Il nuovo anormale degli Strokes colpisce nel segno

In Musica

La band statunitense fa centro con l’album “The New Abnormal”. Riff potenti, nostalgia e qualche riflessione amara utile per accompagnare la ripartenza

In un recente concerto londinese dei The Strokes, il frontmen Julian Casablancas si è così rivolto alla folla festante: “ So cosa volete sentire da noi ma odio darvelo”. E infatti nel nuovo album della band non ritroviamo, o ritroviamo solo in parte, lo stile dei dischi degli Strokes che riportarono in auge il garage rock. 

The New Abnormal, loro primo album in 7 anni e primo in 14 anni completamente approvato dai suoi creatori (viste le incomprensioni e le diverse metodologie di lavoro dei due dischi precedenti), è invece caratterizzato da una netta evoluzione compositiva e musicale in direzione di una profonda introspezione con qualche tratto nostalgico e malinconico.

La produzione è affidata a Rick Rubin (già produttore di Johnny Cash, Red Hot Chili Peppers, AC/DC, Beastie Boys, Slayer) e curata nei leggendari Shangri – La Studios di Malibu. Parte della lavorazione del disco è stata ripresa dal canale Showtime per un documentario degli Studios.

La copertina rende omaggio ad uno dei più grandi artisti degli anni 80, Jean Michel Basquiat, con la sua opera Bird On Money

Traccia di apertura, The Adults Are Talking, abbagliante. l riff, dolcemente indagatori, si sviluppano secondo il vivace stile vintage degli Strokes. Le chitarre di Nick Valensi e Albert Hammond jr. interagiscono magistralmente. Di seguito, Selfless parla di un amore che, in fondo, tanto disinteressato non sembra (“please don’t be long cause i want you now”).

“Le band degli anni ’80, dove sono finite?” canta Casablancas nostalgicamente in Brooklyn Bridge to Chorus, il terzo brano del disco che funziona con i suoi riff potenti, la struttura scanzonata e le tastiere ritmiche che ricordano Phrazes for the Young, il  primo disco solista del cantante, ma anche i suoi slanci emotivi (“Juliet i adore”).

Bad Decisions si rifà a Dancing With Myself  di Billy Idol (in coda i credits a lui e al chitarrista di Idol, Tony James) Le chitarre in stile  New Order la fanno qui da padrone, la canzone ha “tiro” e non passa inosservata anzi sembra lasciare il segno anche dopo innumerevoli ascolti.

Il talento, l’elasticità vocale ma anche la scrittura di Casablancas caratterizzano l’interessante Eternal Summer; una maestosa marcia che mette in guardia con amarezza verso i cambiamenti climatici. “L’estate sta arrivando, non andrà via”, grida Casablancas in falsetto e mette in guardia: “Hanno ottenuto il rimedio / Ma non lasceranno che accada.” Il finale arriva con un crescendo scuro e poi si risolve con voci effettate e sinth.

At the Door è la canzone  dell’album che più si discosta  dal tipico sound degli Strokes. Priva di batterie, la musica trae il suo impulso dai toni del sintetizzatore ritmico e dagli accordi di chitarra che si fondono nel ritornello con i sinth e quasi non si avvertono. Verso la fine le parti si moltiplicano in una polifonia dominante di voci. Per scrittura  e melodia  At the Door è uno dei pezzi migliori del disco e forse dell’anno:  “Use me like an oar and get yourself to shore” (Usami come un remo per portarti a riva) ci offre un Casablancas in un momento di bonarietà che nel brano successivo, Why Sunday’s are so depressing?, avverte: “Non farmi domande / di cui non vuoi / le risposte”. Il pezzo ha una struttura atipica ma le melodie come  i suoni nel ritornello e nel finale della canzone funzionano.

L’intensa Not the Same Anymore è semplicemente una delle più belle ballad scritte finora dalla band.

Chiude Ode to the Mets, dedicata alla squadra di baseball di gioventù del cantante, appunto i Mets di New York. Inizio incerto con un sinth discordante che pian piano si dissolve nella chitarra e una progressione decisamente spettacolare.

Insomma quando ci si mettono i cinque (Julian, Albert, Nikolai, Fabrizio, e Nick) riescono ancora a produrre magia. E, poi, che tempismo quel titolo…

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