Eat the Elephant, un cerchio perfetto pieno di angoli

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Gli A Perfect Circle, supergruppo di Maynard e Billy Hower, tornano sulle scene con un attesissimo album di inediti dopo tre lustri di silenzio. E a luglio saranno in Italia, per un concerto da non perdere

Just go all in

A quindici anni di distanza dall’ultimo album di inediti, inizia così Eat the Elephant, il nuovo disco degli A Perfect Circle, uscito lo scorso 20 aprile per la BMG e che la band porterà in tour quest’estate, con una tappa italiana l’1 luglio al Castello Scaligero di Villafranca (VR).

E, come spesso accade per i lavori di Maynard James Keenan, è proprio così che consigliamo di affrontare il disco: go all in, niente pregiudizi e niente aspettative. Perché Keenan e Billy Howerdel senza dubbio deluderanno e sorprenderanno tutti.

Nell’anno in cui forse, finalmente, vedrà la luce l’album più atteso degli ultimi 20 anni – perché se c’è un elefante nella stanza, non è certo il nuovo album di questo gruppo – Maynard ci regala un altro disco di primissimo livello, a dimostrazione che Tool, Puscifer e A Perfect Circle sono sullo stesso livello in termini di qualità creativa e compositiva.

Eat the Elephant è un disco intelligente, sperimentale e allo stesso tempo coerente con l’anima degli APC. Un disco in cui i riff e le melodie di Howerdel vengono destrutturate e ricostruite con arrangiamenti che sfiorano il minimal. Prendete la title track e Disillusioned, il secondo singolo estratto dall’album: due brani la cui spina dorsale è un pianoforte semplice e diretto. Così come semplici e diretti sono i testi. Disillusioned è una critica durissima al mondo di oggi, dominato da telefonini, social network e relazioni “interconnesse” che tutto sono fuorché reali. TalkTalk è un’accusa non proprio velata ad un certo tipo di predicazione religiosa (“Talk like Jesus or get the f*** out of my way”).

The Doomed, il primo singolo estratto dal disco, è probabilmente quello in cui, musicalmente e liricamente, si ritrova in maniera più esplicita l’essenza degli APC. Un pezzo ricco delle riconoscibili linee di chitarra di Howerdel, in cui la voce di Maynard si manifesta in tutte le sue possibilità, dai versi quasi sussurrati alle urla più crudeli. Ed è forse in questo brano che esce maggiormente l’anima politica e sociale della band, che smonta la convinzione che la società non sia responsabile dei meno fortunati, i “maledetti” del titolo.

Non manca nemmeno la vena satirica e divertita che è propria dello stile di Maynard, e che si manifesta in So Long, And Thanks For All The Fish, un brano in chiave maggiore (e già questo farà storcere il naso a molti fan integralisti), con inserti orchestrali. Ispirato nel titolo dal quarto capitolo della saga di Guida galattica per autostoppisti di Douglas Adams, “So Long” è, tra le altre cose, un saluto a Gene Wilder, David Bowie, Muhammad Ali e Carrie Fisher, tutti scomparsi nel 2016.

 

 

Eppure, dicevamo, c’è un lato più intimo e intimista in questo album. Tutti i pezzi, dalla sommessa The Contrarian a Hourglass e Get the Lead Out, due brani elettronici che si avvicinano molto ai Puscifer; da By and Down the River (versione alternativa di By and Down del 2013) a Feathers: tutto il disco è permeato da una scrittura matura, sommessa, in cui ci sono elementi che escono dal mare magnum degli strumenti, volano in aria e si rituffano in un’acqua che in un istante sa tornare serena.

Ora la band è attesa al varco per un nuovo tour mondiale, che farà tappa anche in Italia, l’1 luglio: la cornice è quella del suggestivo Castello di Villafranca (VR), per un live che va segnato su tutti i calendari. Unica nota dolente: non ci sarà James Iha, impegnato per la reunion degli Smashing Pumpkins. Ma, dopo così tanti anni, poter sentire nuovo materiale di Maynard dal vivo è e rimane un’occasione da non perdere.

A Perfect Circle, Eat the Elephant  (BMG)

 

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