L’invincibile armata di Gianni Piacentino

In Arte

Tra aerai smontati e chopper alla Easy rider, alla mostra di Gianni Piacentino c’è di che rimanere ammaliati; e non solo per amanti di modellismo…

Gianni Piacentino (Torino, 1945) approda alla Fondazione Prada sotto l’ala protettiva di Germano Celant, nel podium, già diventato classic, che fino a poco tempo fa ospitava i marmi “sceltissimi” portati da Salvatore Settis. Come per quella mostra, anche l’allestimento attuale lascia senza fiato, a conferma che la prima vera opera d’arte della Fondazione, al di là delle collezioni, permanenti e temporanee, è il progetto architettonico di Rem Koolhaas. In questo spazio le opere di Piacentino, minimaliste ma non troppo, si dispongono con armonia ed equilibrio, come forze armate strategicamente spiegate onde evitare di essere colpite e affondate. Tra di esse troviamo la flotta,  composta dalla serie Race, una sorta di alternativa laccata alla desolante flotta di sottomarini di Anselm Kiefer; l’aviazione, smontata e rimontata, che dissemina eliche, ali e ruote; e infine la fanteria, con quei chopperoni stilizzati che sarebbero piaciuti ai “giovani bruciati” Peter Fonda e Dennis Hopper. Il modellismo in scala 1:1 di Piacentino non è privo delle istruzioni di montaggio, che per l’occasione diventano le grandi tele Build Seaplane (MC72) o quelle dedicate ai fratelli Wright, forse le opere in mostra più esplicitamente pop, con quelle campiture acriliche piatte e le scritte in stile Campbell’s Soup.

"Gianni Piacentino", Fondazione Prada, 2015. Foto: Delfino Sisto Legnani Studio. Courtesy Fondazione Prada
“Gianni Piacentino”, Fondazione Prada, 2015. Foto: Delfino Sisto Legnani Studio. Courtesy Fondazione Prada

L’esposizione segue un intelligente percorso a ritroso, dalle opere più recenti a quelle degli anni Sessanta, suddivise su due piani. Le opere collocate al piano inferiore arrivano fino agli anni Settanta, mentre al primo piano si trovano le sculture ben più minimal del decennio precedente. Qui l’oggetto lascia spazio alla forma geometrica pura, sebbene un indice di riconoscibilità permanga in strutture che ricordano tavoli o sedie, oggetti di design che a causa delle loro dimensioni perdono ogni funzionalità. Il registro è evidentemente cambiato, qui è piano, trascendente e anonimo, laddove là era forte, artificiale e citazionistico.

"Gianni Piacentino", Fondazione Prada, 2015. Foto: Delfino Sisto Legnani Studio. Courtesy Fondazione Prada
“Gianni Piacentino”, Fondazione Prada, 2015. Foto: Delfino Sisto Legnani Studio. Courtesy Fondazione Prada

Ora come prima, lo sguardo del visitatore viene ammaliato dal luogo: il misticismo della foglia d’oro che ricopre la Haunted House e i tagli di luce fratti e rifratti tra le diagonali del tetto in laterizio completano l’“opera”.

 

Gianni Piacentino, a cura di Germano Celant, Fondazione Prada, fino al 10 gennaio 2016.

Immagine di copertina: veduta della mostra Gianni Piacentino, Fondazione Prada, 2015. Foto: Delfino Sisto Legnani Studio. Courtesy Fondazione Prada

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