Stingel, celotex e damaschi

In Arte

Rudolf Stingel alla Galleria Massimo De Carlo presenta una mostra ambigua, tra preziosità barocche e pavimenti appesi al muro.

La prima grande sala ospita sei opere pittoriche rettangolari decorate con la classica fantasia barocca che spesso contraddistingue le opere di Stingel. Il barocco broccato argento, che si staglia sul fondo magenta ci fa subito interrogare su pieno e vuoto, assenza e presenza, sfondo e superficie. Troppo o troppo poco.

I pattern paintings di Rudolf Stingel (Merano, 1956) vengono così a scandire le candide pareti della galleria Massimo De Carlo, interagendo con l’ambiente all’insegna di queste ambiguità concettuali: indecisi tra decorazione e pittura, tappezzeria o quadro, fanno contrastare il vuoto della sala con la pienezza, l’abbondanza e la ricchezza della propria trama lucente. E così ci ritroviamo a vagare con la fantasia tra gli spazi antisettici della galleria e i saloni di qualche palazzo gattopardesco.

Ogni dipinto sembra uguale all’altro ma, come già nelle serigrafie di Andy Warhol, osservando attentamente, ogni opera ha una sua identità materiale che la distingue dalle altre, un non-detto nel già-detto. Utilizzando uno stencil per riprodurre la fantasia argentea, si creano inevitabilmente delle imperfezioni, delle zone più dense di colore, più scure o addirittura macchiate: una denuncia discreta della presenza dell’uomo in un processo quasi-industriale.

Rudolf Stingel, Untitled, 2012. Courtesy of the Artist and the Gallery.
Rudolf Stingel, Untitled, 2012. Courtesy of the Artist and the Gallery.

Nella seconda sala ci si trova di fronte al calco argentato di un pannello di celotex, materiale generalmente utilizzato per rivestire i pavimenti degli spazi espositivi. Superato un iniziale senso più di freddezza e di diffidenza che di curiosità, tutto sta nel farsi portare al piano superiore. Ecco che così si viene all’ultima sala. Scopriamo, sui muri, altri cinque calchi di pannelli celotex, segnati da impronte di scarpe e tanto altro. L’indagine sul senso “duchampiano” dell’accrochage, che rende opera d’arte un pavimento, purché appeso, si svolge così lungo il filo lirico del tentativo di cristallizzare un frammento di tempo, di movimento umano, di storia.

“Rudolf Stingel”, Galleria Massimo De Carlo, fino all’8 novembre 2014

Foto: Rudolf Stingel, Untitled, 2014. Courtesy of the Artist and the Gallery.

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