Vi racconto il papà (complicato) di Dylan Dog

In Weekend

‘Nessuno siamo perfetti’ è il documentario in uscita di Giancarlo Soldi su Tiziano Sclavi: un racconto corale, una partitura a più voci. Mica facile, ci dice…

Dal 25 giugno approda allo spazio Oberdan di Milano il documentario Nessuno Siamo Perfetti, diretto da Giancarlo Soldi e incentrato sulla vita di Tiziano Sclavi, il controverso e geniale creatore di Dylan Dog. Quella di Milano è solo una tra le tappe del tour italiano del film, che si concluderà il 27 giugno a Cattolica in occasione del tradizionale appuntamento del Mystfest, festival internazionale del racconto giallo e noir. Cultweek ha intervistato Giancarlo Soldi, regista e grande appassionato di fumetti, già autore tra l’altro del documentario Come Tex Nessuno Mai.

La domanda che forse racchiude un po’ tutte le altre è: perché? Perché realizzare oggi un film su Tiziano Sclavi? Eri un fan di Dylan Dog, oppure…
Perché era venuto il momento. Conoscevo Tiziano fin dai suoi esordi, era un caro amico, ma anche un creativo che si stava perdendo, e dunque c’era bisogno di storicizzare il suo lavoro prima che lasciasse del tutto. Avevo già realizzato alcune interviste con lui nel 2002, ma non sapevo bene ancora cosa farne. Poi, l’estate scorsa, ho sentito che era arrivato il momento di raccontare: ecco, il film non è un’intervista, ma un lungo racconto, fatto di fili a volte difficilissimi da selezionare e riannodare insieme.

Sclavi ha la fama di un personaggio che definire schivo è quasi eufemistico: è stato facile convincerlo?
Io e lui siamo molto amici, ma non è stato affatto facile. Quelli come lui non concedono quasi mai interviste, men che meno davanti a una macchina da presa. Però, alla fine, sia lui che le altre persone che parlano nel film hanno finito col raccontarsi, e dirmi anche di più di quel che chiedevo loro. E questo è stato molto gratificante, perché quando succede capisci che sei sulla strada giusta.

Infatti nel tuo documentario intervisti diverse personalità del panorama  culturale italiano, da Lorenzo Mattotti a Dario Argento, Bianca Pitzorno, Sergio Castellitto e persino il velista Giovanni Soldini. C’è una persona o una frase tra quelle interviste che ti ha particolarmente colpito?
Sicuramente Bianca Pitzorno. Insieme alla disegnatrice Grazia Nidasio è stata lei la figura materna nella vita di Tiziano, che con la madre vera aveva un rapporto molto complesso. E poi, in fondo, tra la letteratura per l’infanzia della Pitzorno e quella per l’adolescenza di Sclavi non c’è così tanta differenza, anche se spesso ce ne dimentichiamo: è un po’ come la lettera nascosta di Poe, è una verità che è sempre stata lì ma non la vediamo. Anche tra cinema e fumetto il legame è molto forte: Sclavi dice che i fumetti sono “fotogrammi di un film”, e io quando faccio un film dei fumetti uso l’anima, le idee, la visionarietà.

Parlando di visionarietà, il tuo film è ricco di momenti “onirici”, molto suggestivi, simili a videoclip, e in alcuni di questi appare anche Milano in un’inedita versione dark, ricca di sfumature inquietanti… per te Milano è anche (o soprattutto) questo?
Milano oggi è cambiata, è diventata molto bella, ma io volevo mostrare la Milano di Sclavi, quella che lui vedeva, scriveva e immaginava: un misto tra Londra, New York e la Gotham City di Burton, Nolan e del Cavaliere Oscuro di Miller, non la città moderna, pulsante e colorata in cui non esiste il buio. Il buio c’è. D’altra parte, la genialità di Tiziano è stata anche nel saper costruire atmosfere la cui onda è molto lunga, cioè sono ancora oggi estremamente attuali.

Sclavi però ripete a più riprese che “Dylan Dog non è arte, è artigianato”, e che lui stesso è “un artigiano, non un artista”. Ma dove sta il confine?
Secondo me semplicemente non c’è. Le cose vanno fatte bene e basta, ed è ovvio che costa fatica. Quello che serve davvero è il tempo: l’artigiano come l’artista, chiuso nella sua bottega o nel suo garage, prende tutto il tempo che gli serve, senza mai smettere di credere fermamente in quello che fa. Nel caso di Dylan Dog, gran merito va a Sergio Bonelli, che nel 1986, ai tempi dell’esordio dell’albo, non si fece abbattere dai primi risultati commerciali scoraggianti, e disse a Tiziano di andare avanti perché secondo lui personaggio e storie funzionavano, avevano solo bisogno di tempo. Anche il mio film è un progetto totalmente autoprodotto da me e da mia moglie, ed è solo dopo averlo presentato all’ultima edizione del Torino Film Festival (e la menzione speciale ai Nastri d’Argento 2015, ndr) che la gente ha iniziato a parlarne e ha cominciato a girare per le sale.

Nel tuo documentario si dice che “ognuno ha il suo mostro”: il tuo qual è?
Io mostri non ne ho, solo principi e principesse! [ride].

Nessuno Siamo Perfetti di Giancarlo Soldi, dal 25 giugno allo Spazio Oberdan di Milano

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