Il talento va a canestro: “Area piccola” di Giorgia Bernardini

In Interviste, Letteratura

La pallacanestro femminile come luogo del confronto con il proprio talento e con la propria ostinazione: così il romanzo d’esordio di Giorgia Bernardini, pubblicato da Marsilio, mette in scena una riflessione sulla perseveranza, l’esercizio e la costruzione dell’adultità. Nello sport, come nella scrittura.

Il talento. Il lavoro sul talento. Le rinunce per il talento.
Nel romanzo d’esordio Area piccola (Marsilio, 2023), Giorgia Bernardini ambienta nel mondo della pallacanestro femminile una storia sul talento che si legge come una metafora della scrittura.

«Il talento è poco sondato nella letteratura, invece è un argomento interessantissimo perché, soprattutto nello sport, non si vede il grande lavoro che c’è dietro il talento.» spiega Bernardini «Tantissimi ragazzi e tantissime ragazze intorno ai sedici anni smettono di fare sport perché vogliono fare altro. Questa è una cosa che ho fissato nel romanzo, volevo che ci fosse, che fosse chiaro che c’è una grandissima perdita di numeri in qualsiasi ambito, nella pallacanestro come nella scrittura. C’è una grandissima dispersione di capitale umano.»

Area piccola è diviso in due parti: nella prima seguiamo Chris, giovane promessa della pallacanestro femminile, nel suo primo raduno in nazionale; nella seconda Chris è diventata una giocatrice professionista ed è la stella della sua squadra. I personaggi con cui Chris interagisce sono sua madre Viola, architetto di successo, la sua prima allenatrice Nadia e Claudia, la figlia di Nadia. L’unica figura maschile nel romanzo è quella di Silvio, il suo attuale allenatore, con cui Chris ha una relazione.

«Area piccola è nato come un racconto nel 2012. I racconti li scrivi e finiscono lì, invece questa storia ha avuto una forza in sé di persistenza. Ha continuato a echeggiare, ad arrogarsi attenzione e mi ha portato a farmi domande sui personaggi.» prosegue Bernardini «Quando ho iniziato a scrivere, quello che sapevo di Chris è che era un personaggio claudicante, un personaggio rotto. In qualche modo c’era qualcosa nel suo meccanismo che lo faceva funzionare solo fino a un certo punto. Quello che ho fatto è stata una ricerca archeologica, che rispecchia la mia formazione universitaria: ho iniziato da un terreno sconnesso che segnalava delle presenze insolite e sono andata indietro, strato per strato. La redazione del romanzo è cominciata con la scena in cui Chris prova la virata con l’allenatore Silvio e poi sono tornata indietro sulla parte in cui lei era ragazza. È stato un approccio archeologico: partire da sotto per capire quello che stava sopra.»

Torniamo al tema del talento.
«Questo libro solo apparentemente parla di sport. Per quanto mi riguarda, il libro è sulla scrittura. Nella mia vita ho avuto la fortuna di andare fino in fondo in diversi ambiti: nella pallacanestro [Bernardini ha giocato a pallacanestro a livello agonistico, n.d.r.], nell’università e nella scrittura. Ho ritrovato in tutti e tre le stesse dinamiche. Il talento è sicuramente una cosa che ci deve essere. Però ogni persona ha il suo, deve cercarlo e scoprirlo. C’è poi una grande fase, che è il lavoro sul talento, la ripetizione delle cose, la frustrazione, ma anche l’equilibrio per ritrovare lo slancio per continuare. Mentre scrivevo, incoraggiavo me stessa a continuare. Ho sempre lavorato e ho scritto questo romanzo la mattina presto, la sera tardi e nei giorni liberi. È come se mi fossi specchiata in questo personaggio che vinceva e perdeva.»

Chris non è l’unico personaggio dotato di talento e dell’ostinazione per portalo a compimento. Anche la madre Viola e l’allenatrice Nadia hanno talento e ostinazione. Ognuna lo vive ii maniera diversa, Chris forse più intensamente delle altre.
«Chris deve dimostrare qualcosa. Rispetto a Viola e Nadia, che comunque fanno i conti “solamente” con la loro carriera, Chris invece ha scelto la dimensione pubblica come rivincita nei confronti di sua madre: tu non mi hai amato, non mi hai voluto bene, mi hai lasciato, invece guarda quante persone mi amano. Il modo più semplice e inconscio per esprimere questa rivendicazione è stato primeggiare nella pallacanestro, la prima cosa che Chris si è trovata di fronte quando sua madre l’ha lasciata per inseguire il sogno di affermazione professionale, ma avrebbe potuto essere qualsiasi altra cosa. Ne Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé di Alice Miller [pubblicato in Italia da Bollati Boringhieri nella traduzione di Maria Anna Massimello, n.d.r.] si racconta delle figlie e dei figli dei genitori narcisisti, che sono portati a diventare molto bravi in qualcosa per canalizzare la frustrazione che hanno provato e per dimostrare a loro stessi che l’abbandono o il non essere stati visti è stato un errore dei genitori. Questo meccanismo è classico soprattutto nelle figlie di madri narcisiste. Non lo sapevo, l’ho scoperto dopo, in terapia, e ho ritrovato nel libro di Miller tantissimi aspetti di Chris. In Area piccola Chris dice: quando ti trovi di fronte tutte queste persone che tifano per te, l’amore di una persona sola non sarà mai abbastanza. È falso, ovviamente. È una narrazione che lei si racconta, perché non ha ancora fatto pace con quello che le è successo.»

