Martin Grubinger: non solo virtuosismo

In Musica

Il giovane fenomeno ha incantato la Scala suonando due concerti in uno insieme al The Percussive Planet Ensemble e al baritono Thomas Hampson

Definire Martin Grubinger un mero virtuoso delle percussioni è davvero molto riduttivo. Il concerto del giovane fenomeno insieme al The Percussive Planet Ensemble e al baritono Thomas Hampson andato in scena al Teatro alla Scala il 25 ottobre ha proposto un programma musicale “sconfinato” nel senso stretto della parola, cioè senza confini.

Quasi due concerti in uno. Una prima parte dal sapore fusion/sperimentale con una selezione di brani di George Crumb in cui gli stilemi della musica contemporanea incontrano il tradizionale gospel americano. Sperimentalismo rappresentato successivamente anche dalla ricerca spasmodica delle “sonorità giuste” per raccontare l’11 settembre nelle note di One Sweet Morning di John Corigliano.

Una seconda parte, invece, decisamente nazional popolare con un omaggio a Frank Sinatra a 100 anni dalla nascita e la rilettura di alcuni dei brani più famosi di Sting.

Il pubblico è decisamente spiazzato dalla prima parte del concerto probabilmente perché la lettura del programma non lascia intravedere uno stacco così netto tra i due tempi, almeno per un non addetto ai lavori.

La parte iniziale, definita “brechtiana” dalla signora seduta dietro di me, è però la più interessante dal punto di vista musicale. La scelta di Crumb si indirizza verso un repertorio che associa due realtà che sembrano tra loro così lontane, forma cantata ed ensemble che privilegia la componente ritmica, ma che possono trovare un punto di incontro.

L’accompagnamento strumentale è un “vestito stravagante” sì, ma perfetto per le melodie intonate da Hampson (davvero notevole in questo repertorio), in una prospettiva cubista in cui musica e voce rimangono in due “mondi separati” ma trovano una lingua per comunicare tra loro.

Ai limiti della fisica Sometimes I feel a motherless child in cui i ruoli sembrano invertirsi: le percussioni non sono più percussive e riescono a creare un campo sonoro immobile in cui l’unico elemento ritmico è dato dalla voce baritonale.

Standing ovation prevedibili, invece, per la seconda parte del programma. L’aggiunta di xilofoni, grancasse e timpani nella formazione swing-jazz tradizionale per l’omaggio a Frank Sinatra, non è in grado però di fornire un colore nuovo perdendosi decisamente tra ottoni, basso e batteria.

Martin Grubinger

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Ben più interessante la reinterpretazione dei brani di Sting. Sopra tutti, simpatica la citazione del concerto de Aranjuez all’inizio di Fragile e spettacolare il finale di Bring on the night in cui Grubinger spara sullo xilofono tutte le cartucce tenute ancora in canna.

Da dimenticare l’interpretazione di Hampson su questo repertorio: lasciando stare qualche imprecisione e qualche inadempienza tecnica (il suo microfono è impostato su un volume troppo basso rispetto all’ensemble), sono brani molto, forse troppo lontani dalle sue corde.

Thomas Hampson, Martin Grubinger & The Percussive Planet Ensemble al Teatro alla Scala

Foto Brescia e Amisano © Teatro alla Scala

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