Paolo Icaro, il maestoso splendore del silenzio

In Arte

Fino al 1 dicembre alla GAM di Torino è possibile visitare la mostra di Paolo Icaro “Antologia / Anthology 1964 – 2019”, a cura di Elena Volpato. Un percorso illuminante ed entusiasmante che racconta 55 anni del lavoro, dal 1964 al 2019, di una delle più importanti e amate figure dell’arte italiana degli ultimi decenni, con una cinquantina di opere di cui alcune realizzate appositamente per l’esposizione. Una mostra che è soprattutto un’esperienza di luce abbagliante, maestoso silenzio e straordinaria poesia.

La scultura non è mai stata fine a se stessa ma ha sempre, fin dalle origini, compreso nel suo esistere lo spazio, il contesto e le persone attorno a lei. La scultura, a differenza della finestra simbolica della pittura, è occupazione fisica dello spazio e trasformazione del medesimo: è sempre e comunque installazione, teatro, danza, rito sacro.

I seni gonfi della prima Venere, i muscoli guizzanti del David, le forme erotiche delle Grazie, la potenza deflagrante del Cristo velato, le vesti rabbiose della Nike che atterra ci pongono nostro malgrado al loro reverenziale cospetto, ci appaiono, come l’angelo dell’annunciazione, tra una nuvola di rispetto sacrale e definitivo.

Il tempo e lo spazio si trasformano, le emozioni si alterano, l’esperienza è totale, reale, fisica e non solo allusa o evocata. E la forma è pretesto, richiamo al reale che serve da veicolo proprio a quella trasformazione scenografica e coreografica del mondo e del tempo che lo regola.

Paolo Icaro, Soffio, 1975, gesso

Si può allora andare oltre la forma per arrivare diretti al centro della questione, come hanno ben capito, sperimentato e spinto alle estreme conseguenze gli artisti del Novecento, da Brancusi alla Bourgeois, da Boccioni a Henry Moore, da Giacometti a Calder fino ad Anish Kapoor, solo per citare alcuni dei più clamorosi.

E lo ha capito benissimo Paolo Icaro, artista che ha vissuto appieno il Novecento e che ha visto una graduale e inarrestabile riscoperta della sua ricerca artistica negli ultimi anni, diventando amatissimo anche dai più giovani che vedono in lui, a pieno titolo, un Maestro.

Una riscoperta che culmina oggi in una imperdibile mostra antologica alla GAM di Torino, a cura di Elena Volpato, che ripercorre 55 anni di ricerca artistica lucida, poetica e precisissima. L’opera di Icaro – il cui cognome così evocativo di spazi infiniti, ambizioni e abbagli fatali si sposa perfettamente con il suo fare artistico – è fatta appunto di abbaglianti silenzi, di forme maestosamente scarne, di gesti piccolissimi ed eterni come un soffio.

Paolo Icaro, Personae, 1991, gesso e acciaio

Non è minimalista, Icaro, perché non cerca la forma per la forma bensì la magia e la poesia del gesto, della luce, del tempo e dello spazio, figlio non della cultura americana da cui il minimalismo ha origine ma dal Rinascimento italiano, dalla luce chiara e tersa di Piero della Francesca, e dalle sue propagini contemporanee, dall’arte povera torinese più asciutta, alla Giulio Paolini, e dalla scultura fatta di strutture anch’esse minime e poderose alla Fausto Melotti, di cui una piccola opera in collezione permanente fa da contraltare perfetto alla retrospettiva di Icaro.

Le opere si dipanano in un percorso che si chiude a cerchio, con l’ultima sala che si riaffaccia sulle prime, quadrando il cerchio di una ricerca fluida e totalmente coerente. La misurazione dello spazio con cancelli in metallo pesante che uniscono invece che divedere e con forme geometriche afflosciate e ammassate a terra fanno da premessa all’uso del gesso e del suo biancore estremo, ottico, che trasforma la mostra in uno spazio sospeso.

I secchi di gesso scavato con le mani dopo essere stati illuminati dalla luce della luna, le spatolate che si sommano come moduli alla ricerca dell’infinito, fragili geometrie appoggiate l’una sull’altra, sprazzi di luce gialla e di sentori blu Klein, linee sinuose immobili ma vive.

Paolo Icaro, Viaggio senza data, 2019, proiezione video, tondino di alluminio.
Dimensioni ambientali (opera realizzata in occasione della mostra)

E alla fine l’emozione dell’opera più recente, che aggiunge tenerezza e ammirazione alla sospenzione empatica fin li provata. Paolo Icaro in videoproiezione sulla parete piega con maestria un lungo tubo metallico, dipanando una matassa che diventa nuvola e si frappone tra la luce proiettata e il muro, aggiungendo alla sua propria genesi i riflessi argentei del fluire del tempo, mente i suoni dei passi e del metallo sospendono passato e futuro in un enorme, fluido e illuminante momento presente.


Paolo Icaro. Antologia 1964-2019, a cura di Elena Volpato, Torino, Gam, fino al 1 dicembre.
Immagine di copertina: Paolo Icaro, Cornice, 1982, gesso e pigmento. Courtesy l’artista