Tra Darwin e Mingus, l’evoluzione anarchica del jazz

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Darwinsuite: un’esplorazione audace e avventurosa nel free jazz orchestrale, sulle orme della HMS Beagle di Charles Darwin

Area M continua a riservare piacevoli soprese. La rassegna musicale di Città Studi, inaugurata lo scorso ottobre per avvicinare i cittadini milanesi alle sonorità jazz, stavolta propone al pubblico un incursione nel genere free. È sulle note di The Trip, opening track di Darwinsuite, che Ferdinando Faraò salpa metaforicamente dal palco del Teatro Leonardo, con un equipaggio di ben dieci musicisti, per ripercorrere il celebre viaggio del naturalista inglese attorno al globo.

Il lavoro, scritto nel 2009 in occasione del bicentenario della nascita di Charles Darwin e del centocinquantenario della pubblicazione de L’Origine delle Specie, riprende per certi versi la forma musicale delle suite progressive anni ‘70: un filo conduttore lega il primo brano all’ultimo, sviluppando una narrazione unitaria e allo stesso tempo eterogenea.  Su questo solco, il lavoro di Faraò non può che rievocare per affinità Darwin! (1972), celebrato concept album del Banco del Mutuo Soccorso dedicato alla conquista della posizione eretta e ad altre imprese della storia naturale.

D’altra parte, sullo sfondo di quest’esplorazione musicale si riconosce inconfondibile l’impronta di Charles Mingus, il profeta della libera improvvisazione. Uno spirito assolutamente libero e anarchico, sempre schierato per un jazz di ricerca, avventuroso e rivoluzionario: la sua figura rivive nell’approccio compositivo e nell’esecuzione dei brani di Darwinsuite, che culmina nel tributo Pithecantropus Erectus, dall’omonimo album di Mingus del 1956. Il confronto con The Angry Man of Jazz è forse il punto di partenza ideale per affrontare il racconto dell’evoluzione attraverso la musica.

«L’improvvisazione è un ragionamento che scaturisce dal discorso, non sai come si manifesterà» racconta Faraò, «Può prendere a seconda delle circostanze strade diverse, arricchirsi in tanti modi. È impossibile da definire in maniera conclusiva: c’è sempre un fattore di imprevedibilità». In questo senso la mutazione, alla base della variabilità genetica, assume un carattere fondamentale anche per il linguaggio musicale. Come l’evoluzione degli organismi è contingente e procede senza mai dare il preavviso, così l’interpretazione dell’ensemble lascia spazio a dissonanze e a sviluppi estemporanei, in una performance che ha i caratteri dell’irripetibilità.

I momenti più espressivi del concerto sono caratterizzati da diversi episodi di coppia. L’interplay ritmico tra il flauto di Carlo Nicita e il trombone di Andrea Baronchelli, il dialogo frenetico tra il violino di Eloisa Manera e la batteria di Faraò: sono segmenti orizzontali da cui si diramano a cascata progressioni corali, come nuove specie viventi danno origine ai rami di un albero filogenetico. L’esperimento portato in scena da Ferdinando Faraò è un raro quanto riuscito sforzo di astrazione collettiva, in cui l’esecuzione di ciascun musicista si presta all’interazione dinamica con il resto del complesso. Se Darwin fosse stato un compositore, probabilmente avrebbe pensato la musica così.

Il cartellone di Area M è proseguito sabato scorso con il live del trio Usai-Gurrisi-Sicbaldi all’Osteria Lambrate. Sempre ad aprile seguiranno i concerti di Apramada Project (martedì 21 all’Upcycle Café), di Dario Yassa Tribe Trio (giovedì 23 all’Auditorium di via Valvassori Peroni) e dell’Orchestra di Via Padova (mercoledì 29 al Teatro Leonardo). In attesa del programma di maggio, nei prossimi giorni verrà annunciato il calendario di Ritmo delle Città, il festival meneghino dedicato al jazz, giunto ormai alla sua nona edizione: quest’anno verrà ospitato da Area M nella location dell’Orto Botanico. Dalle prime anticipazioni, i protagonisti di quest’anno saranno Steve Lehman Octet, Larry Schneider, Jon Balke, Artchipel Orchestra e Dianne Reeves.

Darwinsuite – Ferdinando Faraò 10et al Teatro Leonardo

Marco Mariani (tromba), Germano Zenga (sassofono), Andrea Baronchelli (trombone), Carlo Nicita (flauto), Eloisa Manera (violino), Naima Faraò (voce), Serena Ferrara (voce), Giusy Lupis (voce) Tito Mangialajo Rantzer (contrabbasso), Ferdinando Faraò (batteria e composizione).

Foto di copertina: © Gill Cesaria