Ne Il padre. L’assente inaccettabile di Claudio Risé (San Paolo Edizioni, 2014), si approfondisce uno dei ruoli del padre nella famiglia “tradizionale”, che è quello di iniziare il figlio. L’iniziazione avviene attraverso un dolore che il padre provoca al figlio e che è così grande, che il figlio, superandolo, riuscirà a sopportare tutti i dolori che verranno in seguito (soprattutto la morte dei genitori).
Si può leggere l’abbandono della figlia da parte di Viola come un’iniziazione, grazie a cui Chris riesce a superare tutti i dolori che verranno dopo?
«Non credo che sia così, perché Chris non è una persona vincente. È una donna con un sacco di rotture, di spaccature e non è capace di avere rapporti d’amore reali con le persone. Un rapporto non ce l’ha con Claudia perché la invidia, non ce l’ha con sua madre, non ce l’ha neanche con Silvio, perché non riesce ad accettare di dipendere sentimentalmente da qualcuno e lo tiene sempre lontano. Chris ha canalizzato le sue energie in qualcosa in cui crede, però è un escamotage che ha trovato per supplire a qualcosa che manca e che non tornerà più. Alla fine conta come fai pace con te stessa. La verità che ti racconti è quella che ti serve per andare avanti. Non credo che Chris sia immune alle sofferenze nei rapporti sentimentali perché ne ha avuta una grande da piccola.»

Non è immune alle sofferenze, ma queste non la bloccano e Chris riesce sempre ad andare avanti.
«È vero, però questo avviene alla fine, nella scena in cui Chris va a prendere sua madre all’aeroporto e si parla di perdono. Chris non è disposta a perdonare sua madre, tant’è vero che, dopo tanti anni, c’è ancora questo screzio tra di loro. A un certo punto Viola dice: io sono andata avanti e ho fatto la mia carriera; se tu non ti stacchi da questo scoglio, non riuscirai a realizzare i tuoi sogni; io voglio che tu ci riesca: quindi perdonami e chiudiamola qua. Non si capisce se Chris la perdona o no, ma la semi-ammissione di colpa da parte della madre è quanto basta a Chris per dire: ok, va bene, in questo momento è così. Queste cose sono anche episodiche, a volte ti sembra che l’hai superata, poi la rabbia ti ritorna. I rapporti con i genitori sono molto complicati. In quel momento Chris trova un equilibrio che le consente di liberarsi e di giocare a pallacanestro non per farsi vedere.»

In quale relazione sono tra di loro Chris, Viola, Nadia e Claudia?
«Sono una famiglia atipica, che si è unita perché mancano dei pezzi. Non c’è una figura paterna e non c’è una figura materna. Ci sono dei comportamenti che s’incrociano: Claudia vorrebbe avere come madre Viola, la madre di Chris, e Chris vorrebbe avere come madre Nadia, la madre di Claudia. Queste quattro persone unite formano una sfera non funzionale. Quello dei genitori putativi è un aspetto molto importante. Ognuno di noi, nel corso della propria vita, sceglie dei genitori putativi, persone di cui ti innamori solo delle parti che t’interessano e lasci fuori quelle che non t’interessano. Nadia, per esempio, ha dei difetti, ma Chris non li vede, mentre Claudia li vede. Non ho mai pensato di creare in Nadia una donna perfetta, volevo che fosse perfetta per Chris e molto imperfetta per Claudia. Anche se Chris riconosce in Nadia l’anzianità di modello, ad esempio quando guarda delle vecchie foto di Nadia e la vede con la frangetta che va dentro gli occhi e le All Star ai piedi e pensa di non poter giocare con quelle scarpe. Nadia è diversa da Chris, però Chris si inserisce in una dinastia.»

Per Bernardini ci sono nella letteratura dei genitori putativi?
«Ci sono un padre e una madre putativi. Il padre putativo è Cesare Pavese, mentre le madri putative sono tante: ad esempio alcuni aspetti di Natalia Ginzburg e alcuni aspetti di Elsa Morante. Sono autrici che leggo e rileggo. Le guardo esattamente come Chris guarda Nadia. Guardo le loro foto, come scrivono. Le vedo con le loro pettinature âgé, con le scarpe che ti puoi rompere la caviglia. Cerco di capire come prendere quel modello e restituirlo al 2023. Quando ambisci a qualcosa, guardi quelli che vengono prima cercando di capire come inserirti in quella dinastia senza essere antiquato.»

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