Voglia d’un comune sentire

In Musica

Non solo Maurizio Pollini, inserito nella prestigiosa cornice di Milano Musica. La primavera della Scala apre alla grande schierando in poche settimana oltre a Riccardo Chailly, l’altro Riccardo nazionale (Muti), Daniel Harding, Gianandrea Noseda, Ottavio Dantone e ci fermiamo qui per lasciare a voi il gusto della scoperta di questo straordinaria stagione musicale “in presenza”

Sarà vero? Quanti pizzicotti dovremo darci, nell’amata sala del Piermarini, per renderci conto che quelli sono spettatori, non sagome? Che respirano, ascoltano, applaudono, si appassionano, si distraggono e fanno tutto ciò che in teatro è permesso con un biglietto in mano? 

Stanno per entrare persone vere nei luoghi dove si compie il rito che non solo il virus ha cacciato in fondo alla lista delle cose “utili”, non di quelle sognate e necessarie. Saranno pochi, i fortunati viventi, ma abbastanza per riannodare quel filo tra palcoscenico e platea, spezzato un anno fa, che è la vita del teatro, non un accessorio che “fa bello”, che arricchisce, che allieta, che completa.

L’estenuante rosario di streaming non ha né sostituito né salvato nulla. Se anche non ci fosse stato, la musica e il teatro musicale sarebbero ancora vivi, veri e necessari come e anzi più di prima. La parola, diceva Montaigne, è per metà di chi la dice e per metà di chi l’ascolta. La musica, anche di più: senza l’uno o l’altro, la musica non è dimezzata, semplicemente non esiste. Questa che oggi ci auguriamo definitiva – lo sarà, ci sono le condizioni -, non è una riapertura ma il nuovo grado zero di un rito interrotto, che pallidi surrogati hanno solo consolato. Andiamo all’agenda. 

Tris d’assi “in presenza”
Assomiglia a un Sant’Ambrogio il concerto che la Scala ha in programma il 10 maggio. Un concerto con la sua orchestra e il suo direttore musicale, Riccardo Chailly. È il caso di precisarlo? Sì, perché si è rischiato che a far tornare vivo il teatro, con pubblico in sala, non fosse la Filarmonica della Scala, ma quella di Vienna, con Riccardo Primo (Muti) sul podio, terza e ultima tappa di una tournée italiana che qualcuno si è perso (Napoli) e in genere non varrebbe la pena di perdersi, se si hanno i soldi necessari. 

La Scala li aveva e li ha, privilegiata dalla sua capacità di attrarre soci e sponsor – Esselunga e Armani i più recenti -, ma per una volta non è orgoglio mal speso, quello di sindacati e musicisti, nel pretendere che fossero mani proprie ad aprire le porte. Bastavano ventiquattr’ore, e così è stato. 

Dunque, lunedì 10 maggio, alle ore 19, Riccardo Chailly dirige Coro e Orchestra della Scala in un programma da antologia (in senso tecnico): ouverture e arie d’opera di Verdi, Wagner, Richard Strauss, Purcell e Čaikovskij, solista il soprano Lise Davidsen. Seguirà, ma non sostituirà, lo streaming on demand di Raiplay per una settimana a partire da martedì 11 maggio, ore 12. Non è il “solito” concerto, non può esserlo: da qualche tempo l’orchestra, alloggiata larga in platea, ha guadagnato a sorpresa condizioni ideali per darsi un colpo di reni anche nel rapporto con Chailly, più limpido e concentrato. 

Cinquecento i biglietti in vendita, con prelazione agli abbonati – che altro si può fare? – e i posti non prenotati messi on line giovedì 6 maggio dalle 14 (anche per i due concerti successivi). Cinquecento persone sulle millenovecentottantasette che la Scala può contenere sono abbastanza per ricostruire quella realtà annichilita di cui parliamo. Perché alla fine della superba Salome del 20 febbraio, spettacolo grande di Michieletto, e l’eccellente Weill del 18 marzo – Mahagonny-Songspiel e I sette peccati capitali in forma povera ma bella di Irina Brook -, sentire la musica cadere nel vuoto era una desolazione da strapparsi i capelli. Gli applausi spalmati sui divani di casa, francamente non li sentiva l’orchestra, non li sentiva Chailly, non li sentivano i cantanti, non li sentivano Strauss e Weill; non ne succhiavano il fluido coloro che rendono ogni serata diversa e ogni recita “vera come la vita” (Giorgio Strehler).  

