Prendi l’arte e mettila in banca

In Arte

Otto banche aprono i loro depositi per esporre opere altrimenti invisibili. Ma l’unico filo che collega i dipinti è di essere stati solidi investimenti.

Ventitré dipinti, otto banche e due sale per tre secoli di pittura. Questi sono i numeri della mostra Da Tiepolo a Carrà. I grandi temi della vita nelle collezioni delle Fondazioni, allestita negli eleganti spazi di quella che fu la Banca Commerciale in piazza della Scala, oggi sede delle altisonanti Gallerie d’Italia. L’idea dell’esposizione è molto semplice: cavare dai caveaux di otto fondazioni bancarie, federate sotto l’egida della sempre munifica Cariplo, un selezionato manipolo di dipinti del Sei-Settecento e del Novecento normalmente inaccessibili al pubblico, con l’idea di integrare la collezione ottocentesca delle Gallerie d’Italia. Un merito non da poco, che consente ai personaggi raffigurati da artisti come Angelica Kauffman e Vincenzo Gemito, di lasciare per un momento il ruolo di solidi investimenti per tornare ad offrirsi allo sguardo degli appassionati.

Carlo Carrà, Madre e figlio, 1934. Macerata, Museo di Palazzo Ricci.
Carlo Carrà, Madre e figlio, 1934. Macerata, Museo di Palazzo Ricci.

Nelle due sale, allestite con sobrietà elegante ma un po’ asettica (fin troppo facile sarebbe spendere l’aggettivo “bancaria”), non mancano opere di grande interesse. I Cacciatori di Tiepolo o il grande telero cinematografico Amore: discorso primo del veneziano Leonardo Dudreville sono capolavori non scontati. E poi un bel ritratto di Pompeo Batoni, un Carrà masaccesco o, ancora, un cupo interno familiare dell’anonimo pittore di fine Seicento noto come Maestro della tela jeans”.

"Da Tiepolo a Carrà". Veduta della mostra allestita presso le Gallerie d'Italia, dicembre 2014.
“Da Tiepolo a Carrà”. Veduta della mostra.

Il tutto è affidato alla cura autorevole di Fernando Mazzocca, cui spetta l’ingrato compito di individuare un fil rouge tra opere che solo le quotazioni del mercato hanno radunato. I fantomatici “grandi temi della vita” che campeggiano nel titolo già dichiarano la difficoltà dell’operazione. Ciò che davvero manca è una narrazione che possa raccogliere in un discorso coeso le opere in mostra e valorizzarle per un pubblico di non esperti: se la sala novecentesca gode, se non altro, di un filo conduttore – il Ventennio, tra Novecento e fascino per la Nuova Oggettività tedesca –, nella sala più antica ci si aggira spersi. Così, a collegare i due ambienti è soltanto l’artificio da grand opéra dell’allestimento, con le divinità tutte novecentesche di Funi che vegliano austere sui Cacciatori veneziani, tanto più scapigliati e irrequieti. Ma è solo un’ottima scenografia.

“Da Tiepolo a Carrà. I grandi temi della vita nelle collezioni delle Fondazioni”, Gallerie d’Italia, fino al 18 gennaio 2015.

Foto: Cagnaccio di San Pietro, L’alzana, 1926. Venezia, Collezione d’arte della Fondazione di Venezia.

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