cinema che sto per affrontare, ai film da vedere, ai personaggi da incontrare. E spesso ciò che mi assale non è tanto l’eccitazione per l’imminente scorpacciata di cinema, piuttosto un senso di smarrimento e incertezza, seguito da tante domande capaci di minare anche le più alte aspettative. Quanti film mi piaceranno? Sarà questo un festival all’altezza? E così via. Ma stavolta proverò a giocare d’anticipo, affrontando attraverso la scrittura i miei (seppur passeggeri) demoni legati alla Mostra di Venezia 2015, la numero 72, che parte il 2 settembre e si concluderà il 12.

Una cosa è certa, il festival cambia sempre pelle, e non ha senso guardare al passato con nostalgia. Troppo lontani i tempi in cui La grande guerra di Mario Monicelli – omaggiato quest’anno dall’installazione Fantasmi al Palazzo del Casinò, firmata da Chiara Rapaccini e dalla visione in copia restaurata di Vogliamo i colonnelli – e Il generale Della Rovere di Rossellini si spartivano il Leone d’Oro, mentre Il volto di Bergman si accontentava di quello d’Argento. Questa maratona di film va interpretata e raccontata nella sua completezza, senza tener conto più di tanto della suddivisione in sezioni, ma con un approccio che permetta di scoprire le vere chicche nascoste in sale e a orari improbabili. Perché oltre al Concorso, che avrà come fiore all’occhiello il ritorno di Aleksandr Sokurov con Francofonia (l’ultima volta, 2011, fu Leone d’Oro grazie al Faust), coprodotto dal Museo del Louvre che offre episodi storici alternati a momenti di fiction per interrogarsi sul valore dell’arte e la responsabilità di ciascuno verso la sua sopravvivenza, ci sono tanti titoli fuori concorso, negli Orizzonti, in Venezia Classici, nella Settimana della Critica, nelle Giornate degli Autori e in vari altri spazi ancora.

fr fr2

L’apertura all’insegna del blockbuster iper-adrenalinico ad alta quota Everest di Baltasar Kormákur, protagonisti Josh Brolin, Robin Wright, Sam Worthington, Keira Knightley, Emily Watson e Jake Gyllenhaal, non deve ingannare. Non sarà questo il genere principe del festival, caratterizzato come non mai da documentari per appassionati di ogni tipo. I più importanti sono De Palma di Noah Baumbach e Jake Paltrow, in cui Brian il maestro si racconta a cavallo tra film e vita privata, e Janis di Amy Berg, dedicato alla mitica cantante rock anni 60 Janis Joplin. E non finisce qui: dopo il Leone d’Oro alla carriera, il documentarista Frederick Wiseman (National Gallery) torna al Lido presentando In Jackson Heights, sulla vita di un quartiere multietnico newyorkese, mentre il nostro Franco Maresco (applauditissimo alla Mostra 2014 per il suo Belluscone – Una storia siciliana) omaggia un grande drammaturgo siciliano in Gli uomini di questa città io non li conosco. Vita e teatro di Franco Scaldati. Ci sono poi gli italiani Gianluca e Massimiliano De Serio, che portano all’attenzione dello spettatore la vita in una baraccopoli sugli argini del fiume Stura a Torino in I ricordi del fiume e il documentarista russo Evgeny Afineevsky con Winter on Fire, sulla recente rivoluzione in Ucraina.

Sul piano mediatico i riflettori mondiali saranno puntati a Venezia sull’ennesimo stravolgimento nella carriera di Johnny Depp, che in Black Mass di Scott Cooper interpreta il boss James “Whitey” Bulger (comprimari Peter Sarsgaard, Dakota Johnson, Joel Edgerton, Benedict Kumberbatch, Juno Temple, Kevin Bacon), su Spotlight di Thomas McCarthy, con un supercast in cui spiccano Michael Keaton, Mark Ruffalo, Rachel McAdams e Stanley Tucci impegnati a raccontare lo scandalo nato dagli abusi sessuali di alcuni preti americani, sul fantapolitico Equals di Drake Doremus, con Kristen Stewart, Nicholas Hoult, Guy Pearce, Jacki Weaver e soprattutto sulla trasformazione dell’ultimo premio Oscar Eddie Redmayne in The Danish Girl di Tom Hooper, storia di un “pioniere” del cambio di sesso.

Nelle sale del festival sarà possibile riapprezzare grandissimi film del passato come Le beau Serge di Claude Chabrol, Aleksandr Nevskij di Sergej Ėjzenštejn, Amarcord di Federico Fellini, La lupa di Alberto Lattuada, Il cielo può attendere di Ernst Lubitsch, I mostri di Dino Risi, Il mercante di Venezia e Otello di Orson Welles, festeggiato nel centenario dalla nascita. Tra i maestri contemporanei tornano in concorso nomi del calibro di Cary Fukunaga, Amos Gitai, Charlie Kaufman, Atom Egoyan, Jerzy Skolimowski.

E la rappresentanza italiana? Nutrita come sempre, anche se forse non agguerritissima dopo il robusto prelievo di Cannes (Moretti-Sorrentino-Garrone): c’è Marco Bellocchio con lo storico Sangue del mio sangue, protagonista Alba Rohrwacher accanto a Roberto Herlitzka, Pier Giorgio Bellocchio, Lidiya Liberman e Filippo Timi, Giuseppe Gaudino con il ritratto femminile Per amor vostro (nel cast Valeria Golino, Massimiliano Gallo, Adriano Giannini, Elisabetta Mirra), Luca Guadagnino autore di A Bigger Splash, remake della Piscina con Alain Delon e Romy Schneider (la ventata di glamour in questo caso, è assicurata sul tappeto rosso da Tilda Swinton, Matthias Schoenaerts e Dakota 50 sfumature di grigio Johnson) e l’esordiente Piero Messina con L’attesa, cronaca della convivenza in una villa dell’entroterra siciliano di due donne, Juliette Binoche e Lou de Laage. E ancora Viva la sposa di Ascanio Celestini, Italian Gangster di Renato De Maria e Pecore in erba dell’esordiente Alberto Caviglia.

Tra l’opera sperimentale di (e con) Laurie Anderson Heart of a Dog, unica donna a concorrere accanto all’australiana Sue Brooks, il film di animazione Anomalisa di Kaufman & Johnson e Behemoth del videoartista cinese Zhao Liang si prospetta un festival abbastanza lontano dal glamour di Cannes, che fronteggia le kermesse di Toronto e New York, restando vivo e vicino ai cinefili veri. Che premia Bertrand Tavernier col Leone alla carriera e sceglie una madrina chic come Elisa Sednaoui. Sarà la scelta giusta?

(Visited 1 times, 1 visits today)