I Migliori album del 2018

In Musica

Le scelte della redazione di Cultweek. Secondo gusti e disgusti musicali ma senza preclusioni di genere o provenienza.Tanti auguri a tutti!

Gustavo Dudamel, Alan Gilbert, Kirill Petrenko, Simon Rattle. Berliner Philharmoniker – The John Adams Edition
Non vi basterà un giorno, o una notte, per bagnarvi nella musica che scorre in questi quattro cd audio e due Blu-ray che replicano in audio-video le quasi cinque ore di concerti della “residenza Adams” a Berlino (2016-2017, suo settantesimo compleanno). Il gioiello discografico-editoriale dell’anno. (C.M.C.)

Aleksandr Knaifel –  Lukomoryie
La musica di Aleksandr Knaifel (Tashkent, 1943) nasce dallo stesso scrupolo “mistico” di Arvo Pärt, John Tavener, Henryck Gorecki, Sofia Gubaidulina, Valentin Silvestrov: come scrivere qualcosa che sia degno del silenzio che lo precede e lo seguirà. Musica offerta al nostro bisogno di vivere a un’altra velocità e di disconnetterci dal furto elettronico organizzato. Più che ascolto, esperienza di vita. (C.M.C.)

Janelle Monáe – Dirty Computer
Il terzo album di Janelle Monáe è un trionfo di femminilità queer e black. Dalla perfezione pop di Pynk, inno alla vagina, e la vulnerabilità r’n’b di un pezzo come Don’t Judge Me, Monáe scrive la liberazione in un disco magistrale nella manipolazione dei generi, tra r’n’b, pop, elettronica, e hip hop.
(C.A)

Robyn – Honey
Ritornata dopo 8 anni dall’ultimo album e dalla ultra-iconica hit Dancing on My Own, Robyn continua a modificare il concetto di popstar presentando un album nostalgico e futuristico allo stesso tempo, lasciando filtrare malinconia e autocritica tra le soffici note del sintetizzatore.
(C.A)

Ben Harper & Charles Musselwhite  – No mercy in this land
Un anno pieno di roba, questo 2018. Ma per me alla fine vince il blues profondo del duo americano. Un album antico, ma modernissimo nel suo essere denso e pieno di parole e musica che raccontano queste nostre epoche dolenti. Tornerà utile, quel giorno che ripenseremo a questo periodo. Ah, è pure candidato al grammy awards 2019 come miglior disco blues tradizionale. (E. B.)

Tom Petty An American treasure
A un anno dalla scomparsa, l’atteso cofanetto postumo. 63 canzoni che coprono tutta la carriera di Petty, dall’esordio di Mudcrutch (1974) al finale Hypnotic eye, e una copiosa selezione di inediti e di scintillanti esibizioni dal vivo mai pubblicate. Un tesoro americano. (R.C.)

Keith Jarrett La Fenice (Live At Teatro La Fenice, 2006)
Si è recentemente parlato di Jarrett per il suo Leone d’oro alla più recente Biennale di Venezia oltre che per l’uscita di questo formidabile album che ci restituisce una memorabile serata di improvvisazioni di vario carattere racchiuse in otto movimenti, che spaziano dalla toccante semplicità di certi passaggi lirici all’ardimento armonico di altri. Stupendo. (G.B.B.)

Kamasi WashingtonHeaven and Earth
Il secondo album in studio del giovane sassofonista americano è un ambizioso progetto ricco, ricchissimo di idee: due facciate da un’ora l’una presentano una visione del mondo e della musica complessa e sfaccettata. Interessante, sorprendente, un album da ascoltare e riascoltare. (G.B.B.)

Paul McCartneyEgypt Station
Nonostante l’età, il baronetto, dopo anni di silenzio, dimostra di saper ancora scrivere belle canzoni. Certo, non si tratta di rivoluzioni o evoluzioni musicali, forse strizza un po’ troppo l’occhio al pubblico, ma per gli amanti della canzone questa uscita è una fonte di pezzi che funzionano alla perfezione. (G.B.B.)

A Perfect CircleEat the elephant
Ne abbiamo già parlato quando è uscito: il ritorno della band di Maynard James Keenan e Billy Howerdel è una vera perla, e vale tutti gli anni di attesa che è costato. Pezzi come  The Doomed TalkTalk sono tra i migliori della discografia degli APC. (M.V.)

Anderson .PaakOxnard
Malibu, il suo debutto, è stato uno degli album rivelazione dell’intero panorama musicale. Con Oxnard Anderson .Paak conferma tutto il suo talento. Un album su cui è impossibile stare fermi, con collaborazioni di primissimo livello, su tutti Kendrick Lamar. (M.V.)

John ColtraneBoth direction at Once: The lost album
Uno degli eventi musicali dell’anno la riscoperta di queste tracce che si pensava fossero andate perdute. Le storiche sedute del 6 marzo 1963 registrate al Van Gelder Studio dal quartetto classico del grande sassofonista. Fedeli compagni di strada: Jimmy Garrison al contrabbasso, McCoy Tyner al piano e  Elvin Jones alla batteria. Si dirà, nulla di nuovo. Può darsi. Ma l’emozione resta tanta. (A.M.)

Javier Camarena – Contrabandista
Il tenore messicano, accompagnato da Les Musiciens du Prince diretti da Gianluca Capuano, mostra di avere una voce e capacità interpretative straordinarie in un programma ad hoc di musiche rossiniane e di Manuel Garcia. Fa un’apparizione anche Cecilia Bartoli. (V.T.)

Julia HolterAviary
La cantante e il suo riconoscibilissimo immaginario musicale, in bilico tra pop ed elettronic. La sua voce e le tastiere si incontrano con violini e sintetizzatori per ricreare un mondo tanto romantico quanto tenebroso. Dalla California con un pizzico di intellettualismo, ma con grande sentimento. (C.C.)

Florence + the Machine, High as Hope
Un ritorno rock e malinconico, ma pieno di speranza. La voce di Florence Welch è come sempre potentissima e irresistibile, e vale l’ascolto dell’album. (C.C.)

Raffaele Pe con l’ensemble barocco La Lira di Orfeo diretto da Luca Giardini – Giulio Cesare: A Baroque Hero
Debutto in disco per Raffaele Pe, affermato controtenore di espressione cristallina e tecnica impeccabile che si è inventato un inedito percorso tra Cesari barocchi, dall’ignota Morte di Cesare di Francesco Bianchi, contemporaneo di Mozart, al prevedibile ma sempre immenso capolavoro di Handel. Regalo finale dall’Ariodante di Handel. (M.L.P.)

Karlheinz Stockhausen, Ricciarda Belgiojoso, Mario Mariotti, Walter Prati – Gaze through the stars
Interessante pubblicazione su un lavoro dello Stockhausen “intuitivo” in contatto sideral-astrale con lo zodiaco intero: Tierkreis (1974). Di alto livello il lavoro sull’elettronica, in linea con lo spirito di estrema (ir)razionalità della raccolta: c’è la contemplazione, c’è persino l’ironia (vedi Widder). Da notare gli incisi Interstellar che mettono di fronte uomo e natura, ma sempre con un filtro sintetico. (M.L.P.)

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