“Da Brera”, tavola fredda

In Arte

Un’altra mostra a Brera che non riesce a sollevare questioni, a porre domande, a dare risposte. Un piatto freddo, da carenza di risorse, ma che ci si poteva pure risparmiare. Ma forse non in tempi di Expo

I disegni sono bellissimi. Lo sono quelli della mostra Il Primato del disegno. I disegni dei grandi maestri a confronto con i dipinti della Pinacoteca di Brera. Dai Primitivi a Modigliani. Ma, per la sensibilità dell’uomo novecentesco, lo sono i disegni in genere – o come genere: l’abbozzo, lo studio, il tratto si sposano benissimo con un’estetica della genialità post-romantica mai davvero sopita ed anche con il fastidio verso la finitezza e il nitore, verso lo sfarzo e l’eccesso, verso l’ortodossia e l’oro di tempi che, dopo due guerre mondiali, ci sono sempre sembrati troppo lontani.

Andrea Mantegna, Compianto sul Cristo morto, Collezione privata.
Andrea Mantegna, Compianto sul Cristo morto, Collezione privata

Fare una mostra con tanti disegni, insomma, è una scommessa già vinta in partenza. Eppure ci sono tante altre cose, oltre all’estetica, che possono non far funzionare una mostra. A cominciare dal titolo: lungo, barocco, ma assai eloquente. “Il Primato del disegno” rievoca gerarchie vasariane che sarebbe il caso, dopo 500 anni, di cominciare a rivedere, ma passi: il titolo chiamapubblico può essere utile, anche avesse ormai il valore storico-critico di “tanto ci va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino”.

“I disegni dei grandi maestri a confronto con i dipinti della Pinacoteca di Brera”: dove sono questi confronti? Il primo corridoio della Pinacoteca, con tutto il suo significato storico e simbolico, spesso violentato da eventi temporanei di una Brera che non riesce mai a diventare Grande (non, questo, per colpa della Sovrintendenza), si trova costretto ad accogliere una serie costipatamente cronologica di disegni messi a confronto (più o meno palmare) con i dipinti sparsi per le altre sale della collezione permanente. Il confronto, qui, si limita ai due o tre centimetri quadrati dell’immagine a colori dell’opera finita riportata sul cartellino in calce al disegno.

Pietro Berrettini, detto Pietro da Cortona Santa Caterina d’Alessandria inginocchiata (1611-1630) gesso rosso su carta; 221×149 mm New York, The Morgan Library & Museum
Pietro Berrettini, detto Pietro da Cortona Santa Caterina d’Alessandria inginocchiata, 1611-1630, New York, The Morgan Library & Museum

Talvolta – è vero – i dipinti sono stati portati nel corridoio, ma solo quando il formato ne consentiva un agevole trasporto. Il che, se possibile, confonde ancora di più: o tutti, o nessuno, no? Non sarebbe stato meglio esporre i disegni accanto ai dipinti? Certo, avrebbe richiesto più soldi, più lavoro, soluzioni volta a volta diverse a seconda della posizione del quadro nel percorso espositivo. Ma solo così si sarebbero potute mettere davvero in dialogo opere finite e disegni, museo nascosto e museo aperto. Invece che un corner per appassionati del genere, la mostra di disegni avrebbe contribuito a rendere il museo davvero uno spazio educativo. E si sarebbe riuscito, per puro accostamento di immagini, a dire molto di più di quel che si può dire in una striminzita descrizione di due/tre righe che chiude i cartellini, e che, talvolta, contiene anche imprecisioni, generalizzazioni, conclusioni affrettate.

Bernardino Luini (Bernardino Scapi) Due bambini che si abbracciano (Gesù Bambino e san Giovannino) (1520-1525) pietra nera e carboncino, profili incisi per trasferimento, integrazioni successive a matita nera Parigi, Ecole nationale supérieure des Beaux-Arts
Bernardino Luini (Bernardino Scapi), Due bambini che si abbracciano, 1520-1525, Parigi, Ecole nationale supérieure des Beaux-Arts

Dai Primitivi a Modigliani”Ma davvero, senza soluzione di continuità, si possono mettere cinquecento anni di disegni gli uni accanto agli altri? Per farsi, si può fare. Ma a che pro? A chi giova? Giova a Giacometti essere messo sulla parete opposta all’autoritratto di Bossi? Ma, pure per stare più vicini, giova a Raffaello stare (idolo, come sempre) in mezzo alla sala, tra Stefano da Zevio, Mantegna e Bellini e Leonardo e Boltraffio dall’altra? Non serve a nulla, nel senso che non serve a cambiare nulla di tutto quel che già sappiamo. E anzi, serve forse a trascinarsi incoscientemente dietro un’attitudine vasariana all’appiattimento del disegno sull’idea di album. Con tutto che Vasari, nel farlo, era rivoluzionario, mentre oggi i curatori sembrano vecchi di cinquecento anni.

Raffaello Sanzio Studio per due volti femminili rivolti a destra (verso) (1503-1504) pietra nera ; 161×111 mm Oxford, The Ashmolean Museum of Art and Archaeology
Raffaello Sanzio, Studio per due volti femminili rivolti a destra (verso), 1503-1504, Oxford, The Ashmolean Museum of Art and Archaeology

Non è un percorso attraverso le tecniche del disegno, perché troppo confuso. Non è un percorso attraverso la storia, perché troppo approssimativo. Non è un percorso di confronti disegno-opera finita, perché non ce n’è, di opere finite. Non è un percorso attraverso le funzioni del disegno, perché servirebbe tutto un altro modo di impostarlo. E allora? Cos’è questa mostra? L’ennesimo piatto riscaldato che viene offerto alla tavola fredda di una Brera che non si capisce neppure se serva carne o pesce.

La colpa, certo, è della crisi. Non ci sono soldi. Ma fare mostre a man bassa per Expo non è un obbligo. E comunque esistono modi più economici di fare mostre più belle. Di certo questa mostra non fa parte di quelle per cui i soldi (pochi) sono stati ben spesi. Comunque vale la pena di andare, per le opere. Ma non basta.

“Il Primato del Disegno. I disegni dei grandi maestri a confronto con i dipinti della Pinacoteca di Brera. Dai Primitivi a Modigliani”, Pinacoteca di Brera, fino al 19 luglio 2015

Foto: Giovanni Antonio Canal, detto Canaletto Venezia: fabbriche di fronte alla chiesa della Salute (1730 circa) penna, inchiostro bruno e tracce di matita nera; 110×193 mm Venezia, Gallerie dell’Accademia, Gabinetto Disegni e Stampe

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