Deliri francesi 1/ Due uomini e una mosca, per non parlar del toro

In Cinema

“Mandibules” di Quentin Dupieux è una commedia grottesca e spiazzante, un po’ thrilling, con due protagonisti che vengono dal web e dalla tv, David Marsais e Grégoire Ludig e tante domande quasi tutte senza risposta. In “Io, lui, lei e l’asino” di Caroline Vignal la protagonista Laure Calamy (che grazie al film ha vinto il César alla miglior attrice) è una maestra che vive un percorso di crescita sentimentale e turistica in un’estate alle Cevennes. In compagnia di un simpatico quadrupede

Che cosa c’è nella valigia che Manu (Grégoire Ludig) deve andare a prendere da un certo Michel-Michel e portare a destinazione senza fare domande e intascando la nemmeno tanto modica cifra di cinquecento euro? E che cosa vuol dire il segno del “toro” che Manu e l’amico Jean-Gab (David Marsais) si scambiano in continuazione, a sancire (piccolissimi) successi come a lenire l’ennesimo (catastrofico) fallimento? Che si tratti di un segno di amicizia e fratellanza ci è subito chiaro, ma quale ne sia l’origine e il significato ci rimane del tutto oscuro. E soprattutto, la domanda fondamentale: come è arrivata nel bagagliaio dell’auto di Manu la mosca gigante che verrà prontamente battezzata Dominique? Un animaletto dall’aspetto piuttosto orribile ma tanto servizievole e mansueto da rendersi indispensabile (l’unica cosa che proprio non sopporta sono i cani di piccola taglia, i chihuahua sono avvertiti).

Insomma, sono tante le domande che si affacciano nel film Mandibules di Quentin Dupieux, più o meno interessanti e tutte destinate a rimanere senza risposta, a parte quella relativa al contenuto della valigia, che alla fine si scopre ma francamente era meglio di no. Ma già queste poche righe di (non) trama bastano di certo a sottolineare la sua caratteristica più evidente: lo spirito folle e surreale che permea ogni inquadratura di questa commedia stralunata e divertente, totalmente assurda e forse proprio per questo capace di conquistare il suo pubblico.

David Marsais e Grégoire Ludig sono abbastanza noti in Francia, dove hanno cominciato a far ridere in coppia sul web e sono poi passati in tv, prima di sbarcare sul grande schermo, grazie a Dupieux che li ha voluti come protagonisti del suo nono film. Nono episodio di una carriera tutta all’insegna della stravaganza e del capriccio, tra pneumatici killer (Rubber, del 2010) e ossessioni feticistiche (Doppia pelle, del 2019), senza dimenticare la prima vita del regista, nei panni di Mr. Oizo, musicista e produttore discografico di successo. Qui il tema scelto da Dupieux – e portato allegramente fino alle estreme conseguenze – è semplicemente (si fa per dire) la totale assenza di un senso e di una direzione nella vita vagabonda dei protagonisti, e forse nel mondo intero. Tra le tante scelte provocatorie del regista, da applauso quella di affidare alla bravissima Adèle Exarchopoulos (La vita di Adele) un piccolo ma delizioso ruolo comico, una ragazza con un problema alle corde vocali e per questo costretta a urlare a squarciagola, anche quando non vorrebbe.

Un film spiazzante, grottesco, a tratti delirante, che si muove pervicacemente sul filo del nonsense e non dispensa consigli di alcun genere. Cinema senza istruzioni per l’uso, che potrebbe non piacere ma un suo senso paradossale e provocatorio riesce a conservarlo fino alla fine. Marina Visentin

Mandibules – Due uomini e una mosca di Quentin Dupieux, con Grégoire Ludig, David Marsais, Adèle Exarchopoulos, Dave Chapman, Anaïs Demoustier, Coralie Russier

DELIRI FRANCESI 2/ LA VIAGGIATRICE E IL SUO MIGLIOR AMICO, L’ASINO

La graziosa maestra Antoinette (Laure Calamy, in tv nella fortunata serie Chiami il mio agente! e nelle sale anche in Regine in campo) è innamorata del papà di una sua piccola allieva. Che la ricambia di effusioni ma dopo molte promesse la bidona andando in vacanza agreste con moglie e figlia. Decisa a vendicarsi e/o a riconquistare il “suo” uomo (Jean-Pierre Martins), raggiunge lui, consorte e bimba intrufolandosi in un gruppo di viaggiatori delle Cevennes, sud collinare della Francia, e prenotando un tour in cui al suo fianco avrà quasi sempre e solo un simpatico asino di nome Patrick. Al netto del principale, e di altri secondari incontri maschili (un attempato moto-rider, un giovinotto che promette bene nel finale), lui si dimostrerà di gran lunga il più affidabile e affettuoso dei suoi partner, da lei ricambiato dopo iniziali difficili approcci. Soprattutto motori.

Detto così, non tantissimo di nuovo in Io, lui, lei e l’asino di Caroline Vignal, regista e sceneggiatrice al suo secondo film, nulla comunque da giustificare le otto candidature all’Oscar francese e gli alti incassi al botteghino in patria. Però sullo schermo c’è quesi sempre Calamy, l’unica poi ad averlo vinto, e meritatamente, il César, che definire miglior interprete è poco. Zuccherosa e innamorata in principio, poi vittimista e impotente nella fase dell’abbandono, infine allegra e sfrontata nella raggiunta autonomia sentimentale e nel nuovo equilibrio psicofisico, riesce ad essere credibile in tutte queste versioni: sia la Antoinette petulante che chiede comprensione (anche al pubblico) per l’amore non corrisposto, ma soprattutto quando si trasforma da vittima passiva del bieco mondo maschile in padrona del proprio destino. Capace di gestire la solitudine come un’indipendenza positiva, ragionata e tutt’altro che depressa. E svelando perfino anche più di una dote atletica, prima francamente poco ipotizzabili, e tutto questo nonostante gli infortuni del percorso, non poi così impervio in verità.

Il sottotesto blandamente ambientalista, con l’ambientazione un po’ western, e le evidenti sfumature femministe nel personaggio di lei (e soprattutto di lui, in negativo of course) rendono il film al tempo stesso un po’ scontato, per il politically correct, ma anche gradevole, con qualche graffio satirico azzeccato, per certi aspetti forse più apprezzabile oltralpe. L’estivo e rilassante paesaggio fa da efficace contraltare al tumultuoso percorso psicologico di lei, che ha però certamente il merito di non prendersi mai troppo sul serio. Pregio niente affatto indifferente, soprattutto per un’attrice brillante. Gabriele Porro

Io, lui, lei e l’asino di Caroline Vignal, con Laure Calamy, Jean-Pierre Martins, Benjamin Laverne, Olivia Cote,

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