L’educazione sentimentale di Missiroli

In Letteratura

“Atti osceni in luogo privato” è la cronaca di una ricerca dell’innocenza che sfuma in espiazione. E piacerà ai lettori di Dino Buzzati

Tanti libri si ritagliano un loro spazio tra le pagine di Atti osceni in luogo privato, classici imprescindibili (da Camus a Buzzati) e altri più sofisticati (Malamud, Faulkner), tutti comunque più o meno noti ed esibiti ancora una volta nel loro potenziale pedagogico.

Ma tanti altri sono quelli taciuti, che serpeggiano e reggono l’architettura a tratti decadente e sentimentale alla base del romanzo. Flaubert, per esempio, o – con le dovute distanze – il Márquez di L’amore ai tempi del colera con il suo Florentino Ariza.

Perché in fondo quella alla base dell’ultimo libro di Marco Missiroli è una vera e propria educazione sentimentale, allo stesso tempo grigia e splendente come le due città che le fanno da sfondo.

Ne è protagonista Libero, milanese trapiantato a Parigi che comincia a narrare se stesso a partire dal suo trasferimento, cruciale non soltanto per l’inevitabile cambiamento di vita che esso comporta (la separazione dagli amici di sempre, il nuovo inizio in un paese fino ad allora straniero) ma anche per la coincidenza cronologica con il trauma che ne segnerà per sempre il percorso di maturazione individuale ed erotica: il tradimento, colto in flagrante, della madre.

Da qui, e dal vero e proprio risveglio dei sensi scatenato dall’incontro di poco successivo con la conturbante Marie, ha inizio un bildungsroman classico fatto di repressioni e fantasie morbose che passa attraverso l’amore in tutte le sue forme – e da tutte le emozioni bellissime e laceranti che ne conseguono.

L’iter introspettivo è costantemente incorniciato dai luoghi dell’anima, siano essi il Marais parigino o Corso di Porta romana, le cui descrizioni scivolano in maniera naturale tra le sensazioni e gli interrogativi esistenziali di Libero. Ne risulta una sorta di geografia del sentimento che, esattamente come tutti gli altri fili della trama del romanzo, si caratterizza per la compenetrazione tra echi letterari e percezione individuale.

E ogni luogo si popola dei suoi personaggi, volti che pagina dopo pagina diventano sempre più familiari. La chiave di tutto sta nell’Io narrante, che trasfigura ciò che lo circonda: assistiamo così al declino di una famiglia, alle grette manifestazioni dell’adulterio, alla tristezza dell’abbandono, eppure anche questi eventi nefasti ci appaiono meravigliosi, immersi nell’alone luminoso dell’attaccamento di chi li osserva.

Subiamo il fascino dei protagonisti e li amiamo tutti incondizionatamente, anche quando non lo meritano, perché sappiamo essere parte della realtà romanzata che tutti vorremmo ci appartenesse. In questo modo Libero riesce a infiltrarsi nelle nostre esistenze, diventando un beniamino sul quale proiettare le nostre stesse ansie (passate o presenti) e il bagaglio di speranze che si portano dietro.

Elogio romanzato all’equivalenza tra letteratura e vita, Atti osceni in luogo privato solletica le velleità decadenti e l’avidità artistica, ma la sua semplicità ha una grazia che avvince fino alla fine.

È la cronaca di una ricerca – quella dell’innocenza – che sfuma nell’espiazione, in una prosa che regge se stessa sul sapiente equilibrio di questi due opposti.

È un romanzo che non può non scatenare un approccio conflittuale perché costruito su immagini che ricalcano luoghi comuni e idee stereotipate – la Ville Lumière con il Café Les Deux Magots, la Milano dei Navigli, le idealizzazioni di un giovane mezzo borghese mezzo bohémien – ma lo fanno con un’ingenuità e una passione autentica che noi, buzzatisti nell’animo, lettori di Malamud, sentiamo intimamente vicina.

Atti osceni in luogo privato di Marco Missiroli (Feltrinelli, 2015, pp. 256, 16 euro)

Immagine di copertina: Anisa Spaho, Simone de Beauvoir

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