In terra straniera gli alberi parlano arabo. Camminare nel bosco con Shahmani

In Letteratura

Camminando in un bosco lontano dal suo paese, dal quale è stato costretto a scappare, Usama Al Shahmani impara dagli alberi a ricordare. In sette capitoli – uno per ogni pianta che sceglie di raccontare – la storia di un uomo sospeso tra due mondi, che ripercorre la sua vita e, al di là di ogni dolore, si riscopre capace di desiderare un nuovo inizio.

Usama al Shahmani è rifugiato in Svizzera dal 2002 dopo una rocambolesca fuga da Bagdad, dove ha lasciato tutto al tempo della seconda guerra del Golfo: famiglia, studi, lavoro. È un profugo senza nessuna risorsa che vive in un centro di accoglienza, ma è riuscito a evitare galera e morte. Si adatta a qualsiasi lavoro e nei ritagli di tempo scrive poesie e saggi sulla letteratura e la poesia araba, quel che faceva nella sua vita antica. La parola scritta è stata tra le cause della sua fuga, perché una sua pièce teatrale in cui criticava aspramente il regime iracheno lo ha messo in pericolo.

Le due vite di Usama sono scisse, i suoi pensieri anche, è straniero a tutto, finché un giorno una signora non gli consiglia di camminare nei boschi lì intorno per rilassarsi.
Gli sembra una cosa assurda:

‘ Sì, noi non camminiamo. Ci spostiamo, corriamo, andiamo a zonzo. Sono le cose quotidiane che facciamo noi iracheni… Ma camminare, no, è impossibile’.

Nel momento in cui ci prova, la prima sensazione è quella dell’incertezza.
Il bosco è oscuro, tutti quegli alberi gli sono estranei, non ritrova né le palme, né i cedri, né gli ulivi del suo paese, finché si ferma davanti a un grande tiglio, e senza pensarci gli dice in arabo: hub, amore.
E continua: semah – shanger, cielo – alberi.
L’eco araba gli risponde dal bosco e a poco a poco Usama ritrova le sue radici, sente che si estendono anche nel nuovo paese.

Fu una bella sensazione, sentire l’arabo nel bosco. Dunque la natura non era affatto muta, bastava rivolgerle la parola e stare ad ascoltarla

In questo modo nasce In terra straniera gli alberi parlano arabo, pubblicato da Marcos Y Marcos, più volte ristampato a Zurigo.

In Iraq, ricorda Usama, non era mai stato in un bosco: la sua famiglia viveva in città, pochi gli alberi, pochi i parchi, le immagini delle piante che ha dentro risalgono alle storie che gli raccontava la nonna. Permettere alla memoria di tornare ai frutti, alle foglie, alle forme significa, per Usama, ripopolare la sua testa della ricchezza del tempo e della cultura che si porta dietro anche lontano.
E nella sua testa il bosco mentale comincia a crescere.

Così il melograno è l’albero dell’amore. Usama ricorda: ogni albero di melograno ha molti frutti, ma solo uno contiene un chicco particolare. Quel chicco appartiene al paradiso, e chi lo assaggia conoscerà amore e gioia.
”Non condividere mai una melagrana con qualcuno, figlio mio, perché non sai se butti via l’amore”, gli aveva raccomandato la nonna.

Le telefonate in Iraq, l’ansia per il fratello, il caos in cui il suo paese sprofonda anche dopo la caduta di Saddam tormentano Usama nella sua vita da lontano.
Ma gli alberi tra i quali porta a camminare il suo cuore in tumulto diventano rifugio e protezione: gli insegnano a piegarsi e muoversi nel vento, ad ascoltare se stesso; a pensare a un nuovo inizio.
Ogni pianta che rievoca nella sua mente diventa perciò un capitolo del libro, e ogni capitolo è un modo per ripercorrere un episodio della sua vita, in un costante rimando tra mondi e stagioni.
La morte più bella è quella degli alberi perché muoiono in piedi, dice un vecchio proverbio iracheno, ma il presente insegna quanto anche i detti possano venire intaccati dalle vicende umane.

Così il tiglio è diventato l’albero della morte. Durante le rivolte a Bagdad, lo zoo era stato occupato da Al Quaeda che aveva ucciso tutti gli animali per usare le gabbie come prigioni e come mattatoi. Sotto il maestoso tiglio all’ingresso dello zoo, proprio quello dove si davano appuntamento le coppie di innamorati, ora stanno appesi i cadaveri.

Al contrario l’albero della speranza è il cedro, ed è benedetto perché i musulmani credono che alla fine del settimo cielo ne cresca uno e in ogni nuova casa devi piantarne uno. La sua storia per il protagonista è legata alla speranza di trovare un lavoro, una moglie.

In sette capitoli-albero, Usama si scopre ancora capace di sperare, e di immaginare un nuovo inizio per sè.

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