I Fantastici Quattro all’italiana nel film a tutto circo di Mainetti

In Cinema

Guarda all’universo mutante degli X Men quanto al cinema di Federico Fellini e Tim Burton “Freaks Out”, opera seconda del fortunato regista di “Jeeg Robot”. Che riesce anche stavolta a presentare una galleria di “mostri” impareggiabili, sullo sfondo (serio) dell’Italia anni Quaranta. Brillante la recitazione di tutto il cast, in testa Claudio Santamaria e Franz Rogowski, Giorgio Tirabassi e Aurora Giovinazzo

Dream big. Se c’è una cosa di cui bisogna dare atto a Gabriele Mainetti è di essere uno che non ha paura di provarci, a fare le cose in grande. D’altra parte, un regista italiano capace di scegliere come pellicola d’esordio non la solita commedia romantica semi-indipendente, ma addirittura un film di supereroi di borgata come il dirompente Lo chiamavano Jeeg Robot, coraggio ne ha evidentemente da vendere. E, dopo il Superman de noartri, pizzicato a sradicare bancomat ed eroe quasi suo malgrado, ecco i Fantastici 4 alla nostra maniera, sempre capitanati da Claudio Santamaria, stavolta decisamente meno riconoscibile. Anche se forse, per Freaks Out, ultima fatica del regista romano, sarebbe più opportuno guardare su un altro versante del panorama supereroistico: l’improbabile quartetto di protagonisti composto, oltre al già citato Santamaria, dagli ottimi Pietro Castellitto, Giancarlo Martini e soprattutto Aurora Giovinazzo, sembra rifarsi molto di più all’universo mutante di X-Men e soci, rispolverando l’epica dell’eroe reietto dalle virtù magiche a metà tra dono e condanna.

C’è il super-forzuto coperto di peli, c’è il nano pagliaccio dai poteri magnetici, c’è l’albino capace di comandare gli insetti, e c’è l’adolescente che nessuno può toccare senza rischiare di restare fulminato. C’è, a guidarli con sguardo amorevole e recitazione misurata alla perfezione, il veterano Giorgio Tirabassi, mentore e direttore del “Circo Mezzapiotta”. Ma c’è anche tanto, tanto di più: nell’universo di Mainetti, a metà tra un prequel Marvel e Tutti a casa di Comencini (la vicenda si svolge nell’Italia dei primi anni Quaranta, in piena lotta di liberazione), sono tutti affascinanti freaks, “diversi” o presunti tali, come in una favola allo specchio deformante.

Non è un caso che una delle scene più forti del film riguardi proprio il rastrellamento del ghetto di Roma, in tutta la sua incomprensibile ferocia, né che a far da contraltare alla giovane e bravissima protagonista sia un altro emarginato perennemente in cerca di riscatto e approvazione: un ufficiale nazista con sei dita, movenze da Grande Dittatore di Chaplin e la capacità di predire il futuro, interpretato magistralmente da Franz Rogowski. Persino la Resistenza assume contorni tra la fiaba e il grottesco, incarnata dall’improbabile brigata di partigiani storpi guidata da Max Mazzotta, guerrigliero gobbo che sembra uscito dalle pagine di Collodi.

Troppo facile sarebbe, vista l’ambientazione circense, citare Fellini o Tim Burton tra i riferimenti dell’immaginario di Mainetti. Ma la verità è che, almeno per due terzi di film, immagini e musiche (composte dallo stesso regista) restituiscono allo spettatore esattamente quella magia e fascinazione per il cinema che ricordano quella di chi varca la soglia di uno chapiteau con occhi di bambino. A tratti è volutamente esagerato (bene), e a volte ci prova senza riuscirci (male), specialmente quando decide di abbandonare la strada più fiabesca delle buone idee, per rincorrere maldestramente sequenze d’azione un po’ banali che, ahimè, evidenziano impietosamente quanta strada abbia ancora da fare il cinema nostrano rispetto ai colleghi d’oltreoceano.

Si tratta comunque di ingenuità più che perdonabili: Freaks Out è solo il secondo lungometraggio del regista 45enne, e la strada è sicuramente quella giusta, soprattutto se ogni passo è accompagnato da una fotografia magistrale e da dialoghi asciutti ma mai banali, restituendo al pubblico un prodotto, rispetto alle intenzioni, quasi del tutto riuscito. A fronte di un budget (14 milioni) imponente solo se rapportato agli standard abituali delle produzioni italiane, Freaks Out arriva nelle sale forte del successo quasi inaspettato del precedente Lo chiamavano Jeeg Robot, e di certo non deluderà le attese dei fans dell’opera prima di Mainetti. Anzi, laddove là colpiva per il crudo realismo quasi pulp, da film indipendente, stavolta la storia (anche quella con la S maiuscola) è dipinta con tratto colorato e sognante, riuscendo a emozionare quasi in ogni inquadratura e costituendo, almeno per ora, un unicum nel panorama cinematografico di casa nostra.

Freaks Out di Gabriele Mainetti, con Aurora Giovinazzo, Claudio Santamaria, Pietro Castellitto, Giancarlo Martini, Giorgio Tirabassi, Franz Rogowski, Max Mazzotta.

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