L’Iran in quattro film

In Cinema

Tante e tanti esordienti, temi fantasy e molto social, fantasmi del passato e volti del presente per apprezzare la cinematografia mediorientale oggi più dinamica. Dal 23 giugno nelle sale italiane una rassegna di titoli da festival: “Un mercoledì di maggio” di Vahid Jalilvand, “Nahid” di Ida Panahandeh, “A Dragon Arrives” di Mani Hagighi, “A Girl Walks Home Alone at Night” di Ana Lily Amirpour

Parlano molto di donne i film dell’Iran contemporaneo, che anche grazie all’Oscar 2011 di Una separazione di Ashgar Farhadi ha avuto negli ultimi anni un rilancio molto forte a livello internazionale, dopo la generazione storica dei Kiarostami e Makhmalbaf. L’orso berlinese 2015 di Taxi Teheran di Jafar Panahi e l’interessante storia multipla al femminile Acrid di Kiarash Asadizadeh, uscita lo scorso anno, potranno ora convincere molti ad accogliere l’idea della Academy 2, che con il titolo “Nuovo cinema Teheran” propone dal 23 giugno un poker di titoli, tutti con pedigree internazionale, prodotti negli ultimi due anni in terra persiana.

Si parte il 23 con il metropolitano e molto social Un mercoledì di maggio di Vahid Jalilvand, 40enne regista teatrale e televisivo qui al suo debutto nel lungometraggio, passato e premiato lo scorso anno alla Mostra di Venezia. La vicenda, ambiziosa ed efficace, ha tre facce che ruotano intorno alla bizzarra idea di un pubblicitario un po’ filantropo che decide di “mettere in palio”, con un annuncio su un giornale, una grossa somma a chi gli dimostrerà con la sua storia di averne più di altri bisogno. La folla che si raduna davanti al suo ufficio, il giorno stabilito, lo metterà di fronte a una dolorosa e crudele scelta, chi scegliere fra i e le tanti/e aspiranti alla sua generosità, e in più una di loro si rivelerà essere una sua “ex”, maritata a un uomo molto malato. La interpreta Kiki Karimi, una delle attrici e registe oggi più mote in Iran.

Dal 27 giugno si potrà poi vedere un altro ritratto di fiera rappresentante di un tutt’altro che “sesso debole”, Sareh Bayat (era nel cast di Una separazione) che dà il suo volto dolente e molto espressivo alla Nahid del film omonimo diretto da Ida Panahandeh, lei pure al debutto in un film dopo molti corti e lavori per la tv. Passato l’anno sorso a Cannes, in Un certain Regard, racconta la quotidiana lotta di una donna divorziata con la sua condizione di donna anche abbastanza povera, che deve fronteggiare l’ex marito assai ostile, il figlio adolescente scapestrato e diviso tra l’amore per lei e la sintonia col padre, incontrollabile come e più di lui, e un nuovo amore che vuole ma fa un’enorme fatica a collocare in questa sua frenetica, faticosa, ma vitale esistenza. I cupi, ma molto affascinanti panorami del Mar Caspio, dove la vicenda è ambientata, nell’Iran settentrionale, contribuiscono a segnalare il film.

Come del resto il più complicato ma intrigante titolo del lotto, il mystery politico-sentimentale A Dragon Arrives di Mani Hagighi (in sala del 28/6), passato in gara all’ultima Berlinale, opera di un autore maturo, già sceneggiatore di Fahradi e ottimo documentarista, che colloca la sua intricatissima storia negli anni ’60, quelli in cui operava il nonno, a sua volta famoso regista (Ebrahim Golestan). Con una coda, come si dice, “ai giorni nostri” in cui più o meno tutto si spiega grazie a vecchi nastri per registratori d’epoca e protagonisti sopravvissuti. Mescolando temi storici, come la guerra coloniale seicentesca tra portoghesi e inglesi, e più recenti accadimenti (la polizia segreta dello Scià, il cinema di quegli anni) e contaminando il tutto con spunti di fantasia, Haghighi compone un coloratissimo puzzle. Reso ancor più affascinante dal panorama incredibile della remota, desertica isola di Qeshm, nel Golfo Persico, dove all’interno di un galeone arenato da secoli si dipanano trame in bilico tra il mondo reale e i suoi conflitti politici, e quello ultraterreno del dragone del titolo, vero MacGuffin hitchcockiano capace, forse di suscitare terremoti ma di certo la fantasia degli autori del film.

Competa la rassegna il 30 giugno il contemporaneissimo A Girl Walks Home Alone at Night (reduce dal Sundance 2014), viaggio nell’oscura Bad City, popolata da fantasmi, tossici e prostitute, dove un moderno Dracula mediorientale, figlio di una graphic-novel, si aggira minaccioso e con esiti imprevisti. Il primo vampire western iraniano porta la firma di Ana Lily Amirpour, anche lei al debutto come regista di un “lungo”, ma che fin da quando aveva 12 anni gira film horror.

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