Martedì 11 maggio, sempre alle 19, altri cinquecento potranno godersi i Wiener con Riccardo Muti in Meerestille und glückliche Fahrt di Mendelssohn, la Quarta di Schumann e la Seconda di Brahms.  

Una buona congiunzione di astri ha favorito questo recupero del tempo perduto. Che, onestamente, la Scala ha lasciato scorrere con qualche esitazione di troppo anche per tempi bui come questo. 

Sette giorni dopo, lunedì 17 maggio, la Filarmonica si riprende uno dei direttori che più l’accendono, Daniel Harding, nell’offerta non originalissima ma promettente dell’ouverture dal Franco cacciatore di Weber e della Sinfonia Dal Nuovo mondo di Dvorak. Anche in questo caso, cinquecento spettatori viventi, diretta streaming sui canali Scala (sito, Facebook, YouTube) e on demand per una settimana.
Tris d’assi in successione. Si comincia a ragionare. 

Riccardo Chailly (Foto Brescia Amisano)

A distanza.
La corsia dell’ascolto virtuale continua a restare attiva. 
Sabato 8 maggio (ore 20) Gianandrea Noseda dirige Coro e Orchestra dividendosi tra arie di Mozart (Ildebrando D’Arcangelo) e cantate di Beethoven
Sabato 15 maggio (ore 20) si fa Serata di danza in cui i Grandi Coreografi dei quali si ricamano assieme, assoli e passi a due sono Nureyev, Lifar, Petit. Bigonzetti, MacMillan, Petipa.
Martedì 25 maggio non si toglie un grammo di polvere a L’Italiana in Algeri di Rossini, qualcuno sì alla regia di Ponnelle, con Ottavio Dantone sul podio, Cecilia Molinari, Carlo Lepore e Maxim Mironov in palcoscenico. 
Domenica 30 maggio (ore 11.30) passa per la prima volta in streaming la versione piccola ma non troppo de La Cenerentola di Rossini confezionata per il pubblico dei giovanissimi. 
Come, quando e da dove ricomincerà con l’opera “in presenza” e con tutti i suoi mezzi, la Scala lo annuncerà in maggio. E si capirà se il tempo della malattia abbia lasciato segni anche sul suo corpo.

Milano Musica.
Con coraggio, un ramo collaterale della Scala aggancia alla speranza e alla realtà di questi giorni un anticipo di primavera del suo festival numero trenta. Milano Musica osa subito tredici concerti dal 10 al 31 maggio, altrettanti seguiranno nella sezione d’autunno (21 settembre – 26 novembre). Titolo: “D’un comune sentire”, da un pezzo di Georges Aperghis (D’un commun accord). 

Il primo appuntamento è all’Elfo Puccini (10 maggio) con Instrumental Freak Show, lavoro video di Giovanni Verrando eseguito dall’Ensemble Interface. Sabato 15 maggio in Conservatorio (Sala Puccini) l’Ensemble L’Instant Donné si concentra su un programma monografico dedicato a Georges Aperghis. 
Domenica 16 maggio (ore 19, in Sala Grande) il pezzo pregiato: Maurizio Pollini con op.11 e op.19 di Schönberg, Sofferte onde serene di Nono, Arabeske e Fantasia di Schumann. Concerto che Pollini offre all’Associazione Milano Musica, con dedica a Luciana Pestalozza e Claudio Abbado, per sostenere la commissione di nuove opere.
E poi a seguire, fino al 31 maggio, negli spazi che Milano Musica frequenta da sempre: Conservatorio, San Fedele, Elfo Puccini. Tutti irregimentati nel cinquanta per cento di capienza. Ma questo è davvero più che qualunque streaming. L’autunno ne conquisterà altri, fra cui Hangar Bicocca e Scala. Che la notte sia davvero alle spalle?

In copertina Maurizio Pollini (foto di Cosimo Filippini)

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