Ascesa e caduta di Lydia, icona della musica, despota senza freni

In Cinema

Candidato a sei oscar dopo molti premi già vinti, “Tar” è il terzo film di Todd Field e mette in risalto le straordinarie doti di Cate Blanchett. Senza però convincere del tutto. Raccontato come il biopic di una direttrice d’orchestra al top (figura del tutto inventata), amata dal pubblico, dalla compagna e dalla figlia, il film moraleggia sulla sua incapacità, causa ego ipertrofico, di gestire scambi alla pari con gli altri. In primo luogo nell’intimità. Racconto fascinoso, ambiguo, poco lucido sulle dinamiche di potere

Tár, Il nuovo film del californiano Todd Field, terzo di una carriera a dir poco discontinua ma sempre interessante (fin dai tempi di In the Bedroom) arriva nelle sale dopo aver fatto incetta di premi e con ben sei candidature agli Oscar. Ci regala un ritratto d’artista in bilico fra passato e presente adorazione e repulsione, in gran parte riuscito grazie a Cate Blanchett, che incarna senza residui, anima, voce e corpo di Lydia Tár, la protagonista. Saldamente al centro di un biopic del tutto inventato, è la prima donna nella storia a dirigere l’orchestra dei Berliner Philharmoniker, la prima a ottenere un ruolo assolutamente inedito all’interno del mondo della musica, divenendo un vero e proprio brand culturale internazionale con la vittoria di un Emmy, un Grammy, un Oscar e un Tony Award.

Questo è il trionfo che ci viene raccontato con dovizia di particolari nella prima parte del film, quando
vediamo Lydia intervistata da importanti testate giornalistiche, corteggiata da grandi teatri, temuta e blandita da tutte le persone che lavorano con lei, circondata dall’amore incondizionato di una compagna affettuosa e di un’adorabile figlia. Poi qualcosa si inceppa, e, in una declinazione al femminile del concetto di #MeToo, Lydia si ritrova messa sotto accusa per i suoi atteggiamenti dispotici, forse predatori, di certo manipolatori. Un film che raccoglie indizi, costruisce sospetti, scava nei silenzi, immagina la vita rumorosa
degli interstizi segreti che costellano le nostre vite, abitano le nostre case, condizionano fin nel profondo le nostre vite sghembe. Fin dentro l’abisso, fino a mettere a rischio tutto, ogni conquista, ogni faticoso risultato, in nome di un forsennato bisogno di dire “io”. E saggiare i confini del proprio potere.

Come una bambina capricciosa che misura ad ogni istante la resistenza del mondo, in fondo invocando solo qualcuno capace di dirle di no, Lydia Tár percorre la sua vita a grandi falcate, come un esercito lanciato alla conquista e incapace di fare prigionieri. E come in tutte le parabole di gloria e caduta, e in tutte le storie di hybris forsennata, non può che trovarsi infine davanti a un muro. Il muro del rimprovero, del risentimento e del rancore, il muro contro cui si schianta inevitabilmente l’eccesso di ambizione ma anche l’incapacità, anche solo per un istante, di fare un passo indietro e rassegnarsi all’umiltà di uno scambio alla pari con gli altri.

Sono tanti e pregevoli gli ingredienti di Tár, a partire dalla superlativa interpretazione di Cate Blanchett, vincitrice della Coppa Volpi all’ultima Mostra di Venezia, ma il risultato è un film imperfetto, circonvoluto, ambiguo, fascinoso ma anche irritante, meno coraggioso di quello che sembra. Perché la vertigine del cortocircuito fra attrice e personaggio – l’iconica Blanchett rende immediatamente convincente e altrettanto leggendaria Lydia Tár – è qualcosa di perturbante, ma al tempo stesso frustrante. Sono troppe le situazioni irrisolte, i rumori di fondo lasciati a galleggiare sulla superficie smagliante di questo film. Perfetto per intenti, ma tutt’altro che impeccabile nella costruzione, con tutta l’ultima parte dispiegata come un epilogo moralista volto a discutere di un peccato che però non è mai stato mostrato.

Lydia dal podio dirige con forza sovrumana e ineccepibile precisione, conquista ed emoziona, ma il film non convince del tutto perché manca di una vera capacità di farsi sguardo nitido sulla realtà e le sue contraddizioni, sulle dinamiche di potere dentro e fuori la sfera dell’intimità, dentro e fuori l’universo dell’arte e della cultura, sui tanti nervi scoperti di un mondo – il nostro, oggi – in sempre più rapida e disordinata evoluzione. Un mondo che giustamente non accetta più certe colpevoli omertà, ma sembra aver smarrito, a volte, la capacità di trovare una misura e difenderla.

Tàr, di Todd Field, con Cate Blanchett, Nina Hoss, Noémie Merlant, Sophie Kauer, Julian Glover

(Visited 1 times, 1 visits today)