Se si è irrequieti si può stare tranquilli. In memoria, viva, di Pasquale Leccese

In Arte

Il 6 novembre scorso la città di Milano ha ricordato Pasquale Leccese, visionario gallerista, attivista e “giardiniere” dell’arte contemporanea, scomparso lo scorso 30 agosto, con una serata di talk, video, danze, drink e cotillons al PAC, a cura di Giulia Currà, Paolina Leccese, Vito Leccese, Monika Sprüth, Mariuccia Casadio, Marta dell’Angelo, Ilaria Villa e Diego Sileo. Il racconto della serata è pretesto per seguire il personalissimo ricordo del rapporto che a Pas, come tutti lo chiamavano, legava l’autore di queste righe. Con stima, umiltà e molta nostalgia.

Se si è irrequieti si può stare tranquilli. Questo era il motto di Pasquale Leccese, deus ex machina di tanta Arte Contemporanea da tanti punti di vista, come gallerista, come amico degli artisti, come creatore di relazioni tra le persone e le idee. Un talento potentissimo e straordinario nello scatenare tempeste di pensiero con la sua intelligenza e con il suo inesauribile entusiasmo, durato fino all’ultimo momento. Perché Pasquale Leccese, detto Pas, barese nomade approdato a Milano, classe 1957, ci ha da poco lasciati, aprendo un vuoto che per molti è una voragine, per tutti un dolore immenso. Ma bisogna restare nel presente, come diceva e soprattutto dimostrava lui con i fatti. Nato e cresciuto in Puglia, imbarcato in marina, emigrato Australia, approdato a Milano nei primi anni ottanta, gallerista dall’Ottantasei, una galleria diversa ogni 4-5 anni. Fino all’officina trasformata in casa-studio a Cuggiono negli ultimi tempi, per mettere in pratica, per l’ennesima volta, quell’arte della fuga che era alla base del suo modus vivendi, dai viaggi giovanili ai My New Office improvvisati nei luoghi più improbabili di mezzo mondo.

Pasquale Leccese, My New Office, Milano

Non serve qui riassumere la sua storia, nota a molti e ovunque raccontata con dovizia. Serve invece ricordare la persona, l’uomo, l’amico, l’accentratore rispettoso e stimolante, motore di crescita ed entusiasmo, fino all’ultimo punto di riferimento per tanti e tante. Per questo, per ricordarlo tra le sue cose esposte come opere d’arte, con interventi, filmati e performance, per ricordar di lui con un bicchiere in mano, l’appuntamento è stato al PAC di Milano qualche giorno fa, il 6 novembre scorso. Dalla famiglia agli amici, con l’apertura dell’Assessore alla Cultura Tommaso Sacchi, seguito da Stefano Boeri che ha condiviso i messaggi pieni di progettualità in divenire ricevuti da Pas nelle sue ultime ore terrene, dall’amica di sempre Mariuccia Casadio, giornalista e curatrice, che tra risate e commozione ha ricordato la strada fatta assieme, da Franco Toselli, il grande gallerista che di Leccese fu mentore. C’erano, c’eravamo tutti. Il direttore del PAC, Diego Sileo, e del museo del 900, Gianfranco Maraniello, e ancora, artisti, dei suoi e non dei suoi, giornalisti, galleristi, amici. Tanta, tantissima gente, in un’aria di festa che a lui, diceva qualcuno, sarebbe piaciuta più del canonico funerale. Che però è stato così intenso, così simile a un happening Fluxus, che non credo gli sarebbe poi dispiaciuto. Anzi.

Il tributo a Pasquale Leccese al PAC di Milano il 6 novembre scorso


Personalmente non posso definirmi un amico di Pasquale Leccese. Lo conoscevo da sempre di fama, ma di persona solo da poco, anche se la simpatia è stata reciproca e immediata. L’ho incontrato un anno fa sotto un tendone a Inveruno, nella campagna lombarda, dove Inverart, collettiva apertissima a ogni livello di stile e qualità, si contende lo spazio tra il retrogusto di stallatico e le sciabordate del liscio dal vivo. Un evento piacevole, molto locale, che sicuramente i galleristi milanesi non degnerebbero di grande attenzione. Ma Pasquale era lì e mi si presentò assieme a Marco Bechis, il regista del film culto Garage Olimpo, provocandomi un cortocircuito lisergico per l’ossimorico accostamento tra persone e contesto. Non c’era, con Pasquale, tempo per i convenevoli: con lunghe falcate mi portò davanti a lavoro di un mio studente di quarta liceo Artistico, dicendomi che voleva comprarlo. Certo che si, ci si accorda sul prezzo e ci si promette di vederci presto per la consegna. Ma il destino, si sa, fa quel che vuole, e la storia di quell’opera e di quell’incontro scorre fino all’ultimo saluto a Pasquale Leccese, che venne a scuola a raccontare la sua vita e la sua filosofia agli studenti; che fece della nostra scuola uno dei suoi My New Office; che si raccomandò di dare la giusta attenzione a un ragazzo speciale, suo amico carissimo e anche lui mio allievo; che pochi giorni prima di andarsene cercò di accettare un mio invito in Val Camonica, senza purtroppo riuscirci. Ma sempre ricordandomi che dovevamo trovare l’incastro per vederci, lui, io e Samuele, lo studente di cui acquistò l’opera, che ancora non ci eravamo riusciti ma ci teneva molto. Mi raccomando.

My New Office, Liceo Artistico Einaudi di Magenta, con Samuele Diotti


La notizia della sua morte non ha impedito che l’impegno fosse rispettato. Adesso l’opera di Samuele è tra le altre opere della collezione di Pasquale Leccese a Cuggiono, accanto a opere di artisti culto dell’arte contemporanea, da Pascali a Fischli&Weiss, così come a quelle di Giuseppe Abbati, bravissimo artista e suo assistente in quel rifugio, o del figlio Lorenzo, adolescente ai primi anni di liceo ma per il suo essere speciale, a detta di Pas, degno di far parte di quell’olimpo variegato dove la fama e il danaro non contano. Perché contano le qualità. Conta la relazione. Conta lo sguardo aperto e universale di un uomo, lo dico senza retorica, straordinario. Lo sguardo di Pasquale Leccese, l’irrequieto tranquillo.

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