Andy Summers, il chitarrista scatta foto rock

In Musica

Look informale, scarpe da ginnastica, Leica in mano, e gli stessi capelli spettinati di quando da giovane era tra gli uomini più desiderati al mondo. Si presenta così Andy Summers alla Leica Galerie per la presentazione della sua mostra fotografica, Mysterious Barricades

“Music and photography are kindred spirits in that they are nonverbal arts, but handily, may have interchangeable terms”
A. Summers

Quella che state ascoltando, se avete cliccato play, è Mysterious Barricades. Non solo una canzone, che dà il titolo all’album da solista pubblicato da Andy Summers nel 1987, ma anche una mostra, inaugurata ieri alla Leica Galerie di Milano. La canzone in loop ha accompagnato l’apertura alla stampa e al pubblico, insieme alla birra e, non ultimo, a Summers in persona. Lo stesso look informale, scarpe da ginnastica e una Leica alla mano – forse in qualche sua fotografia ci sono finita anche io –, lo stesso stuolo di fan (nel frattempo un po’ invecchiati) e gli stessi capelli spettinati di quando da giovane era tra gli uomini più desiderati al mondo.

40 fotografie in bianco e nero, fortissimi contrasti, dettagli e figure astratte, piccole epifanie, vedute e momenti rubati, qualche ritratto, più delicato, atmosfere oscure e notturne. È la nuova ricerca di Andy Summers, sulla scia di un gusto personale che si è evoluto nel corso degli anni, come succede con la musica che suona da quasi settant’anni.

Erano gli anni ’70 quando Andrew James Somers (Blackpool 31 dicembre 1942), prese in mano per la prima volta una macchina fotografica: era già entrato nelle classifiche musicali mondiali insieme ai Police. La chitarra ce l’aveva tra le mani da molto più tempo, regalo di suo zio Jim quando aveva 13 anni. A 19 si trasferì a Londra e cominciò a esibirsi nei club della città coi primi gruppi, con cui suonava jazz e rhythm’n’blues. Fino al 1976 e all’incontro con Sting e Copeland, da cui poi, l’anno successivo, sostituito Henry Padovani, nacquero i Police che fecero la storia.

Se la musica è stata fin da subito per lui una cosa seria, la fotografia lo è diventata verso la fine degli anni ’70. Nel 1983 uscì il suo primo libro di fotografia, Throb, un lungo reportage in bianco e nero sulla vita della band Behind the scenes. Quando ancora era parte del trio Summers fotografava i fan in delirio negli stadi, le groupies, le persone che incontrava in tour, i compagni di viaggio e la sua band, dal palco ai camerini, tra i corridoi degli alberghi, sperimentando ottiche, pellicole e composizioni d’ogni genere. Dopo i concerti, riposta la chitarra, imbracciava la macchina fotografica e andava a scattare per le strade notturne, in una pratica quotidiana, come si fa con gli strumenti musicali.

Molte di quelle fotografie con cui Summers documentava la vita da rockstar e i viaggi in giro per il mondo, finirono nel libro del 2007, I’ll Be Watching You: Inside the Police 1980-83 e nel documentario del 2012 Can’t Stand Losing You: Surviving The Police, basato sul libro autobiografico del chitarrista (On Train Later). Summers, infatti, è anche scrittore. Accanto ai documenti che ricostruiscono quegli anni, già una ricerca artistica, spesso accompagnata da ironia e voglia di sperimentare, di cercare, spesso, il momento decisivo.

«Sono un grande fan di Henri Cartier-Bresson e credo che Robert Frank sia il migliore fotografo al mondo», ha detto in un’intervista rilasciata all’Independent nel marzo 2005.

Si è evoluta la sua fotografia in questi anni?, gli chiedo, rubandogli qualche minuto a margine dell’inaugurazione. «Sì, la mia fotografia evolve – spiega Summers. – Sai, le cose che vedi esposte qui [alla Leica Galerie] sono ciò a cui sto lavorando adesso. Ora preferisco scattare questo tipo di fotografia, davvero molto simile alla musica che mi piace fare adesso. Le due cose si avvicinano, ogni volta. Si può dire che musica e fotografia riflettano la stessa sensibilità» e quella, con il passare degli anni, non può che cambiare. Le ultime fotografie di Summers sono sempre più astratte, notturne, misteriose. In alcune c’è quasi una punta di angoscia e di inquietudine.

Il rapporto tra fotografia e musica ritorna continuamente. Eppure includono due sensi così diversi. Come si sente quando suona e quando scatta Summers? «Beh, quando suono musica, a volte mi sento meglio di altre volte», spiega. «Una sera, un sabato sera, per esempio, può funzionare tutto alla grande, e poi il martedì successivo non così bene. È una sensazione bellissima quando davvero riesci a entrare in connessione con gli altri musicisti o con te stesso e capisci di essere in un buon momento». Lo stesso, dice Summers, accade anche con la fotografia. «Un giorno le cose funzionano meno bene, più a rilento, un altro giorno, magari, ti trovi a scattare una fotografia dietro l’altra», e, mentre lo dice, schiocca velocemente le dita.

«Ti prepari, studi, lavori, cerchi di acquisire sempre maggiore abilità, a volte succede, ma non sempre. Le cose funzionano così, in un processo creativo. E se oggi non è la giornata giusta, alla fine non importa per davvero, perché sai che ce ne sarà un’altra in cui le cose funzioneranno. C’è di mezzo una buona porzione di intenzione e un’altra di fortuna, ma devi tenere la mentre preparata: così, appena vedi una buona fotografia sei pronto a scattarla». Con la sua Leica in mano Summers sembra davvero a suo agio. Dal vivo non l’ho mai visto suonare, ma probabilmente, se stesse impugnando una chitarra, trasmetterebbe lo stesso tipo di sicurezza.

Se non avesse suonato, avrebbe fatto il fotografo? «No, sono decisamente un musicista. Avrei potuto essere un fotografo, forse, ma ho cominciato a fare fotografia soltanto dopo. E poi la musica è troppo forte in me. In ogni caso, non ho bisogno di scegliere. Posso fare entrambe le cose e per questo sono molto fortunato. Quello che conta è fare un buon lavoro. Che sia musicalmente, che sia con la fotografia…».

Prima che i fan lo assaliscano in cerca di un autografo su un libro fotografico, un disco o la sua autobiografia, gli faccio un’ultima domanda, a lui che è un esteta. Che cos’è per lei la bellezza?

Mi guarda bene, mi sorride e mi dice: «Tu, per esempio, non sei male…». Io scoppio a ridere, mentre lui sorride e poi torna serio e si prende qualche secondo per pensare. «Può essere molte cose. Non è per forza qualcosa di “grazioso” [pretty]». Pensa ancora.

«Non si può definire la bellezza – dice poi –. È pieno di cliché in giro. La bellezza è negli occhi di chi guarda, si dice. Per me bellezza è quello che sto esponendo qui e che cerco di catturare nelle mie fotografie. Qualcosa di molto scuro, ambiguo, solitario e misterioso, come una domanda a cui cerchi di rispondere. Quella è la bellezza. Lo stesso nella musica. Cerco qualcosa di enigmatico. La domanda senza fine, è ciò che cerco».

Leica Galerie – Mysterious Barricades – Mostra fotografica di Andy Summers (fino al 3 maggio 2016)

 

Immagine di copertina: Inaugurazione mostra Andy Summers, Leica Galerie, Milano 2016 © Alessandra Lanza, tutti i diritti riservati

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