Quel piccolo Macbeth dentro di noi

In Teatro

Niente scuse con “Parassiti fototonici” dell’inglese Philip Ridley: il regista Bruno Fornasari e i suoi ottimi attori del Filodrammatici ci confermano che nessuno è innocente

Non è curioso pensare che, in un tempo nemmeno troppo lontano, quando si faceva del male a qualcuno si finisse per provare dolore a propria volta? Oggi non è più così. I rimorsi che attanagliavano anche i più crudeli e depravati assassini a noi fanno un baffo. Possiamo commettere delitti, essere i più cinici ed efferati criminali del mondo mantenendo sempre la coscienza pulita. Merito, naturalmente, della nostra magnifica lavatrice ultimo modello, quella che quel pezzente del nostro vicino non può permettersi. Magari un giorno la stiamo fissando e, fra l’ultimo ciclo e il risciacquo, ci può venire in mente che quella lavatrice, a ben rifletterci, è il risultato di una prevaricazione, che se noi siamo un po’ più ricchi qualcun altro è molto più povero. Forse quella lavatrice, quell’auto nuova, quella racchetta da tennis che fa tanta invidia ai colleghi dell’ufficio, sono il prezzo del sangue di qualcuno. Anche perché, coi mezzi di oggi, si possono uccidere le persone a distanza, senza sporcarsi le mani. Ma appena questo turbinio da incubo che ha tormentato la nostra mente si ferma, segno che il lavaggio è terminato, ci torna in mente che sono tutte sciocchezze. Perché noi siamo brave persone. Abbiamo una “coscienza”, una “morale”, siamo immuni dal cinismo imperante che ci scandalizza tanto. I cattivi sono fuori. Sono i banchieri, i petrolieri, i politici. E poi, scherziamo? Facciamo l’elemosina, noi.

Ma una sera si va a teatro e, dopo aver schivato per l’ennesima volta quello scocciatore che ci vuole vendere le rose e l’altro coi suoi dannati libri sull’africa, ci sediamo sulla nostra poltroncina e guardiamo Parassiti fotonici, il nuovo lavoro di Philip Ridley, diretto da Bruno Fornasari, con Tommaso Amadio, Federica Castellini e Elisabetta Torlasco. E qui le cose si fanno un po’ più difficili. La storia, apparentemente, è pura fiction. Una fin troppo cordiale rappresentante del comune, la signorina Dee, si presenta a Ollie e Jill, una giovane coppia appena sposata che vive in uno squallido complesso residenziale, e offre loro una casa di proprietà a costo zero, a patto che siano loro a occuparsi dei restauri. La casa dei sogni. Di solito non ci si fida delle offerte che sembrano troppo belle, ma il posto dove vivono i due è così malfrequentato, tutti quei barboni e quei malintenzionati! Non si può lasciare che il bambino cresca in quell’ambiente. Così accettano. Solo che una notte Ollie uccide per sbaglio un vagabondo che si era introdotto nella nuova casa e dal cadavere si sprigiona una luce magica che trasforma quella stanza cadente in una cucina di lusso. Le stanze da rimettere a posto sono tante, e dopo i primi dilemmi morali i due decidono di replicare quel comodissimo miracolo. Fino alle estreme conseguenze.

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Tremate, le streghe di Macbeth son tornate, e oggi il loro saluto è: “Salve a te, che sarai proprietario!”. Sì, l’inferno è sempre buio, solo che adesso non c’è nemmeno morfina. E alla fine non arrivano i buoni a sistemare tutto. L’eco del dramma shakespeariano è innegabile nel testo di Ridley, che ci costringe a destreggiarci fra il divertimento e l’orrore di guardare noi stessi mentre uccidiamo dei barboni. Man mano che la vicenda dei due protagonisti precipita verso il suo abisso ci sentiamo letteralmente afferrati e presi a scossoni. Ed è una scossa tanto violenta quanto salutare. Perché, imbambolati come siamo, abbiamo davvero necessità di spettacoli come questo. L’ottima interpretazione degli attori rispecchia in modo allucinante, nella sua verosimiglianza sopra le righe, la mostruosità che ci accomuna tutti. Perché è questo che ci sconvolge: quelli siamo noi. Nostra è quella paura dell’altro che ci porta a cercare di ricavarci da qualche parte un rifugio in cui essere al sicuro dal mondo, anche a prezzo di diventare noi stessi, come avviene, i mostri da cui ci si dovrebbe guardare.

Il bello di questo spettacolo è che non possiamo uscire pensando che i cattivi siano fuori e che noi, pur con tutti i nostri limiti, siamo brave persone. Perché in un mondo fatto di offerte, supersconti e tassi zero, di cataloghi, case da sogno e rifiniture di pregio, gli innocenti e le brave persone non esistono più.

Parassiti fotonici,  di Philip Ridley, al Teatro Filodrammatici fino al 7 febbraio 

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