Gee’s Bend, Alabama: 180 anni di solitudine

In Letteratura

La comunità nera degli ex schiavi e il suo sogno coltivato nell’isolamento dai bianchi che vivono dall’altra parte del fiume nel racconto del Pulitzer J.R. Moehringer

Bianchi e neri divisi dal fiume. Un fiume di fango e «che scivola nel bel mezzo del profondo Sud come una goccia di pioggia su un vetro sporco». Un fiume che ha anche il colore della Coca Cola. Un fiume che non è semplicemente un corso d’acqua ma qualcosa di più profondo. Una forza che si impone e che divide. Un Dio silenzioso e inappellabile che plasma le vite ed i destini di chiunque si trovi ai suoi piedi. L’Alabama è stato tutto questo per Gee’s Bend e la sua gente che viveva Oltre il fiume. L’inizio di una lunga storia. Di una divisione tra neri e bianchi durata più di 180 anni.

Qui gli schiavi, dopo la liberazione di Lincoln non si sono limitati a sopravvivere. Non si sono soltanto fermati. Ma della terra paludosa che li teneva in catene si sono fatti padroni. Nuovi conquistatori. In questa penisola a forma di U, circondata quasi del tutto dal fiume Alabama, il popolo discendente degli schiavi si è insediato e ha vissuto come una grande famiglia. Un sogno fatto di solitudine e isolamento. Una condizione attraverso cui la comunità ha potuto nutrire la propria identità e conoscere, tra povertà e miseria, anche piccoli momenti di gloria. Ma ora con l’imminente arrivo di un traghetto, capace di collegare in una manciata di minuti la sponda nera di Gee’s Bend con la terra bianca di Camden, tutto sembra destinato a finire.

J.R. Moehringer nel reportage che gli valse il Pulitzer quando ancora era uno sconosciuto giornalista del Los Angeles Times, decide di tratteggiare il tramonto della comunità di Gee’s Bend attraverso gli occhi e la vita di una donna: Mary Lee Bendolph. Il giornalista la segue, la osserva  con l’obbiettività di un fotografo, limitandosi ad ascoltarne i pensieri, e a catturarne gli umori. «Lei spera che il traghetto non arrivi, ma se arriva ci salirà. Tremerà al momento dell’imbarco perché non sa nuotare, e non riesce a dimenticare le molte volte che ha attraversato questo brutto fiume marrone solo per trovare ancor più bruttezza sull’altra riva».

Così facendo non ci consegna soltanto la biografia di un’anziana signora, segnata da tante sofferenze ma egualmente mite e con una fede cieca nei propri sogni. Ma ci conduce attraverso le strade di Gee’s Bend, tra le sue storie ed i suoi protagonisti e, soprattutto, tra le sue case povere e senza finestre dove anziane signore, felici e sorridenti, possono essere scambiate per regine.

Malinconico e tenero, Oltre il fiume si presenta come un racconto tanto semplice quanto intenso. Una lettura volatile rivolta a chiunque senta il bisogno di esplorare un angolo di mondo un po’ sperduto e nascosto. Un luogo dove, riprendendo le immagini che abilmente Moehringer ritrae, «il ronzio degli insetti istupiditi dalla calura sembra il ticchettio di un milione di orologi; dove esistono solo due negozi, un ufficio postale grande quanto una cabina del telefono e un emporio dagli scaffali vuoti; dove non ci sono lampioni né semafori a squarciare il cielo di notte, e Orione sembra così vicino da poterlo stringere in pugno come una manciata di lucciole».

“Oltre il fiume” di J.R. Moehringer (Piemme, pp. 96, 10 euro, ebook 6,99 euro)

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