One Life: salvare una vita per salvare il mondo

In Cinema, Weekend

La storia di un giusto per la grande interpretazione di Anthony Hopkins: Nicholas Winton, poi diventato baronetto, durante la guerra salvò, portandoli in Inghilterra dalla Cecoslovacchia occupata dai nazisti, 669 bambini in maggioranza ebrei ma anche figli di oppositori politici

Capelli bianchi, occhiali, abito di buon taglio, cravatta di seta, l’uomo sedeva in prima fila attorniato, apparentemente, dal normale pubblico di That’s life, programma popolare della BBC.

Era il 1988 e Sir Nicholas Winton, all’epoca 79 anni, non era lì per caso. Il programma di quel giorno era infatti dedicato all’impresa che quasi cinquant’anni prima Winton, allora non ancora Sir ma giovane agente di cambio alla Borsa di Londra, aveva realizzato con grande coraggio e dedizione: salvare dalla deportazione e dallo sterminio quasi 700 bambini, in maggioranza ebrei ma anche figli di oppositori politici, trasportandoli a più riprese in Inghilterra dalla Cecoslovacchia occupata.

Quello che invece Sir Nicholas ignorava era che le persone sedute accanto a lui non erano spettatori qualunque ma alcuni di quei bambini: uomini e donne ormai adulti che, grazie al suo aiuto e alla sua determinazione, avevano potuto vivere la vita che i nazisti avrebbero voluto strappare loro.

Ricordo di aver visto in rete, qualche anno fa, alcuni minuti di quella trasmissione. E di aver pensato: che storia, sembra un film! Invece era tutto vero.

E oggi il film c’è davvero: One life, diretto da James Hawes e interpretato da un magnifico Anthony Hopkins nei panni di Nicholas Winton.

Un gran bel film, che non spinge mai sul tasto facile della commozione ma spiega il senso della citazione talmudica “Chi salva una vita salva il mondo” (One life significa infatti Una vita) e, soprattutto, insegna che non c’è (quasi) nulla di impossibile se ci si impegna fortemente a dispetto di difficoltà che paiono insormontabili.

Non è un eroe, ma uno strano esemplare di socialista al servizio del capitale il trentenne che nell’autunno del 1938 non esita a impegnarsi in prima persona quando un amico all’ambasciata inglese di Praga lo coinvolge nell’assistenza ai profughi che dalla regione cecoslovacca dei Sudeti, occupata dai nazisti, cercano scampo nella capitale ceca.

A Praga il giovane Winton (nel film interpretato da Johnny Flynn) si unisce ai numerosi volontari che soccorrono i profughi per lo più per militanza politica antinazista, ma prevedendo gli esiti infausti dell’occupazione nazista, non si limita a un’attività di primo soccorso. Operando a continuo rischio di essere arrestato, porta avanti un progetto più ampio: vuole trovare famiglie britanniche che consentano almeno ai bambini di salvarsi, espatriando in Inghilterra.

Il film racconta la corsa contro il tempo per trasferire il maggior numero possibile di bambini in convogli speciali, non prima di aver ottenuto, a fatica, le autorizzazioni necessarie dal governo britannico e trovato le famiglie disposte a ospitare i piccoli profughi.

Fondamentale fu l’appoggio della battagliera madre di Winton (nel film Helena Bonham Carter) così come un’altra grande donna, sua moglie Grete (Lena Olin) ebbe un ruolo importante nel far conoscere al mondo la storia dei kindertransport: fu lei a convincere il marito, negli anni Ottanta, a condividere il racconto di quella straordinaria impresa: otto viaggi in treno attraverso tutta l’Europa che permisero il salvataggio di 669 bambini. Ma il film racconta anche che a un’altra donna, Élisabeth “Betty” Meynard, moglie dell’editore  Robert Maxwell, si deve la consacrazione di Winton: Meynard lavorò sui documenti da lui conservati in una vecchia borsa di pelle, ricostruì la cronistoria dei trasporti, cercò e trovò molti dei bimbi, contattò la BBC e fece conoscere al mondo quel miracolo. 

Il grande rammarico di Sir Nicholas fu di non averne potuti salvare di più (i trasporti si interruppero il 3 settembre 1939, quando il nono treno in partenza da Praga venne bloccato perché l’Inghilterra era entrata in guerra) ma anche che nessuno abbia seguito il suo esempio: “La vera sfortuna è stata che nessun altro Paese abbia fatto altrettanto. Ho provato a sensibilizzare gli americani, ma non hanno preso con sé alcun bambino. Se l’avessero fatto avrebbero fatto la differenza”. 

Sir Nicholas ha salvato tante vite ed è stato ricompensato, oltre che dal titolo di baronetto ricevuto dalla regina Elisabetta e  da altre numerose onorificenze, da una lunghissima vita densa di soddisfazioni. La più grande quando, nel 2009, un treno speciale partì dalla stazione di Praga con a bordo 22 delle 669 persone salvate, insieme ai loro figli e nipoti. Il convoglio percorse la stessa strada di 70 anni prima, arrivando dopo un lungo viaggio alla stazione di Liverpool dove lo stava aspettando Winton, che aveva ormai cento anni. Ne avrebbe vissuti altri sei.

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