Ciak, si ascolta. Dal vivo la musica dei film di Chaplin

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6 appuntamenti con i film del grande regista americano ma soprattutto con le loro splendide musiche suonate dal vivo. L’Orchestra dei Pomeriggi Musicali diretta da Timothy Brock ha inaugurato domenica scorsa il Festival Charlie Chaplin con la proiezione di “Tempi moderni”, pellicola immortale

Dawn” – Lui e lei siedono di fianco alla strada come hanno già fatto altre volte da quando si sono conosciuti. Lei sembra non farcela più, è stanca e affaticata dalla vita, ha quasi perso le speranze. “Smile” le dice lui facendo segno con la mano di sorridere. Lei lo guarda e come per magia il sorriso le spunta davvero sul volto. Al pubblico del Dal Verme domenica scorsa è venuto lo stesso impulso. Il sorriso, si sa, è contagioso. 

L’Orchestra dei Pomeriggi Musicali diretta da Timothy Brock ha inaugurato il 16 febbraio il Festival Charlie Chaplin con la proiezione di Tempi moderni, immortale pellicola del 1936. Lui è Charlot e lei è “the gamin”, la ragazza di strada. Il festival prevede altri 5 appuntamenti di cinema e musica dal vivo con titoli memorabili o meno conosciuti del grande regista. 

L’idea della musica dal vivo si presta particolarmente bene ai film di Chaplin anche perché è stato lo stesso regista a occuparsi della colonna sonora dei propri film. Senza saper scrivere la musica, come del resto molti altri compositori non accademici, Chaplin iniziò a suonare il violino e il pianoforte “a orecchio” fin da bambino e con indubbio talento. Facendosi aiutare di volta in volta da qualche collaboratore che trascrivesse sul pentagramma le sue idee e gliele facesse eseguire, Chaplin compose la musica per tutti i suoi film, arrivando ad aggiungerla anche molti anni dopo a quelli che inizialmente non la avevano e lasciando così ai posteri un’eredità musicale di grande importanza.

Timothy Brock oltre a essere un grande direttore d’orchestra svolge un importante lavoro di restauro di partiture per il cinema d’epoca; si è occupato di compositori e registi molto diversi, cimentandosi su film come Cabiria (1914) del regista italiano Giovanni Pastrone  o Entr’acte (1924) del francese René Clair. Ma il suo più grande impegno, che porta avanti dal 1998, è rivolto al restauro delle partiture di Chaplin, di cui è senza dubbio la massima autorità. Poterlo ascoltare è stata una grande fortuna. L’esecuzione è stata ottima, brillante: la difficoltà di dirigere e suonare con dei tempi così limitanti si può facilmente immaginare; in una musica che a tratti si fa descrittiva e a tratti diegetica ogni minimo rallentando o accelerando va calcolato al secondo, e così è stato. Il direttore e l’orchestra hanno dato il meglio di sé anche sotto l’aspetto interpretativo, suonando con sentimento in modo più che convincente.

È probabile che la scelta di iniziare il festival con Tempi moderni sia dovuta al fatto che la musica che Chaplin immaginò per questo film è una delle più belle. Si potrebbero fare numerosi esempi di come sia stata efficace la resa musicale dei personaggi e delle scene di questo film. La più celebre è quella del sorriso con cui si chiude la storia e che accompagna i due innamorati in numerose scene di coppia, dunque una sorta di tema dell’amore o… dello smile. La celebre canzone cantata da Nat King Cole nel 1954 è infatti la melodia portante di Tempi moderni, su cui anni dopo venne aggiunto un testo, piuttosto in linea con il significato che si sarebbe potuto attribuire alla musica dal film. “Smile though your heart is aching” canterà nel 1995 Michael Jackson, dandone una versione a mio parere poco spontanea. Ancora più attuale, la canzone è stata inserita nella colonna sonora del film Joker del 2019, trovando un nuovo significato per quelle parole, aggiornate ai dolori dei nostri tempi moderni.

Di Tempi moderni è anche la famosissima scena e relativa canzone (Titina, composta da Léo Daniderff nel 1917) nonsense che vede Charlot cimentarsi nell’intrattenimento di una folla di signori, improvvisandosi cantante e showman, prima che le guardie vengano ad arrestare la compagna di sventure, la fantastica Paulette Goddard. L’atmosfera musicale rimbalza dallo struggimento delle armonie postwagneriane, delle appoggiature di none di Rachmaninoff e Bruckner, fino alla leggerezza e frenesia di una Rapsodia in Blu. Infatti, l’orchestra prevede anche i sassofoni (strumenti che non troveremo tanto facilmente nella musica sinfonica accademica) e vi è una scena memorabile della coppia di innamorati che passa una notte in un grande centro commerciale in cui il loro utilizzo è esemplare. Ebbene, per l’atmosfera di gioia e spensieratezza con cui i due si godono la serata, la musica si affida a un tono jazzistico e ai glissandi dei sax e della tromba con sordina, come una vera e propria orchestra jazz, proponendo una specie di foxtrot dai toni ilari. Ma sarebbero troppe le scene da ricordare di questo capolavoro.

Sorridendo sono uscito dal teatro cercando di ricordare quando sarebbe stato l’appuntamento successivo del festival Chaplin.