Immaginari italiani ad Alexanderplatz: Grigolo, “Temevo dicessi l’amore”

In Letteratura

Tema e variazioni su una Ofelia che cambia età e aspetto, ma non l’irresistibile senso per l’abbandono. Mattia Grigolo alla sua seconda prova narrativa con “Temevo dicessi l’amore” (TerraRossa) semina un altro germoglio nella tellurica e intensa realtà che a Berlino ha trovato casa nell’hub Le Balene Possono Volare. È la comunità degli italiani della capitale tedesca: che intorno alla lingua, e alla letteratura, stringono legami, accorciano le distanze e fanno cultura.

Nell’estate del ’45, all’indomani della sconfitta del Reich nazista, l’unica autorità italiana riconosciuta nella Berlino occupata era il delegato generale della Croce Rossa italiana, don Luigi Fraccari. Era arrivato un anno prima per prendersi cura degli internati militari italiani e fino alla fine della guerra aveva coordinato la spedizione di cibo e medicinali in tutta la Germania e li aveva portati di persona, insieme al conforto spirituale, negli Stammlager intorno a Berlino (i famigerati Stalag III-A, III-B e III-C).
Dopo la guerra don Fraccari fornì assistenza agli ex-prigionieri italiani che tornavano soprattutto dall’Unione Sovietica. Nel ’47,
nonostante un ricovero per denutrizione, raccolse i resti di 537 internati militari italiani, i cui corpi erano stati sezionati dai nazisti e usati per sperimentazioni sul cervello (il primo nucleo di quello che nel ’53 diventò il cimitero militare italiano di Zehlendorf, dove riposano più di mille caduti), e fondò la “Gioventù Italiana Berlino”. Nel ’49, dopo il blocco di Berlino, aprì la Casa Pio XII per gli orfani italiani. Nel ’50 istituì la Missione cattolica italiana, nel ’60 un ospizio e nel ’64 un centro sociale.
Dal secondo dopoguerra fino ai nostri giorni è difficile trovare un’altra figura che abbia dato così tanto alla comunità degli emigrati italiani a Berlino come don Fraccari. Non sono mancati, né mancano imprenditori e professionisti, intellettuali, giornalisti e scrittori, donne e uomini di buona volontà e di talento, se non di genio, ma non vediamo nessun altro che abbia dato un significato e un valore al nostro essere italiani a Berlino e di esserlo insieme se non, mutatis mutandis, Mattia Grigolo.
Chiaramente non sono più gli anni ’40 e non si tratta più di andare in giro sotto le bombe e trovare un tetto e da mangiare a orfani, malati e persone senza più nulla. Oggi siamo ben pasciuti, abbiamo i social networks e i servizi di consegna a domicilio, ma quel bisogno primario di essere parte di una comunità, che ha ogni essere umano e che nell’emigrazione è più difficile da soddisfare perché si vive lontano dalle proprie radici, rimane. Senti la solitudine e l’alienazione anche se sei un corporate manager e il tuo smartwatch ti ha appena detto che sei bravo perché questa settimana hai raggiunto i tuoi obiettivi fitness.
Mattia Grigolo è arrivato a Berlino nel 2012. Nel 2014 ha creato Le Balene Possono Volare. Nel 2015 ha fondato, insieme a Mauro Mondello, la rivista di approfondimento Yanez Magazine, ed è stato direttore de Il Mitte, quotidiano online in italiano che si occupa della Germania (fondato nel 2012 da Valerio Bassan e ora diretto da Lucia Conti e Angela Fiore).
Nel 2021 ha fondato la rivista letteraria Eterna.
Le Balene Possono Volare è una grande scatola di corsi (di scrittura creativa, che tiene Grigolo, di canto, teatro, musica e disegno), di presentazioni di libri (Gli annegati di Lorenzo Monfregola, Il Saggiatore; Area piccola di Giorgia Bernardini, Marsilio; Sangue di Giuda di
Graziano Gala, Minimum Fax; e Titanio di Stefano Bonazzi, Polidoro, solo per dirne alcuni) di film (citiamo i documentari di Nunzio Gringeri), di concerti e mostre.
Possiamo affermare, anche a rischio di spararla troppo grossa, che Le Balene Possono Volare sia la vita culturale italiana a Berlino. Non parliamo di una comitiva di amici, Le Balene Possono Volare è una comunità di migliaia di italiane e italiani, un’incubatrice di idee, di progetti, di possibilità.
Tra di noi ci siamo tutti conosciuti a una o a un’altra delle tante serate organizzate da Grigolo e molti di noi si sono fatti le ossa scrivendo su Yanez, uno degli spin-offs più significativi de Le Balene Possono Volare. Si può dire tutto quello che si vuole di Grigolo, ma non si può negare che questa comunità, prima che lui la creasse, non esisteva.
Ça va sans dire che ci sono anche altre persone che organizzano eventi culturali a Berlino (qui ricordiamo solo le proiezioni cinematografiche curate da Mara Martinoli e i concerti organizzati da Ercole Gentile), ma spesso si tratta di Einzelkämpfer, come dicono i tedeschi, cioè di guerrieri solitari. Anche l’Istituto italiano di cultura è attivo, ma non ha creato intorno a sé una tale comunità (e forse non è tra i suoi scopi).
L’anno scorso Grigolo ha esordito con l’editore napoletano Pidgin con la novella La raggia, che abbiamo recensito su questa testata. Lo scorso aprile è uscita la sua seconda fatica, Temevo dicessi l’amore, con l’editore barese TerraRossa. Si tratta di una raccolta di racconti, quasi tutti inediti, a parte due già pubblicati sulle riviste letterarie come Crack e inutile e che hanno vinto il Premio Zeno nel 2022 e nel 2023.


La raccolta è tenuta insieme dal fil rouge di Ofelia, personaggio che appare in ogni racconto, ma in diverse fasi della vita. Di volta in volta Ofelia affronta situazioni di perdita, morte, abbandono e solitudine. Ogni Ofelia ha in comune con le altre una certa ruvidezza e perentorietà: nei dialoghi, che hanno un ruolo molto importante nella scrittura di Grigolo, Ofelia dà spesso risposte secche, cui risulta molto difficile ribattere ai suoi interlocutori.
Un’altra caratteristica che ritroviamo nella raccolta, come negli scritti precedenti di Grigolo, è la presenza di animali. Per l’autore gli animali sono pretesti narrativi non chiariti, simboli la cui decifrazione è lasciata a chi legge.
Gli animali sono da sempre presenti nella letteratura: senza scomodare Esopo e Fedro, pensiamo a Moby Dick, alla Josephine di Kafka e, per guardare in casa nostra, alla vergine cuccia di Parini e al grillo parlante. Torna in mente una delle opere più importanti della letteratura italiana del secolo scorso e di cui quest’anno ricorrono i sessantacinque anni dalla pubblicazione, Il Gattopardo. Anche nel Gattopardo troviamo un animale la cui funzione è essenziale: in una lettera scritta all’amico barone Enrico Merlo di Tagliavia due mesi prima di
morire, Tomasi di Lampedusa spiega i modelli presi per i personaggi e i luoghi del Gattopardo e confessa che «il cane Bendicò è un personaggio importantissimo ed è quasi la chiave del romanzo».
Ne La raggia la bestia totemica era la volpe, Temevo dicessi l’amore è invece popolato da un pantheon animale. Su tutti spicca il fenicottero.

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