Un Kounellis per due

In Arte

Un’altra mostra privata di livello quasi museale per Christian Stein, che nell’andare anche a Pero non ha perso nulla della sua carica. Un esempio da imitare

Dislocata fra la sede storica di Corso Monforte e i nuovi spazi di Pero, la Galleria Christian Stein presenta una retrospettiva di Jannis Kounellis, curata da Eduardo Cicelyn col contributo della Raussmüller Collection.

Jannis Kounellis, Urs Raussmüller, Fabio Fabbrini © 2015 Raussmüller Collection
Jannis Kounellis, Urs Raussmüller, Fabio Fabbrini © 2015 Raussmüller Collection

La dépendance della galleria, inaugurata lo scorso ottobre con una retrospettiva di Alighiero Boetti, è uno di quei luoghi che ogni amante dell’arte contemporanea dovrebbe tenere d’occhio. E la collaborazione fra Gianfranco Benedetti e Urs Raussmüller, da oltre 40 anni amici e collezionisti di Kounellis, non promette altro che bene.

Come già Alighiero e Boetti, anche Kounellis vuole essere un’operazione ambiziosa e – vorremmo sottolineare – meritoriamente in controtendenza rispetto all’iper-mercantilismo che affligge le gallerie d’oggi. Ma è anche una scommessa vinta: per la seconda volta, a poco più di sei mesi dalla precedente, la Christian Stein è riuscita ad allestire una mostra di livello museale che riesce a far riflettere sul valore di una figura chiave del secondo Novecento, uno di quegli artisti che hanno modificato il contenuto di “arte contemporanea”.

In Corso Monforte sono esposte alcune tele degli anni Sessanta. Smalti, acrilici e cuciture su tela che si nutrono di assoluti iconografici, cromatici e gestuali. Quasi un decorativismo minimal, verrebbe da dire. Ma anche nella semplicità delle sue pitture, Kounellis non risulta mai asettico: si percepisce con chiarezza che materia e pulizia non sono celebrate in quanto tali, ma sono mezzi, veicoli di messaggi da decodificare. Povertà, minimalismo, semplicità non come fini, ma come mezzi. È quanto sostengono, nello statement della mostra, anche Benedetti e Raussmüller: l’etichetta dell’arte povera rischia di minimizzare sia l’artista che la sua opera, definita come “espressione metaforica di una condizione presente”.

Jannis Kounellis, Senza titolo, 1997, Fabio Fabbrini © 2015 Raussmüller Collection © 2015 Raussmüller Collection
Jannis Kounellis, Senza titolo, 1997, Fabio Fabbrini © 2015 Raussmüller Collection © 2015 Raussmüller Collection

E davanti alle grandi installazioni che occupano i capannoni di Pero non si può che dar loro ragione. La ricca selezione di opere, che spazia dagli anni Sessanta a oggi, è riallestita dallo stesso Kounellis per creare ambienti fortemente evocativi, quasi dei set per anomale “sacre conversazioni”. Questi veri e propri tableaux vivant – complici il fuoco, i capelli, i canarini, un grande pappagallo… – coinvolgono tutte le sfere sensoriali e vibrano di un’eco malinconica e nostalgica, colpendo non solo visivamente ma anche emozionalmente l’osservatore.

Jannis Kounellis, Senza titolo, 1987, Fabio Fabbrini © 2015 Raussmüller Collection
Jannis Kounellis, Senza titolo, 1987, Fabio Fabbrini © 2015 Raussmüller Collection

Anche se è contrario all’istinto del milanese medio (o imbruttito), dopo essere stati nel silenzioso cortile del centralissimo Corso Monforte, vale davvero la pena di prendere la metro fino a Molino Dorino e passeggiare attraverso i suburbs che circondano Expo per raggiungere i capannoni di Pero. Si scopre qualcosa di nuovo, di bello

Kounellis, Galleria Christian Stein, fino al 25 settembre 2015

Foto: Jannis Kounellis, Senza titolo, 1975, Fabio Fabbrini © 2015 Raussmüller Collection